Tutto appare stabile in Assia e Baviera, dove i cittadini sono stati chiamati alle urne per rinnovare i governi dei due Länder. Il cristiano democratico Boris Rhein e il cristiano sociale Markus Söder, governatori uscenti, conservano il loro posto nel Castello di Wiesbaden e nel Maximilianeum, rispettivamente sedi del Landtag dell’Assia e di quello della Baviera. Ma la conta di vinti e vincitori è molto più complicata. E ha una ricaduta nazionale, anche perché i due Länder, con circa 20 milioni di abitanti, rappresentano un quarto della popolazione tedesca.
Per le forze politiche che governano a Berlino, è stata una disfatta, proprio come l’avevano preannunciata i sondaggi nelle settimane precedenti. In Assia i Genossen della SPD, guidati dalla ministra dell’Interno Nancy Faeser, sono bloccati al 15,1 per cento, risultato di 4,7 punti peggiore rispetto alla precedente consultazione. Per la ministra è una scottante bocciatura personale. Faeser gioca infatti un ruolo chiave nella gestione della Migrationsfrage, la questione migratoria, che sembra assillare sempre più tedeschi. Ora, nonostante Lars Klingbeil, segretario generale della SPD, abbia rinnovato il sostegno alla sua ministra immediatamente dopo la catastrofe elettorale in un’intervista alla rete Das Erste, Faeser rischia di dover pagare con le dimissioni. Non è andata meglio in Baviera, dove, rispetto all’Assia, l’SPD non è mai sembrata avere reali possibilità di andare al governo. Anche qui, peggior risultato storico, al di sotto della doppia cifra: un impietoso 7,9 per cento.

L’Ampel, il semaforo che definisce la coalizione tra SPD, Verdi e FDP si è inceppato nell’azione politica, e la debacle elettorale conferma il malcontento dei tedeschi. Non tutti i partiti della colazione sono però stati puniti nello stesso modo. I Verdi se la cavano in entrambi i Länder. In Assia, il loro leader, Tarek Al-Wazir, fa notare che nonostante i consensi siano calati, coi Grünen che si attestano appena sotto il 15 per cento (5 punti in meno rispetto al 2018), il risultato di oggi è il secondo migliore di sempre nel Land. Ci sono quindi ottime probabilità che la coalizione nero-verde (dai colori dei cristiano democratici e dei Grünen), al potere in Assia dal 2014, riparta per un altro mandato.
Gli ecologisti sono riusciti a contenere i danni anche in Baviera. Qui i Verdi, guidati da Katharina Schulze e Ludwig Hartmann, non ce l’hanno fatta a ripetere il record dell’ultima tornata elettorale, ma si attestano comunque al 14,9 per cento (2,7 punti in meno rispetto al 2018). Quanto basterebbe per fare una coalizione con la vittoriosa CSU, l’unione cristiano sociale, costola bavarese della CDU. Ma Markus Söder ha già detto a caldo, subito dopo il voto, che in Baviera una tale alleanza non è concepibile, perché i Verdi hanno posizioni politiche troppo lontane dalla sua CSU.

Per il liberali della FDP, il junior partner della coalizione che governa a Berlino, è andata poi malissimo. Quando non tutte le schede sono ancora state contate, i liberali si attestano appena sopra la soglia di sbarramento del 5 per cento in Assia, e al 2,9 per cento in Baviera, un tonfo che non gli permetterà di entrare nel Landtag.
I mattatori della serata sono i partiti della Union, i cristiano democratici in Assia e i cristiano sociali in Baviera. Ma il risultato ha un sapore diverso per i due governatori uscenti. Boris Rhein porta la CDU al 34,5 per cento, ben 7,5 per cento punti percentuali in più rispetto al 2018, quando a guidare i cristiano democratici era il popolarissimo Volker Bouffier, alle redini del Land dal 2010 al 2022. Questa non è quindi solo una vittoria della CDU, ma anche e soprattutto un trionfo del cinquantunenne Rhein, che parla di “stabilità” e di impegno a rappresentare il “Mitte”, il centro della società tedesca, secondo il vecchio mantra merkeliano. I flussi elettorali gli danno ragione: in Assia la CDU è in effetti il “Mitte”: è stata capace di sottrarre voti soprattutto a socialisti, ecologisti e liberali.

Anche la CSU di Söder si ritrova, un po’ controvoglia, sempre più nel “Mitte”. Il partito che ha governato i maniera quasi ininterrotta la Baviera dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi s’impone nettamente col 36,6 per cento. Tuttavia, questo è il peggior risultato di sempre, 0,6 punti percentuali in meno rispetto alla volta precedente. Secondo i flussi elettorali, la CSU sottrae voti ai partiti della Ampelkoalition, ma ne perde a vantaggio dei Freie Wähler e della AfD. Questi due soggetti politici confermano il loro radicamento alla destra della CSU. I Freie Wähler, schieramento con cui la CSU governa dal 2019, centrano il 15,3 per cento. Un risultato allarmante, se si tiene conto che durante la campagna elettorale, il leader dei Freie Wähler, Hubert Aiwanger è finito al centro di uno scandalo mediatico perché si è scoperto che distribuiva volantini antisemiti a diciassette anni. L’affaire, invece che penalizzarlo, ha messo le ali al suo partito, che ha preso il 3,1 per cento in più rispetto all’ultima tornata elettorale. Alla faccia della “cultura della memoria”.

Il che ci porta al dato più drammatico dello scrutinio. L’Alternative für Deutschland sfonda anche nei paesi della ex Germania occidentale, dov’è tradizionalmente più debole. Sia in Assia sia in Baviera, il partito di estrema destra si impone come secondo partito: centra il 18,4 per cento in Assia (+5,3 per cento rispetto al 2018) e il 15,9 per cento in Baviera (+5,7 per cento rispetto al 2018). È l’ennesimo segnale di un’inquietante virata a destra che i partiti “democratici” non riescono a invertire. “Serve una nuova politica migratoria”, ha lanciato Söder nel dopo-voto. Ma neanche questa proposta sembra in grado di frenare una AfD che non fa nulla per moderare il proprio discorso, diversamente da altre forze di destra europee, come Fratelli d’Italia.
Anzi, il partito si sta radicalizzando. Al congresso di Magdeburgo, in luglio, è passata la linea di Björn Höcke, leader del partito in Turingia. Höcke afferma che “questa Unione europea deve morire, affinché la vera Europa posso vivere”, ed è noto tra l’altro per aver detto che i bambini disabili dovrebbero frequentare classi separate e per aver definito il memoriale dell’Olocausto a Berlino “una vergogna”. A Magdeburgo è riuscito a imporre come capolista alle europee Maximilian Krah, eurodeputato dal 2019, interprete della linea filo-russa e filo-cinese del partito. La svolta ad Est per Höcke e Krah è innanzitutto un obiettivo culturale, un modo per prendere posizione contro quelli che chiamano i “globalisti”, Stati Uniti ed Europa, colpevoli a loro avviso di promuovere un’agenda progressista in materia di clima, immigrazione, guerra in Ucraina e questioni LGBTQ+.
Dopo stasera l’AfD fa ancora più paura. Dimostra di avere presa anche nei Landër occidentali e il Brandmauer, letteralmente “firewall”, cioè il cordone sanitario che ha finora fatto in modo che i partiti democratici non si alleassero con lei, tiene ormai a un filo: la CDU nei Länder orientali. Qui l’anno prossimo si terranno le elezioni regionali in Sassonia, Turingia e Brandeburgo. L’AfD ha ottime probabilità di diventare primo partito. La CDU si troverà una volta di più nella posizione di dover scegliere tra fare un patto col diavolo per governare o salvaguardare l’ordine democratico.
Tutto appare stabile in Assia e Baviera. Ma il voto di ieri è l’ennesima crepa nel muro che tiene il virus dell’AfD lontano dal potere.

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