I big della politica in marcia a Parigi, con Le Pen, senza Mélenchon

Domenica nella capitale, come in molte altre città della Francia, la manifestazione contro l’antisemitismo. Presente la leader della destra, assente quello della sinistra, Entrambi con lo sguardo rivolto alle elezioni del 2027.
MARCO MICHIELI
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[PARIGI]

Ieri 105.000 persone hanno sfilato a Parigi per la “Marche contre l’antisémitisme”, corteo promosso dalla presidente dell’Assemblée nationale, Yaël Braun-Pivet (Renaissance, il partito del presidente Emmanuel Macron) e dal presidente del Senato, Gérard Larcher (Les Républicains, il centrodestra gollista). La prima ministra Élisabeth Borne si è ritrovata a marciare per i viali della capitale accanto agli ex presidenti Nicolas Sarkozy e François Hollande, dietro uno striscione con la scritta “Pour la République, contre l’antisémitisme”. Molte altre manifestazioni si sono tenute in numerose città francesi.

La marcia avviene in un momento particolarmente delicato per il paese e un giorno prima dell’anniversario degli attentati di Daesh del 13 novembre 2015 che hanno causato la morte di 131 persone. La Francia ha inoltre la comunità ebraica e la comunità musulmana più grandi d’Europa (rispettivamente 500 000 e 5,7 milioni di persone).

Dall’attacco terroristico di Hamas contro i civili israeliani, la possibile “importazione” del conflitto che infiamma il Medio Oriente sul territorio francese preoccupa la classe politica e i cittadini. Il 13 ottobre il presidente Emmanuel Macron aveva parlato degli attacchi terroristici di Hamas come di “un terremoto per Israele, per il Medio Oriente e con conseguenze ben al di là della regione”. Secondo un sondaggio YouGov realizzato per HuffingtonPost, il 72 per cento degli intervistati ha dichiarato di temere che il conflitto venga importato in Francia e questa preoccupazione è particolarmente forte tra gli over 55 (80 per cento), così come tra i sostenitori della maggioranza presidenziale (84 per cento) e del Rassemblement National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen (80 per cento).

Per evitare di “importare” il conflitto, il capo dello Stato ha cercato di trovare un equilibrio, tra la volontà di “proteggere tutti gli ebrei di Francia” e le esortazioni all’unità, menzionando sia “la paura dei nostri compatrioti di fede ebraica” sia “la preoccupazione dei nostri compatrioti di fede musulmana”. Sulla scena internazionale, il 27 ottobre il Presidente francese aveva chiesto per la prima volta “una tregua umanitaria” per proteggere i civili a Gaza, affermando che la risposta israeliana dovrebbe “colpire meglio i terroristi”.

Nel timore di violenze, nei giorni successivi agli attacchi di Hamas, il governo francese aveva poi deciso di vietare tutte le manifestazioni a sostegno dei palestinesi. Anche se successivamente le manifestazioni sono state autorizzate “caso per caso”. Il giorno dopo un professore di liceo, Dominique Bernard, veniva assassinato in una scuola ad Arras, mentre cercava di proteggere degli studenti, vittima di un attentato terroristico perpetrato da un giovane islamista originario dell’Inguscezia.

Da allora la Francia si trova in allerta “Urgence Attentat”, con dispositivi di sicurezza rafforzati attorno alle scuole e alle sinagoghe. Dal 7 ottobre, inoltre, il ministero dell’interno francese ha registrato 1 159 atti antisemiti in Francia. 518 sono state fermate e interrogate dalla polizia. Nella notte tra il 30 e il 31 ottobre una sessantina di stelle di David, simboli della religione ebraica, sono state dipinte su diversi edifici e banche del 14° arrondissement della capitale (attualmente tuttavia le autorità investigative seguono la pista di un’operazione di ingerenza russa, legate all’uomo di affari moldavo Anatolii Prizenko e alla rete di propaganda pro-russa Doppelgänger).

Ma è a livello politico che il conflitto in Medio Oriente ha causato fratture profonde e trasversali. La marcia di domenica è stata preceduta da enormi polemiche per la presenza della leader dell’estrema destra Marine Le Pen, che per la prima volta ha partecipato “ufficialmente” con altri dirigenti del suo partito al corteo; e per l’assenza del leader della sinistra populista Jean-Luc Mélenchon che ha rifiutato di prendere parte alla manifestazione, assieme al suo partito, per l’assenza di una richiesta di cessate il fuoco tra le parole d’ordine della marcia. 

Marine Le Pen

La “normalizzazione” di Le Pen

“Siamo esattamente dove dobbiamo essere”, ha dichiarato Marine Le Pen ieri durante la marcia contro l’antisemitismo. “Una meschina politica politicante” ha aggiunto poi con riferimento alle critiche della sinistra e della maggioranza di governo per la sua partecipazione al corteo, a causa del passato antisemita del suo partito.

Anche se la partecipazione di Le Pen è avvenuta senza troppi problemi, una cinquantina di manifestanti hanno cercato di bloccare la strada alla delegazione RN e hanno iniziato a scandire slogan come “Et nous on dégage les fachos” (“Ci liberiamo dei fascisti”) e “Le Pen, casse-toi, les Juifs veulent pas de toi” (“Le Pen, sparisci, gli ebrei non ti vogliono”). L’azione è stata organizzata dal collettivo Golem, guidato dall’avvocato Arié Alimi e da altri “ebrei di sinistra”. Il corteo di estrema destra ha quindi cambiato percorso. Una ventina di persone vestite di nero, con guanti da motociclista e bandiere della Ligue de défense juive (LDJ) – un’organizzazione ebraica di estrema destra dichiarata illegale negli Stati Uniti e in Israele e che in Francia è stata responsabile di numerose atti di violenza, come l’assalto alla sede di AFP – Agence France Presse – ha cercato di entrare in contatto con i membri del collettivo di sinistra ma sono stati bloccati dalla polizia.

Una partecipazione, quella di Le Pen al corteo di domenica, che la stampa francese considera come una nuova tappa nel processo di “de-demonizzazione” del partito di estrema destra, nel tentativo di far dimenticare all’opinione pubblica la storia del suo partito. Un obiettivo che non è legato al peso elettorale esiguo della comunità ebraica francese. Si tratterebbe piuttosto un obiettivo simbolico: una strategia di normalizzazione che la leader dell’estrema destra persegue da un decennio e che negli ultimi tempi, con la presenza di 88 deputati all’Assemblée Nationale, è diventata sempre più esplicita. Normalizzazione e responsabilità che dovrebbero aiutare Marine Le Pen – o qualcun altro, se il peso del cognome fosse elettoralmente un ostacolo – a centrare l’obiettivo della presidenza della repubblica quando si voterà nel 2027. 

Dopo gli attacchi di Hamas contro i civili israeliani, Le Pen e il suo partito hanno continuamente espresso un forte sostegno a Israele. Subito dopo gli attentati, la leader dell’estrema destra aveva dichiarato che “il Rassemblement National è il miglior scudo per i francesi di fede ebraica”, slogan ripetuto da Jordan Bardella, il giovane presidente del suo partito. Marine Le Pen ha anche ricordato di aver espulso nel 2015 il padre e fondatore del partito, Jean-Marie Le Pen, dopo che questi aveva ripetuto le sue affermazioni negazioniste sulla Shoah, poiché “ci sono argomenti sui quali non possiamo permettere che sorga alcuna ambiguità”, aveva dichiarato. In un’intervista rilasciata a Le Journal du Dimanche, Jordan Bardella ha aggiunto poi di “riconoscere le condanne giudiziarie di Jean-Marie Le Pen”, “un fatto che non può, per definizione, essere confutato”, cambiando una posizione ambigua che inizialmente aveva tenuto sull’ex leader del partito. Qualche giorno fa, inoltre, per la prima volta, un eletto RN, la deputata Mathilde Paris, aveva dichiarato su BFMTV – “a titolo personale” – che Jean-Marie Le Pen fosse un antisemita.

Sullo sfondo c’è anche al battaglia politica a destra sull’immigrazione. La maggioranza parlamentare è impegnata da mesi nella definizione di un nuovo testo di legge, ispirato dalla destra gollista all’opposizione, che consenta di trovare un equilibrio tra posizione dura contro l’immigrazione illegale e misure, poche, per l’integrazione.

Una strategia, quella di Le Pen, che punta a “de-demonizzare” il suo partito e “demonizzare” altri partiti estremisti. La leader di RN ha saputo infatti approfittare delle ambiguità di Jean-Luc Mélenchon e del suo movimento sugli eventi del 7 ottobre. “Sembra che alla France Insoumise” ha dichiarato Marine Le Pen, unendosi al coro di critiche contro le posizioni della sinistra populista, “ci sia una gara a chi riesce a essere il più spregevole”: “per il momento” ha aggiunto “è appena salito sul podio più alto, ma potrebbe essere detronizzato, conoscendolo, da un altro dei suoi colleghi”. 

Jean-Luc Mélenchon

L’isolamento di Mélenchon

Jean-Luc Mélenchon e il suo partito hanno deciso di non partecipare alla manifestazione di ieri, a differenza del Partito Socialista, di Europe Ecologie-Les Verts e del Partito Comunista, presenti nonostante le dure critiche per la partecipazione di Le Pen al corteo. Per giustificare la decisione di boicottare la marcia del 12 novembre, La France Insoumise, il partito di cui Mélenchon è il leader indiscusso, aveva ritenuto prima “impraticabile” marciare senza l’esistenza di un appello al cessate il fuoco poi “a fianco di un partito nazista”, dopo che i leader del Rassemblement National (RN), Marine Le Pen e Jordan Bardella, avevano aderito all’appello dei presidenti delle camere. “Gli amici del sostegno incondizionato al massacro hanno un appuntamento”, ha twittato il leader LFI, in quello che ormai è il solo mezzo che utilizza, non essendo più parlamentare. 

Le polemiche contro La France Insoumise sono iniziate poco dopo gli attentati del 7 ottobre da parte di Hamas, quando i dirigenti del partito si sono rifiutati di definire “terrorista” il movimento palestinese. Durante una conferenza stampa presso l’Assemblea nazionale, la presidente dei deputati LFI, Mathilde Panot, aveva voluto chiarire la posizione del suo partito ma aveva nuovamente rifiutato di qualificare Hamas come gruppo terroristico. La deputata aveva dichiarato che Hamas “è il braccio armato che oggi è responsabile dei crimini di guerra.” 

Socialisti, verdi e comunisti – alleati di Mélenchon e di LFI nella coalizione di sinistra Nupes – hanno tutti preso le distanze e attaccato duramente l’ex candidato presidenziale e il suo partito. Dopo giorni di polemiche per l’iniziale rifiuto di La France Insoumise (LFI) di descrivere Hamas come un’organizzazione “terroristica”, le dichiarazioni della deputata LFI Danièle Obono a Sud Radio, che ha definito Hamas un “gruppo politico islamista con un’ala armata”, hanno aggiunto benzina sul fuoco. La deputata aveva anche definito Hamas “un movimento di resistenza”. Recentemente si è aggiunto poi il deputato LFI David Guiraud, accusato di aver relativizzato le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre in Israele, facendo un parallelo con i massacri di Sabra e Shatila in Libano nel 1982, per i quali ha attribuito – erroneamente – la responsabilità diretta a Israele.

Le posizioni di LFI hanno causato l’immediata reazione degli alleati di sinistra ma anche dei “frondisti” all’interno del partito, stanchi della guida solitaria del movimento da parte di Mélenchon.

Il segretario del PS Olivier Faure aveva avvertito che la posizione di La France insoumise su Hamas avrebbe avuto “gravi conseguenze” sul futuro della coalizione di sinistra. “È inaccettabile che la direzione di La France Insoumise non possa dichiarare che Hamas è un’organizzazione terroristica”, aveva dichiarato. I deputati del PS avevano così sospeso la loro partecipazione al contro-progetto di legge finanziaria della coalizione. “Non c’è spazio per relativizzare quello che è successo. Non c’è altra parola che terrorismo. Non possiamo né qualificare né attenuare”, aveva aggiunto il presidente del gruppo socialista, Boris Vallaud, a un giornalista di Libération. Dalle colonne di Le Parisien, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, anche lei da tempo contraria all’alleanza di sinistra, aveva poi accusato Olivier Faure di mettere “tutti al muro”, esortandolo a dare prova di “coraggio”. Qualche girono dopo, il Partito socialista ha votato quindi una “moratoria” sulla sua partecipazione alla Nupes, sospendendo la partecipazione all’alleanza e al gruppo interparlamentare. Il segretario socialista Faure ha indicato proprio nel leader de La France Insoumise il principale responsabile dei problemi della Nupes.

Anche la deputata ecologista Sandrine Rousseau, una delle personalità più note della sinistra, aveva proposto di “mettere in pausa i lavori parlamentari di Nupes, mentre i leader dei partiti si parlano”; intanto, il segretario del PCF, Fabien Roussel, intervenuto su FranceInfo, dichiarava che la Nupes è una “coalizione ormai superata, bisogna rinnovarla” e ieri, infine, il PCF ha deciso di sospendere la propria partecipazione alla coalizione.

I rapporti tra i partiti di sinistra erano già tesi. PS e LFI erano in lotta da diversi mesi, in particolare a causa del rifiuto dei socialisti di presentare alleanze di sinistra alle ultime elezioni senatoriali e alle elezioni europee del 2024, una strategia che renderebbe il PS dipendente da LFI (e con il rischio, vista la legge elettorale proporzionale per le europee, di prendere meno voti). Questo accade mentre un’inchiesta della Fondation Jean Jaurès e Le Monde indica che per la prima volta una maggioranza di francesi ritiene La France Insoumise più pericolosa del Rassemblement Nationale di Marine Le Pen per la democrazia francese.

I problemi però sono anche interni al partito di cui Mélenchon è il fondatore e leader indiscusso. Qualche giorno fa LFI ha sospeso la deputata Raquel Garrido, uno dei volti piu noti di LFI e un tempo molto vicina Mélenchon. Le è stato ordinato di “non parlare più a nome” de La France insoumise all’Assemblea per quattro mesi, la stessa pena comminata dal partito a Adrien Quatennens, ex delfino di Mélenchon, accusato di violenze domestiche contro la moglie. L’ufficio del gruppo parlamentare del movimento l’ha accusata di “false informazioni” e “denigrazione”. Su FranceInfo, Garrido aveva accusato l’ex candidato alle presidenziali di aver “danneggiato” il movimento “per dieci mesi”, più precisamente “per forse un anno, dall’affare Quatennens”. Garrido era stata una delle deputate che aveva criticato l’ambiguità del suo partito sugli attentati terroristici di Hamas, assieme a un gruppo di “frondisti” interni al movimento, sempre piu in difficoltà di fronte al peso politico senza contrappesi che il leader LFI ha all’interno del movimento. Garrido è la compagna di Alexis Corbière, deputato e altro volto noto di LFI, anch’esso un tempo molto vicino a Jean-Luc Mélenchon, che ha preso immediatamente le distanze dalle posizioni LFI, dichiarando che “Hamas NON è un movimento di resistenza”. Qualche giorno fa, poi, su RTL, la deputata Clémentine Autain, un altro volto noto del partito e vicina a Mélenchon, ha definito un “errore politico” il fatto che LFI non abbia usato la parola “terrorista” per descrivere Hamas.

La posizione di LFI è stata criticata anche dal deputato François Ruffin, uno dei volti più noti del movimento e con ambizioni non nascoste di essere il prossimo candidato presidente della sinistra francese. Ruffin, che è salito alla ribalta con le sue azioni a sostegno del movimento dei gilet gialli, negli ultimi tempi si è spostato verso il centro. In un’intervista al Nouvel Observateur aveva dichiarato di considerarsi un socialdemocratico. Di fondo il deputato ritiene che ci sia bisogno di una baricentro che possa riconquistare il voto delle classi popolari e rurali che si sono rifugiate nell’astensione e nel voto RN. Una strategia molto diversa da quella di Jean-Luc Mélenchon che ritiene che il suo nucleo elettorale sia radicale e che la principale fonte di voti siano gli astenuti delle periferie delle grandi città. Secondo il politologo Pascal Perrineau, l’ambiguità di Mélenchon sul conflitto tra Israele e Hamas, sarebbero motivate da un interesse elettorale nei confronti dei francesi di fede musulmana. Anche solo ottenere un parte di quei voti astenutisi alle ultime elezioni gli consentirebbe, pensa, di passare al secondo turno, ottenendo i voti necessari dei “moderati” di centrosinistra e dei moderati in generale, nel richiamo al voto utile.

Immagine di copertina: da X/Twitter Philippe RIO @prio91350 Sindaco di Grigny.

I big della politica in marcia a Parigi, con Le Pen, senza Mélenchon ultima modifica: 2023-11-13T16:00:37+01:00 da MARCO MICHIELI
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