Vince col 52,3 per cento dei suffragi Daniel Noboa Azin, che con i suoi trentacinque anni diventa il più giovane presidente dell’Ecuador. Lo sconfitto è Rafael Correa che per la terza volta non ne imbrocca una, dopo aver candidato prima il suo vicepresidente Lenín Moreno nel 2017, che una volta preso possesso del Palacio de Carondolet, gli ha voltato le spalle. Poi con la candidatura dello scialbo Andrés Arauz nel 2021 battuto da Guillermo Lasso, e ora dell’ex ministra Luisa González, che solo a maggio, dopo che il presidente aveva deciso la muerte cruzada con cui ha sciolto il parlamento e indetto nuove presidenziali per evitare l’impeachment, era data per sicura vincitrice e destinata a diventare la prima donna ad assurgere alla massima carica.

La giovane avvocata era sembrata essere la vera e unica beneficiaria di una stagione politica segnata dal fallimento di Lasso e dal contestuale successo del correismo nelle elezioni locali di febbraio, ma alla fine non ha saputo fermare la sorprendente avanzata del giovane rampollo di una famiglia che da tre generazioni è a capo di un impero economico che, oltre alla Exportadora Bananera Noboa, spazia dalla plastica ai container, dal cartone ai fertilizzanti. Con la sua sconfitta, Rafael Correa, condannato a otto anni di carcere per tangenti durante la sua presidenza, ed esule in Belgio, ha visto sfumare la possibilità di tornare in patria grazie a qualche provvidenziale provvedimento a suo favore, magari accompagnato da una qualche nuova assemblea costituente che eliminasse l’esito del referendum del 2018 che impedisce la rielezione dopo il secondo mandato. Se c’è una cosa certa, è che da oggi può dire addio ai sogni di essere lui il candidato del 2025.
Quanto ai Noboa, se il capostipite Luis Adolfo era riuscito a creare dal nulla un impero economico, il figlio Álvaro ha ampliato l’azienda a livello internazionale, ingaggiando anche molteplici battaglie legali per non pagare tasse arretrate. Sulla scia del populismo di stampo sudamericano, ha costruito pazientemente una sua immagine di paladino dei diseredati, grazie alla distribuzione di dollari e regalando computer ai suoi sostenitori. Ma ha dovuto anche difendersi dalle accuse di aver maltrattato suoi dipendenti e di aver fatto ricorso al lavoro minorile. Nel tentativo di ampliare il potere famigliare alla sfera della politica, si è candidato senza successo per ben cinque volte alla presidenza, che in un caso ha mancato solo per due punti percentuali.

Ci è riuscito alla fine il figlio Daniel, fino ad allora estraneo alla politica che conta e che non ha mai fatto parte dei partiti di suo padre, che ha potuto approfittare del dramma dell’assassinio del candidato anticorruzione Fernando Villavicencio a pochi giorni dal primo turno ad agosto, mentre altri cinque politici sono stati uccisi quest’anno. In un Paese in cui le morti violente sono quadruplicate, passando da circa sei per centomila abitanti nel 2020 a più di 25 quest’anno. E facendo tesoro di una buona performance nel confronto televisivo dei candidati alla presidenza, durante il quale ha dato prova di conoscere i problemi e non è stato attaccato dai suoi avversari che allora non ne avevano ancora colto la pericolosità. Mentre al primo turno, in agosto, González ha vinto di nove punti (33 per cento contro il 24), Noboa è stato la vera sorpresa. Iniziata la campagna del ballottaggio, è passato in vantaggio, riuscendo a far arrivare il suo messaggio di cambiamento a un elettorato preoccupato per le questioni legate all’occupazione e alla sicurezza, spaventato dal potere che il narcotraffico ha saputo consolidare negli ultimi cinque anni. In un Paese in cui, secondo i dati del governo, l’economia è stata devastata dalla pandemia di coronavirus e solo il 34 per cento degli ecuadoriani ha un’occupazione adeguata. Dove il calo delle risorse petrolifere, il latitare degli investimenti stranieri e la bassa crescita economica hanno impedito al governo Lasso di affrontare le enormi sfide sociali che aveva davanti.

Se fino a poco tempo fa l’Ecuador era un Paese tutto sommato tranquillo, da quando la criminalità internazionale ha cominciato ad operare in collaborazione con le bande locali per il controllo delle rotte della droga, i diciassette milioni di ecuadoriani hanno subito gli effetti di un’ondata di violenza senza precedenti. Al seguito della quale, decine di migliaia di persone sono state costrette a cercare scampo tentando di passare il confine tra Messico e Stati Uniti. Andando a ingrossare la marea migratoria che ha travolto l’amministrazione Biden a un anno dalle presidenziali.
Quello della sicurezza non poteva quindi non essere un tema importante di una insolita campagna che, dopo l’assassinio di Villavicencio, ha visto la cancellazione degli eventi in pubblico e i candidati girare con la protezione delle forze di polizia e sempre indossando giubbotti antiproiettile. Al riguardo, Noboa e González si erano detti favorevoli a investire più risorse nella polizia e di schierare l’esercito per proteggere i porti utilizzati per contrabbandare droga fuori dal Paese e le prigioni, in mano alla criminalità, dove recentemente sette detenuti sono stati uccisi nel penitenziario del Litoral, la prigione più grande e popolata dell’Ecuador, in cui sono stati registrati almeno tredici massacri dal 2021. Nel carcere erano ospitati tredici persone ritenute essere in relazione con l’omicidio di Fernando Villavicencio, tra cui anche sette del gruppo di colombiani che sono stati coinvolti nell’esecuzione materiale del crimine, risultati essere stati le vittime del nuovo massacro. Secondo quanto si è poi saputo, sono stati impiccati per impedirgli di parlare, proprio pochi giorni dopo che gli USA avevano offerto cinque milioni di dollari a chi avesse permesso di risalire ai mandanti del crimine.

In fatto di sicurezza, oltre a promettere mano dura, Daniel Noboa ha confermato di voler attuare un’ambiziosa riforma del sistema giudiziario e carcerario, promuovendo nel contempo investimenti in istruzione e infrastrutture pubbliche, al fine di risolvere i problemi che sono la causa del crimine. Per risolvere la violenza nelle carceri, che ha causato più di 430 morti dal 2021, ha proposto di creare prigioni su navi lontano dalla riva dove poter rinchiudere i criminali più pericolosi. E questo, forse, è un altro segno che la lezione del salvadoregno Nayib Bukele, accusato di violazione dei diritti umani, prende piede e si espande. Ed ha detto che farà ricorso all’uso della tecnologia, come i droni e i sistemi di tracciamento satellitare per arginare il traffico di droga.
Ma Noboa non ha solo vinto per la questione della sicurezza, ma anche facendo campagna sul problema dell’occupazione, per favorire la quale ha perfino pubblicato un modulo di domanda di lavoro sul suo sito web, e ha promesso di attrarre investimenti e scambi internazionali e tagliare le tasse. Pensa di promuovere la creazione di posti di lavoro, soprattutto per i giovani, attraverso un piano economico che si basa sull’attrazione di investimenti stranieri e sullo sviluppo tecnologico, essendo certo che i fondi privati sarebbero attirati da settori industriali come l’elettricità e il petrolio. Quello che troverà, sarà un Paese economicamente al palo, fortemente indebitato a causa dell’accordo con il FMI voluto da Lenín Moreno, impegnato a ridurre il suo deficit attraverso tagli alla spesa pubblica, dove la tassazione sulla classe media aumenta e il mercato del lavoro è limitato. Alla fine, dipendente dalle rimesse degli emigrati e che probabilmente avrà ancora bisogno di ricorrere ad un altro prestito.

Pur essendo espressione del mondo imprenditoriale e degli ambienti della destra politica, Daniel ha voluto distinguersi dalla potenza economica della famiglia, facendo sapere che le sue fortune personali si limitano ad un milione di dollari. Si è sforzato di apparire come il punto di superamento della divisione tra destra e sinistra, altro aspetto che sembra avvicinarlo a Bukele, e ha attaccato il settore bancario, chiedendo non il taglio, ma un aumento della spesa sociale.
In campagna elettorale, ha evitato di attaccare Correa, cercando, semmai, di farlo apparire come il passato lasciato definitivamente alle spalle. La scelta ha avuto successo, al punto che la stessa Luisa González, che pur all’ex presidente deve candidatura e autorevolezza, ha dovuto per il ballottaggio prendere da lui le distanze, nel tentativo di raccattare i voti anche di coloro che del tempo di Correa ne hanno avuto abbastanza. Alla fine dei conti, Daniel ha vinto perché è riuscito ad apparire come il nuovo, come la speranza che il Paese aveva di cambiare, anche rispetto alla narrativa politica novecentesca del padre Álvaro, secondo il quale Correa è un pericoloso comunista.
Pur non essendosi sbilanciato sui temi sociali, Noboa è sembrato contraddirsi nella scelta della sua vice, caduta sulla figura, più tradizionalmente di destra, di Verónica Abad, ammiratrice di Donald Trump e Jair Bolsonaro, contraria all’aborto, al femminismo e ai diritti di L.G.B.T.Q., che forse aveva il compito di controbilanciare la sua immagine moderna e progressista presso la destra più retriva e bigotta. E vista l’estesa rete degli affari della famiglia, non ha potuto evitare le critiche di coloro che temono che vivrà il suo mandato in un perenne conflitto di interessi.
È nato a Guayaquil, sulla costa, e ha una laurea in Business Administration alla New York University con un master in Governance e Comunicazione Pubblica. Ha iniziato la sua vita politica nel 2021, quando è stato eletto nell’Assemblea Nazionale ecuadoriana, dove è stato presidente della Commissione per lo sviluppo economico, produttivo e la microimpresa. Si è presentato per Acción Democrática Nacional, formazione che include Pueblo, Igualdad y Democracia, un partito fondato da Arturo Moreno, fratello dell’ex presidente Lenín Moreno, e il partito MOVER, precedentemente noto come Alianza País e di cui faceva parte anche l’ex presidente Rafael Correa. Il suo governo opererà solo per quindici mesi, fino alla scadenza naturale del mandato che era di Guillermo Lasso, e poi si tornerà a votare. Un periodo fin troppo breve per risolvere la grave crisi che vive l’Ecuador dando risposte a chi si attende la fine della violenza, sia essa criminale o politica, e nuove opportunità di sviluppo in pace.
A suo vantaggio, Daniel possiede una dose abbondante di carisma che gli consente di esercitare una leadership forte, che è poi un altro dei motivi, forse il più importante, per cui è stato votato. Nel breve lasso di tempo in cui sarà chiamato a governare, se riuscirà a prolungare il periodo della luna di miele con gli elettori con qualche provvedimento azzeccato, il secondo mandato potrebbe essere a portata di mano, spegnendo le residue speranze del correismo, la cui sconfitta dovrebbe portare ad una profonda riflessione, vista la serie di insuccessi accumulata, e a un cambio di passo.

Come sta accadendo in queste ore in Bolivia dove Evo Morales, l’altro campione di quell’enorme occasione sprecata che è stato il Socialismo del XXI secolo, punta a ricandidarsi nel 2025, pare difficile poter pensare che Rafael Correa si faccia finalmente da parte, sbloccando con il suo passo indietro quel doloroso e necessario processo che potrebbe saldare le ragioni della sinistra urbana con quelle dei movimenti indigeni, critici nei confronti dei governi di Rafael, che viene accusato di corruzione e di perseguire politiche estrattiviste e poco rispettose dell’ambiente.
Per quanto riguarda gli indigeni, dal primo turno è emerso un messaggio apparentemente contraddittorio: un flop della lista di Pachakutik di Yaku Perez, che nel 2021 per un soffio non è andato al ballottaggio ma che in queste ultime elezioni non era appoggiato dalla potente Confederazione delle nazionalità indigene (CONAIE); e un clamoroso successo su alcuni referendum di natura ambientale. Un’attenta analisi del voto di domenica ci saprà certamente dire nei prossimi giorni se il Paese si è consegnato nella sua maggioranza a Noboa, o se la sua vittoria si deve più probabilmente alle fratture a sinistra e alla necessità improcrastinabile di una sua rifondazione.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!