Occidente senza bussola

Il tramonto di un imperialismo ormai senza impero nell’ultimo saggio di Franco Cardini.
ENRICO CARONE
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Immagino che Franco Cardini, notissimo storico del Medioevo, abbia riflettuto attentamente sul titolo da dare alla sua ultima opera: La deriva dell’Occidente (Editori Laterza, pagine 160, € 17,00).
Nella scelta del sostantivo deriva sono implicitamente contenuti valutazioni e giudizi ben definiti sulla storia contemporanea.
Deriva e non declino. Deriva e non crisi o tramonto.

Leggiamo la definizione di deriva che troviamo in un normale dizionario (Treccani):

Trascinamento, da parte di una massa fluida in movimento, di un corpo galleggiante o immerso in essa, rispetto a una superficie fissa,
Abbandonarsi agli eventi, cedere, senza capacità di reazione, a una sorte infelice.

Quindi non un lento declino fisiologico (seguendo la filosofia della storia di Oswald Spengler), o benefica crisi (H. Schmidt).

La scelta del sostantivo deriva comporta l’individuazione sia della “massa fluida in movimento” sia delle ragioni che determinano l’incapacità di reazione del “corpo galleggiante” (che sarebbe appunto l’Occidente). Ma l’autore dedicherà solo gli ultimi due capitoli del suo lavoro a rispondere a queste domande sollevate dal suo giudizio sulla deriva dell’Occidente.

Prima, con rigoroso spirito di analista storico, si dedica a un’attenta disamina e stringente critica dei concetti fondamentali: Europa, Modernità, Occidente. Sono capitoli densi, ricchissimi di riferimenti, di analisi trasversali. Anche di giudizi taglienti e talora illuminanti.

Per quanto riguarda l’idea di Europa, l’antitesi che contribuisce alla formazione del concetto oggi comune è quella tra la Grecia e la Persia. La democrazia della Grecia di Pericle e l’assolutismo della Persia di Ciro il Grande. Europa e Asia. Uomini liberi a fronte di sudditi, uomini schiavi. Una Europa peraltro ben delimitata nel suo confine meridionale, tracciato dal Mar Mediterraneo, ma drammaticamente non definita proprio a Oriente.

L’autore segue il filo della storia e dello sviluppo dell’idea di Europa, attraverso l’impero millenario di Roma, il Cristianesimo, Carlo Magno, il Rinascimento, disegnando un percorso che porta alle guerre del Novecento e alla fine dell’Europa, decretata al tavolo di Yalta da Roosevelt e Stalin, ed infine al tentativo di resurrezione.

Quanto alla “Modernità”, fa piacere che Franco Cardini abbia voluto individuare la “grande frattura” della storia (riferendosi al concetto centrale de “La storia spezzata” di Aldo Schiavone) nelle pagine di Galileo Galilei.

La nascita della scienza moderna, che contribuisce in modo determinante alla formazione dell’identità europea, della potenza economica e militare dell’Occidente.

Ma le “vele e i cannoni” che la scienza regala alle potenze europee innescano anche un processo drammatico, di violenza planetaria. Dall’orrore delle conquiste e della cancellazione delle antiche civiltà americane, al genocidio dei nativi americani, ai crimini inglesi in India e in Asia, all’incubo del colonialismo nel continente africano.

All’inizio del Novecento appare un nuovo soggetto, gli Stati Uniti d’America, che si presentano con un paradossale connotazione anti-europea, contrapponendo la democrazia all’assolutismo, la libertà al controllo statale, l’individuo alla società. Eppure sono proprio gli USA che si candidano a incarnare i veri valori della civiltà occidentale, anche se a questo punto il concetto, già di per sé ambiguo e sfuggente, di Occidente diviene sempre più vago (“Nomina nuda tenemus”, dice l’autore).

Cardini ricorda un documento, che considera fondamentale, Western Civilisation, pubblicato nel 1919 dalla Columbia University.

L’America si ritiene la vera erede della Grecia, di Roma, del Rinascimento. Il diritto alla felicità individuale viene inserito nella lista dei diritti naturali. Così come il libero mercato.

La bandiera della libertà, della democrazia e del capitalismo sventola sul Campidoglio, sulla Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, a Washington.

L’autore s’interroga su quale possa essere la giusta periodizzazione della nostra storia recente, se sia corretto individuare nell’89 e nella caduta del muro di Berlino la nascita del nuovo corso degli eventi, invece che nell’11 settembre, nell’attentato alle torri gemelle di New York.

Dopo la “fine della storia” in realtà prende avvio e forza una nuova storia, o meglio, una nuova velocità dei processi storici che si erano messi in moto alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’esportazione della democrazia, la conclamata lotta alle dittature e al terrorismo, dovunque si collochino nel pianeta sono i vessilli dietro i quali l’Occidente degli Stati Uniti conducono nella realtà aggressioni militari, politiche ed economiche, senza limite alcuno, con il formidabile sostegno di un apparato organizzatissimo di comunicazione di massa e di informazione capillare.

Quindi l’Occidente diviene questa alleanza politico-militare obbligata dalla superpotenza planetaria, e comprende l’Europa, Israele, il Giappone, il Canada, l’Australia e qualsiasi entità che accetti il dominio dei valori USA.

Non è un Impero. Ha ragione Cardini. È un imperialismo senza impero.

Storicamente, gli imperi sono il luogo del coordinamento e della convivenza di forze e tradizioni differenti che l’autorità si incarica di far coesistere armonicamente…
Un Leviathan che impone al mondo e sul mondo non solo la sua autorità e il suo potere, ma anche il suo arbitrio, il suo modo di vivere e di pensare.

Ma perché allora questo Occidente americano, questo Leviathan che impone la sua moneta, la sua lingua, la sua cultura, i suoi interessi economici, che può dedicare alle armi nel 2023 la cifra astronomica di 870 miliardi di dollari (pari alla somma degli stanziamenti dei 25 paesi più militarizzati del pianeta), che continua a insediare basi militari, nucleari e convenzionali, e di spionaggio (ricordiamo Echelon e la rete dei Cinque Occhi) fuori dai suoi confini, oltre alle quasi mille che già esistono, perché e come sarebbe alla deriva?

Non esiste (ancora) un potere antagonista. Lo storico dedica poche parole ai BRICS e alla Cina, alla Russia, a quanto sta lentamente emergendo nel mondo come alternativa all’Occidente americanizzato. In ciò dimostrando, a mio parere, equilibrio di giudizio storico, prudenza e senso delle proporzioni. 

Certamente non è neppure messo in crisi da un’opposizione politica di sinistra al suo interno. Quello che fino alla seconda metà del secolo passato veniva denotata come sinistra antimperialista si è dileguata e anzi, nella sua componente più moderata, socialdemocratica, costituisce, almeno in Europa, il bastione più solido dell’ideologia neo-imperialista.

Alla base della deriva attuale dell’Occidente, secondo l’autore, sarebbe una “dura e illimitata volontà di potenza”, un torrente irrazionale, che alberga nelle menti dei soggetti che formano l’establishment statunitense e che travolge i valori esibiti di tolleranza e rispetto dei diritti elementari dell’uomo e che si traduce nella “prassi politica, economico-finanziaria e tecnologica”, nell’imposizione della propria cultura, lingua, costume e prodotti.

È il rovesciamento dell’affermazione che Mefistofele fa al Faust goethiano:

Sono una parte di quella forza che vuole sempre il Male e opera sempre il Bene.

L’Occidente americano, per Cardini, vuole (o dice di volere) sempre il Bene e opera il Male.

Ma quali sono i segni concreti della “deriva”? Per lo storico fiorentino, che cita Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale USA sotto la presidenza Carter, è l’evidente stato di “out of control” della dirigenza statunitense, di un caos imperiale ingovernabile, che discende dall’assenza di una “forma imperii”, di un centro definito e identificabile del potere. E nella contemporanea frammentazione di potenti centri di influenza, circoli, sette religiose, lobbies.

Quali sono le forze reali che sostengono, in parte controllano e in parte costituiscono il governo USA? Di quale potere sovrano è rappresentante, di quale sovrana volontà è l’esecutore?.

Il saggio si conclude con un “inno all’Europa”. “Io credo nella Resurrezione dell’Europa, quia impossibile est”, parafrasando i Pisan Cantos di Ezra Pound.

È convincente l’analisi di Cardini? Solo parzialmente. Acuta, appassionata, ricca la critica dei concetti storici di Europa, Modernità, Occidente. Elusiva e incompleta la valutazione del presente, la connotazione della realtà della supposta “deriva”, le sue cause strutturali, i suoi aspetti molteplici, la previsione del suo svolgersi e dei suoi esiti.

Certo, se consideriamo l’aspetto militare, sorprende che l’Occidente-USA, che ha accumulato l’arsenale militare più vasto e tecnologicamente avanzato della storia dell’uomo, non sia riuscito a vincere, né militarmente né politicamente, alcun conflitto a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. 

Negli occhi di tutti noi ci sono gli elicotteri che decollano dalle terrazze di Saigon e dall’aeroporto di Kabul. Irak, Libano, Serbia, Afghanistan, Palestina stanno a testimoniare una malattia grave della leadership statunitense. Non so se esistano al proposito studi e analisi della Rand Corporation o degli uffici studi del Dipartimento di Stato. Come dato di fatto, nessun obiettivo dichiarato è stato raggiunto. 

Ma anche la leadership economica sembra essere ormai posta in dubbio. Dove la produzione dei beni non avviene più prevalentemente sul territorio occidentale, ma è dislocata in paesi non amici. Dove il primato tecnologico in settori decisivi è da anni conteso e posto in forse. Dalle potenze asiatiche in primo luogo.

Infine, è chiaro che i tre colori della bandiera dell’Occidente “Libertà, democrazia, capitalismo” sono tutti appannati e, come si è detto a proposito della Rivoluzione di Ottobre sovietica, “hanno perso la loro spinta propulsiva”. La libertà sventola sempre per meno esseri umani, la democrazia sempre più lontana dalla sostanza del suo significato, il capitalismo che appanna e soffoca sia la libertà che la democrazia.

Sono in atto due conflitti armati. Uno tra Occidente e Russia, l’altro tra Occidente e Islam. La deriva dell’Occidente ci sta portando a una “discontinuità radicale” della storia?

È chiaro che il breve saggio di Cardini ci può aiutare a porre questa domanda in modo più corretto. Avanza qualche ipotesi. Non può e non vuole dare una risposta.

Immagini tratte dalla mostra Rivoluzione Vedova

Occidente senza bussola ultima modifica: 2023-10-23T20:58:01+02:00 da ENRICO CARONE
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