Xi contro tutti. Ora attacca pure l’amica Foxconn

BENIAMINO NATALE
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Secondo il quotidiano cinese Global Times, organo dei “falchi” cinesi riuniti intorno al presidente Xi Jinping, le autorità hanno lanciato recentemente delle “ispezioni fiscali” in diverse sedi dell’impresa taiwanese Foxconn. 
Il fatto è grave ed è indicativo della strada senza uscita intrapresa da Xi e dai suoi seguaci, dato che viene dopo che a essere state prese di mira sono alcune delle compagnie private cinesi simbolo del prepotente sviluppo economico degli anni 1990-2010, tra cui l’arcinota Alibaba di Jack Ma.

Il fondatore ed ex-presidente (si è dimesso per entrare in politica ma ha mantenuto un consistente pacchetto di azioni) della Foxconn è il taiwanese Terry Gou, che si è candidato alle elezioni presidenziali che si terranno a Taiwan nel gennaio del 2024. Gou, imitando lo stile di Donald Trump, ha affermato di sapere come accordarsi con Pechino in modo da “evitare che Taiwan diventi una nuova Ucraina”.

Nei sondaggi è nettamente dietro a Lai Ching-te, candidato dell’indipendentista Democratic Progressive Party e attuale vicepresidente della Repubblica.

Il GT, cita “alcuni media isolani” (cioè taiwanesi) secondo i quali

le ispezioni potrebbero essere una strada scelta dalla mainland (cioè Pechino) per impedire a Gou di concorrere, dato che la sua candidatura potrebbe dividere l’opposizione e di conseguenza favorire la vittoria di Lai.

Il candidato visto con favore da Pechino è infatti quello del Kuomintang, Hou Yu-ih, attualmente secondo nei sondaggi dietro a Lai.

Probabile che la spiegazione di “alcuni media isolani” sia quella giusta, cosa che conferma l’involontario masochismo dell’attuale dirigenza cinese.

Terry Gou

“Foxconn” è il nome con il quale è conosciuta in Occidente la Hon Hai Precision Industry: si tratta di una delle principali imprese di componenti elettroniche del mondo, che tra l’altro produce per giganti come la Apple, la Kindle, la Nintendo. In Cina, ha dodici fabbriche che impiegano, secondo The Guardian, 1,3 milioni di operai. Tristemente famosa è la sua fabbrica di Longhua [nelle immagini di apertura], nei pressi della metropoli di Shenzhen, per i numerosi suicidi dei suoi dipendenti: siccome molti di loro si sono tolti la vita gettandosi dalle finestre dell’enorme complesso, la direzione ha fatto installare delle amplissime reti subito sotto alle finestre del primo piano (i suicidi di operai della Foxconn accertati a partire dal 2010 sono stati quattordici). Gli operai cinesi della Foxconn di Longhua dormono nella fabbrica e sono trattati più o meno come reclute in un esercito e sono loro vietati i contatti con i giornalisti. 

Nel frattempo Xi Jinping firma un ordine presidenziale per rimuovere quattro ministri e funzionari di primo piano: Qin Gang (consigliere di stato), Li Shangfu (consigliere di stato e ministro della difesa), Liu Kun (ministro delle finanze) e Wang Zhigang (ministro della scienza e trecnologia).

La gigantesca impresa di Terry Gou è stata tra le prime a trasferire massicce fette della sua produzione nella Cina continentale a partire dal 1998, sull’onda dell’eccessivo e acritico entusiasmo suscitato in tutto il mondo – ma soprattutto negli USA, in Giappone e a Taiwan – dall’apertura economica decisa dal leader comunista Deng Xiaoping negli anni Ottanta del secolo scorso e proseguita dai suoi successori, Jiang Zemin e Hu Jintao. In altre parole, la Foxconn è stata una delle protagoniste della crescita dell’economia cinese, del processo che ha portato Pechino a essere riconosciuta come una potenza mondiale seconda solo agli USA. Per evidenti motivi, la mediazione che ha in mente il magnate non può essere sfavorevole alla Cina.

Se Xi Jinping oggi può candidarsi a leader del cosiddetto “sud globale” contro lo “strapotere occidentale”, lo deve ai suoi predecessori e a imprese straniere come la Foxconn, e non certo ai deliri di Mao Zedong e di Lin Biao sulla “campagna che circonda la città” e altre baggianate care alla propaganda comunista.

Purtroppo, il leader cinese sembra aver perso il senso della realtà. Comunque vadano le elezioni di gennaio – ma è lecito prevedere una vittoria di Lai – la maggioranza dei tawanesi è a favore dell’indipendenza dell’isola. Secondo un recente sondaggio del Taipei Times, il 48,9 per cento dei cittadini è per l’indipendenza, il 26,9 per mantenere lo “status quo” e solo l’11,8 per cento è favorevole a una “riunificazione” con la Cina.

Operaie di una fabbrica Foxconn

In realtà è più di un secolo – dal 1895 fino a oggi – che Taiwan non è “parte” della Cina. In precedenza, a partire dal 1600 circa, l’isola è stata varie volte e per diverse ragioni invasa da truppe delle dinastie dei Ming e dei Qing e, per alcune decine di anni, addirittura governata dai colonialisti olandesi.

In un articolo pubblicato tre anni fa dalla rivista The Diplomat, Gerry van der Wees afferma che

negli anni 1920 e 1930, quando Chiang Kai-shek (leader dei nazionalisti del Kuomintang) e Mao Zedong si battevano per la supremazia in Cina, né i nazionalisti né i comunisti avevano un grande interesse per Taiwan. Le loro rispettive posizioni cominciarono a cambiare nel 1942-43, quando, durante la preparazione della Conferenza del Cairo del novembre1943, Chiang Kai-shek cominciò a sostenere che Taiwan doveva essere “restituita” alla Cina. Per non essere da meno, molti dirigenti comunisti fecero dichiarazioni analoghe.

Il resto lo ha fatto la miopia delle potenze occidentali che abbracciarono il concetto dell’esistenza di “una sola Cina” dopo la Seconda Guerra Mondiale, nell’errata convinzione che la guerra civile sarebbe stata vinta dalle truppe di Chiang Kai-shek. Il seggio fu occupato fino al 1971 da Taiwan, poi dalla Repubblica Popolare.

Insomma, l’ostinata volontà della Repubblica Popolare Cinese di annettersi Taiwan ha incerte basi storiche ed è osteggiata dalla maggioranza degli abitanti dell’isola.

Se aggiungiamo la presenza nel Pacifico della settima flotta americana, considerata la più potente del mondo, appare assurdo che Xi possa considerare un attacco all’isola. Certo non sarebbe il primo dittatore a fare una scelta suicida, che però costerebbe migliaia di vittime, sia militari sia civili.

Xi contro tutti. Ora attacca pure l’amica Foxconn ultima modifica: 2023-10-24T17:34:30+02:00 da BENIAMINO NATALE
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