Messi, vecchio campione

ROBERTO BERTONI BERNARDI
Condividi
PDF

Faceva quasi impressione vederlo su quel palco, l’ultimo Lionel Messi, cosciente che questo ottavo Pallone d’oro non avrà un seguito, circondato dalla generazione di fenomeni che lo consegnerà a breve agli almanacchi. Faceva impressione vedere la tigre di un tempo, ambiziosa e famelica di trionfi, indossare i panni del vecchio saggio che spende una buona parola per chiunque, ben sapendo che a breve quei satanassi non saranno più i suoi rivali ma dei ragazzi che potrà commentare dall’alto di un’autorità indiscussa. 

Sembra che stiamo parlando di un ottantenne, quando invece il nostro di anni ne ha appena trentasei. Eppure, in due decenni di attività professionistica, ha vissuto un sogno talmente immenso che onestamente ci mancano le parole per descriverlo.

E così, ora che è davvero arrivato in cima al mondo, ora che il suo talento lo ha issato accanto al mito di Maradona, ora che non ha più nulla da chiedere al calcio e neppure a se stesso, può concedersi finalmente la dolcezza che in passato ha dovuto sagacemente nascondere.

Negli anni, lo abbiamo ammirato, ne abbiamo scritto con una certa dose di riverenza, lo abbiamo esaltato per le sue doti sovrannaturali ma lo abbiamo anche criticato e contestato aspramente, quando ci sembrava che le sue vittorie fossero immeritate, eccessive e addirittura umilianti nei confronti di compagni di squadra che in quei dodici mesi avevano meritato quel riconoscimento più di lui. Stavolta no. Messi ha ricevuto a Parigi un Pallone d’oro alla carriera, passando di fatto il testimone a Haaland e Mbappé, mentre stanno sorgendo gli astri di Bellingham e Vinicius, ed è palese che saranno questi quattro fuoriclasse a contendersi il prestigioso premio nei prossimi quindici anni. Potrà brillare qualche altra stella, sinceramente ce lo auguriamo, stanchi del dualismo fra Messi e Ronaldo, interrotto solo dalla maestria di Luka Modrić e dalla voglia di riscatto di Karim Benzema; fatto sta che questi quattro campioni danno l’impressione di essere destinati a segnare un’epoca.

Più che una premiazione, dunque, abbiamo assistito a un’incoronazione. France Football, cosa strana per i francesi, ha riconosciuto l’immensità del genio che ha sottratto ai transalpini l’ultimo Mondiale e ha capovolto il numero 8 trasformandolo in infinito, a sottolineare la grandezza di una leggenda destinata all’eternità.
Non sarà mai Maradona, ma solo perché Diego era molto più di un calciatore: icona politica, pensatore globale, vicino a Castro e alla sinistra latinoamericana, Che Guevara del pallone, combattente, idealista, in lotta contro l’ordine costituito, il potere della FIFA e i suoi massimi esponenti. Messi, al contrario, pur avendo reso omaggio al Pibe de oro nel giorno in cui avrebbe compiuto sessantatre anni, è un personaggio moderno: non si conoscono le sue idee politiche, non si sa neanche se ne abbia, la FIFA se lo coccola da sempre, gli emiri del Qatar lo hanno posto al proprio servizio e ne hanno fatto il testimonial di una discutibile edizione della Coppa del Mondo, per svernare ha scelto Miami e non abbiamo mai sentito una polemica da parte sua nei confronti di alcun padrone del vapore. 

Maradona incarnava l’epica della lotta e della ribellione, Messi quella del riscatto personale. Il primo aveva una dimensione collettiva, il secondo individuale. Diego vinceva le partite da solo ma non si dimenticava mai dei compagni, Leo ha sempre vinto insieme ad attori degni della sua classe ma si è ricordato di loro solo nel momento in cui ha capito di poter deporre l’ascia di guerra. A separarli sono quattro decenni nel corso dei quali il pianeta si è inesorabilmente guastato in ogni ambito, calcio compreso. Tuttavia, il Messi sereno, pacificato con se stesso e con il prossimo, pronto ad abbandonare il centro della scena e a veder calare il sipario su un’avventura ai limiti dell’assurdo ha trovato il modo giusto per accomiatarsi. Sarebbe potuto risultare altezzoso, antipatico e arrogante, invece ci è sembrato sincero e pronto a rientrare in una dimensione umana dopo aver vissuto per vent’anni in una sorta di iperuranio.

E allora gli perdoniamo anche gli scivoloni, l’avidità e le esagerazioni. 

L’ultimo Messi, umile come non mai, è stato pura bellezza. Un finale da incorniciare, senza tristezza né solitudine. Non era scontato.

Immagine di copertina: Un selfie con Lionel Messi scattato dalla sua guardia del corpo Yassine Cheuko

Messi, vecchio campione ultima modifica: 2023-10-31T11:28:09+01:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

VAI AL PROSSIMO ARTICOLO:

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento