TIZIANA PLEBANI CON FRANCA MARCOMIN MARA BIANCA CRISTINA GIADRESCO STEFANIA MINOZZI
Quando, l’anno scorso, è uscito il libro di Alessandra Bocchetti, Basta lacrime. Storia politica di una femminista 1995-2020, pubblicato dall’editrice indipendente VandA Edizioni, noi abbiamo pensato di leggerlo assieme e di parlarne.
Alessandra Bocchetti, che è stata regista, fondatrice nel 1975 del collettivo femminista Studio Ripetta e nel 1978 del Centro Culturale Virginia Woolf – Università delle Donne di Roma, in questo libro ha raccolto venticinque anni di suoi articoli, discorsi pubblici, interventi e facendolo ha ripercorso la storia o le storie, i nodi, le questioni, le urgenze e i conflitti del femminismo italiano, di cui siamo state parte attiva. Ha costruito memoria su temi che erano urgenti in quei momenti e che sono diventati di minore pregnanza o sono riemersi e ci riportano al dibattito esistente allora tra le donne. E fare storia è importante non solo per non disperdere la ricchezza del passato ma anche per trarre bilanci pur parziali del percorso, degli ostacoli, dei guadagni.
E pertanto ci ha coinvolto. Perché introdurre questo noi? Perché è un noi che contiene una storia e una relazione con l’autrice e che intreccia storia personale con ciò che accade nel mondo, che è legame d’amicizia e d’affetto e insieme desiderio e sforzo di parola pubblica e politica.
Ci siamo incontrate, anche se qualcuna si conosceva già, nel 1990: era stata la nostra opposizione alla guerra nelle terre della ex Jugoslavia, di cui si faceva complice anche il governo italiano a riunirci. Femministe pacifiste e non violente, con molte altre, abbiamo accolto la forma di resistenza messa in atto inizialmente dalle donne israeliane di Gerusalemme, e che ha coinvolte quelle palestinesi, a partire dal 1988: come Donne in Nero di Venezia-Mestre abbiamo così manifestato per anni in silenzio ma ben presto abbiamo voluto creare momenti di riflessione, di incontro e di dibattito, reti in città.
Ed è lì che abbiamo incontrato per la prima volta Alessandra Bocchetti e quel suo libro, Discorso sulla guerra e sulle donne uscito nel 1988 e riedito poi nel 1991 e per noi è stata una lettura fondativa.

Basta lacrime si apre nuovamente sulla guerra, quella della Bosnia, e pure se le sue parole di allora – “la guerra non è un caos ma è un ordine da cui è esclusa l’opera delle donne” – come le nostre al tempo, sembrano quasi ingenue o forse più propriamente disarmate rispetto a quello che ancor oggi viviamo, in fondo riportano a delle interrogazioni e a uno sbigottimento che rimangono presenti e che insistono su una diversa attrazione dei sessi verso la violenza e la guerra. Al tempo molte di noi affermavano l’estraneità delle donne alla guerra e alle sue dinamiche e sottolineavano il patimento subito, l’essere costantemente dalla parte offesa, violata. Certamente rispetto ad allora, abbiamo bisogno di scardinare quell’estraneità, come ricorda Alessandra, che smentisce che le donne non siano capaci di violenza, e insieme c’è la necessità di non accontentarci di un riparo che non riesce a nascondere complicità o assenza di parola efficace. Tuttavia “agli uomini piace la guerra, piace rischiare la vita” scrive Bocchetti, riproponendo una contrapposizione tra i sessi che va al cuore dell’esistenza: chi dà la vita e chi la può solo togliere, poteri differenti che paiono falsamente confrontare una facoltà debole con una forte.
Alessandra si sofferma a proporre che nella debolezza c’è una ricchezza che potrebbe governare il mondo e renderlo diverso. E questo libro racconta proprio lo sforzo fatto dall’autrice di uscire da una posizione comoda, sostenuta da una parte del femminismo italiano, per implicarsi nella politica dialogante con le istituzioni e con percorsi emancipatori. Mettendoci la faccia, il cuore, l’intelligenza. Lavorando, ad esempio, all’interno della Commissione nazionale pari opportunità, segnalando il rischio di insignificanza di certe politiche sulle donne, che trovano la misura in quelle più infelici, facendo delle donne dei soggetti da tutelare, restringendo e non dilatando il loro mondo, non andando al cuore delle relazioni di potere tra uomini e donne e delle grandi questioni in gioco nella società.
Alessandra Bocchetti in questo libro, in questo suo ripetere “basta lacrime” ci sollecita a fare quel che lei ha fatto, pur se i risultati non sono stati sempre rispondenti alle sue aspettative, a coinvolgersi attivamente, mettendo le mani nella politica concreta e a “sporcarsi”, discutendo e negoziando, non accampando estraneità o innocenza rispetto a quel che succede. Bocchetti chiede alle donne di voler decidere di governare.

Perché le donne dovrebbero governare? La risposta che offre richiama l’asino di Buridano, cioè l’affermazione più evidente: le donne devono governare perché ci sono. Semplice. Le donne non salveranno il mondo, non sono migliori. Perché dunque dovrebbero governare? Perché ci sono e c’è necessità e urgenza che ci siano.
“L’esistenza delle donne nei luoghi che fanno lo Stato” non può essere delegata agli uomini e la libertà che come donne abbiamo conquistato “ci consegna a essere nella Polis”, all’azione, alla politica che va oltre ai nostri luoghi raccolti e separati; la pratica dell’estraneità che ci ha dato sapere e agio di stare al mondo si è conclusa, anche se c’è ancora bisogno di una politica comune per affrontare il patriarcato dei fratelli e non più dei padri.
Tuttavia Bocchetti segnala che c’è un problema:
le donne sono troppo poche, in tutti i luoghi delle istituzioni, assenti o scarse nei consigli di amministrazione, nei punti decisionali. Non è detto che le donne faranno meglio degli uomini, ce ne saranno di brave, di mediocri e di pessime: siamo umane, non divine. Ma la politica è lo specchio della società, e nella società le donne ci sono.
Quindi bisogna accettare anche misure che apparentemente sembrano immiserirci più che arricchirci come le quote del cinquanta per cento, di cui si è discusso a lungo tra le donne del femminismo e tra noi stesse. Perché accoglierle dunque? Perché in realtà, scrive Bocchetti, mettono in campo
un’idea tutta nuova, inedita alla storia, del governare insieme di uomini e di donne [ e ] servono per raggiungere quell’equilibrio necessario per una società più rispettosa, più democratica e più vera e sana. Le quote non servono a noi donne ma a tutti. Non aiutano le donne, aiutano la società-
Ma Bocchetti avverte del rischio che le donne corrono nell’invocare la democrazia, che rispetto alle donne presenta, come sappiamo un’aporia di fondo. “Non vorrei che fossimo le guardiane di un tesoro che già altri hanno portato via”- scrive – e spiega qual è l’orientamento che occorre per mettersi al riparo:
Adoperarsi perché la presenza delle donne sia più significativa non lo collocherei più nell’ordine di un perfezionamento della democrazia, quanto nell’intento di fondare una nuova cultura dello stare insieme di uomini e di donne, un’idea di umanità come esperienza del molteplice.
Il governo delle donne, per dare un’impronta significativa e differente, deve occuparsi delle necessità della vita, di bisogni comuni, ordinari e quotidiani.
L’esperienza concreta e l’orientamento di Bocchetti andava a quel tempo nella direzione contraria di parte del femminismo della differenza e in questa fu una scelta importante proprio per la sua discordanza, e per l’attenzione che la contraddistinse verso le donne che avevano maturato esperienza di governo e che potevano trasmettere sapere e strategie di riuscita. Tale discordanza si legge in uno degli interventi del libro, riguardante una risposta a Luisa Muraro, in cui Bocchetti ribadisce che non si può star bene pensando solo alle donne e che bisogna invece pensare a uno stile di governo e di amicizia tra uomini e donne, stando nel mondo.

Una parte del libro riporta alcuni suoi interventi che miravano a ricordare e valorizzare i grandi guadagni portati dal femminismo: parole nuove che ci hanno dato la forza di esistere, di “mettersi al mondo” insieme, che hanno aperto spazi di senso nuovo e, tra gioie e dolori, hanno creato un soggetto politico.
Il femminismo come tutte le rivoluzioni vere ha prodotto un’idea, un’idea che ormai sta nella testa di tutte le donne, di ogni classe sociale, di ogni grado di istruzione, da Nord a Sud. È un’idea semplice, apparentemente innocua, ma che ha la forza di spaccare qualunque ordine non la contempli. L’idea è questa: ogni donna ha il diritto alla ricerca della sua felicità… Il femminismo è stata una rivoluzione che ha prodotto il più grande risultato di tutte le rivoluzioni che sono state fatte in questo mondo, perché libera potenzialmente non una classe sociale, non una generazione, ma metà dell’umanità.
Alessandra Bocchetti spinge a colmare la frattura fra i percorsi emancipatori e femministi, a lavorare a una sintesi delle due traiettorie, a partire da un moto di gratitudine per le donne che ci hanno precedute e che si sono spese per battaglie decisive ma operando per un’idea di uguaglianza che includa la differenza.
Nel libro si ripercorre un momento particolare che ha visto Alessandra Bocchetti protagonista attiva: nel 2011 chiamata da Francesca Comencini partecipa alla grande manifestazione di protesta del 13 febbraio contro le miserie sessuali e politiche di Berlusconi, che dà vita al movimento “Se non ora quando”, sempre in forza della necessità di spendere la forza delle donne, di esserci, di non ritrarsi, andando oltre l’indignazione. Un’occasione che purtroppo nel prosieguo si è sprecata nella dispersione, ma che ha interpretato il momento storico e ha influito nella caduta di quel governo.
Gli interventi degli ultimi anni sono concentrati sul tema della violenza sulle donne che occupa il discorso delle istituzioni ma che rischia sempre di immiserire l’immagine femminile schiacciandola nel ruolo di vittima mentre la violenza di quegli uomini esprime una forza impersonale oscura che trae origine da strutture archetipiche che negano l’esistenza delle donne e il loro essere persone, libere e autonome.
Il libro incrocia molti altri temi su cui negli anni ci siamo confrontate, ma quel che è più ci ha colpito positivamente è che leggerlo apporta una benefica ventata di energia che non solo opera una restituzione di memoria e di guadagni che abbiamo conquistato, ma propone percorsi di valorizzazione di talenti e autodeterminazione e spinge ad agire, oltre le lacrime. E rammenta la necessità di essere davvero fiere della nostra grande storia e di raccontarla alle bambine facendole crescere con un sentimento di forza e di possibilità, senza risentimento.


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