Siamo vicini a Tonali, a Fagioli e a tutti i giovani calciatori che dovessero trovarsi invischiati, a loro volta, nello scandalo del moderno calcioscommesse. Siamo loro vicini perché pensiamo che, a quell’età, si possa anche sbagliare, specie se all’improvviso si diventa smisuratamente ricchi e sottoposti a pressioni che schiaccerebbero chiunque. Pressioni mediatiche, sportive, talvolta persino politiche, in qualche caso familiari e poi umane, dovute al modello di sviluppo dissennato che miete danni ovunque e non è certo estraneo al mondo del calcio.
Ha ragione, dunque, chi fa notare che le nuove generazioni siano cresciute senza valori, senza modelli, senza ideali e senza punti di riferimento. Ha ragione anche chi mette in guardia dai guadagni facili e dalle difficoltà nel gestirli. Ha meno ragione, invece, chi se ne accorge solo ora che due campioni del giro azzurro sono finiti sulla graticola, dopo aver ignorato gli allarmi che da più parti venivano lanciati. Troppi soldi, troppo in fretta, senza alcun supporto psicologico né l’attenzione necessaria a salvaguardare la psiche di giovani che sono passati da una condizione di normalità a uno stato di eccezionalità nell’arco di qualche anno o, a volte, addirittura di qualche mese. In nome del libero mercato, infatti, sono stati compiuti ovunque veri e propri crimini.

A livello calcistico, tanto per citare un esempio, abbiamo assistito di recente agli squallidi Mondiali in Qatar, un paese discutibile per innumerevoli motivi ma spesso esaltato dai mezzi d’informazione per via della montagna d’interessi che ruotavano intorno all’evento. Allo stesso modo, quasi nessuno denuncia con il dovuto vigore la giungla dei procuratori, ormai padroni del calciomercato e padroni, di fatto, delle società, costrette a sottostare a ogni sorta di capriccio di questi dominus e dei loro assistiti. A scanso di equivoci, ci teniamo a far presente che non siamo fra coloro che rimpiangono i bei tempi andati, quando i calciatori erano, sostanzialmente, di proprietà delle società, che potevano disporne a piacimento.
Anzi, ricordiamo che nel ’68 l’Associazione Italiana Calciatori (AIC), capitanata da Sergio Campana, con il coinvolgimento di personalità come Mazzola, Rivera e altre figure di spicco, nacque proprio per tutelare i giocatori delle serie minori, costretti in alcuni casi a subire soprusi indicibili. La libertà della persona prima di tutto, sempre. Ma non l’abuso, e negli ultimi anni abbiamo assistito a una quantità di eccessi che ha finito col minare la credibilità di un ambiente sempre più nell’occhio del ciclone.

Per fortuna, le società interessate, Newcastle e Juventus, hanno avuto la saggezza di avviare un percorso riabilitativo di questo indubbio patrimonio del nostro calcio: ragazzi dal volto pulito, probabilmente coscienti di aver sbagliato e messo a repentaglio se stessi e il proprio percorso.
Ora è bene che si fermino a riflettere, che si prendano il tempo necessario per pensare agli errori commessi e per ritrovarsi, innanzitutto a livello psicologico, per poi tornare più forti di prima, intenzionati a dare il massimo e a battersi al fianco di altri giovani in difficoltà: meno noti, meno tutelati ma non per questo meno a rischio.
Quanto a noi, abbiamo il dovere di ragionare sul degrado di una società che ha elevato i soldi a divinità, il potere a mito, l’arricchimento smodato a unico obiettivo da perseguire e la bella vita a orizzonte cui tendere, come se il benessere coincidesse in tutto e per tutto con gli status symbol.
Tonali e Fagioli, insomma, altro non sono che la punta dell’iceberg di una comunità che non è più tale, gravemente malata, incapace di fare i conti con la propria fragilità, esasperante per crudeltà e disumanità e mai incline al perdono. Per una volta, tuttavia, sembra che si stia andando nella direzione opposta. Ne prendiamo atto con piacere, lasciando i commenti sprezzanti ai soliti soloni che tranciano giudizi senza conoscere e senza alcun rispetto per la sofferenza altrui.
Ci limitiamo, in conclusione, a dire che quelli che paiono semidei sono spesso ragazzi che avrebbero bisogno di vivere il proprio successo con serenità, con la gioia tipica dei vent’anni e l’ottimismo che dovrebbe caratterizzare chi ha tutta la vita davanti e il desiderio di cambiare il mondo. Poi magari il mondo cambierà lui, ma gli sarà rimasta almeno la soddisfazione di averci provato, di averci creduto, di aver sperato di poter essere diverso e migliore di chi lo ha preceduto. È stato questo il motore della modernità e del progresso, anche in ambito sportivo. Non a caso, aver smarrito questi principî ha fatto sì che regredissimo, al punto che oggi tanti, troppi si rassegnano a uno stato delle cose che non può e non dev’essere accettato.
Speriamo che quando torneranno in campo, Tonali e Fagioli abbiano ritrovato non solo la passione per il proprio lavoro ma, più che mai, la voglia di sognare, senza la quale ogni trionfo si rivela effimero.
Forza ragazzi!


P.S. Dedichiamo quest’articolo alla memoria di Sergio Staino, scomparso all’età di ottantatre anni. Non sempre siamo stati d’accordo con lui, ma ora che Bobo è rimasto orfano, ci sentiamo un po’ orfani anche noi.

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