Monito dal voto argentino: il populismo non ha limiti

Questa volta il presente e il futuro del gigante latinoamericano è veramente un'incognita. Se Milei attuasse alla lettera il programma strillato in campagna elettorale l’Argentina rischierebbe di non esistere più.
GRISELDA CLERICI
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Alla fine ha vinto proprio lui, Javier Milei. L’uomo con la motosega, “el loco” anarco-capitalista. Con il 55,69 per cento dei voti ha battuto Sergio Massa, candidato peronista che il 22 ottobre, nella prima tornata elettorale, era risultato primo e che ora si è fermato al 44,31 per cento. Javier Milei diventerà presidente il 10 di dicembre, precisamente nel giorno del quarantesimo anniversario della vittoria della democrazia dopo l’ultima dittatura. Il destino, a volte, gioca veramente brutti scherzi. Vicepresidente designato e ministro degli interni sarà Victoria Villarruel, figlia e nipote di militari, avvocata che ha difeso pubblicamente il soldato Juan Daniel Amelong, condannato per crimini contro l’umanità durante la stessa dittatura. Cattolica tradizionalista, nemica dei diritti civili e umani, vuole riscattare l’onore dei militari contro i “terroristi” che hanno insanguinato la storia argentina dal ’76 all’83. Le vittime trasformate in carnefici.

Questa volta il presente e il futuro dell’Argentina è veramente un’incognita. Se Milei attuasse alla lettera il programma strillato in campagna elettorale il Paese sudamericano rischierebbe di non esistere più. Le prime dichiarazioni dopo il voto parlano della privatizzazione di tv e radio pubblica, della privatizzazione dell’YPF, l’azienda petrolifera, e della privatizzazione di Telam, l’agenzia stampa più importante del Paese. Ma se cancellasse, come promesso, tutti i sussidi e privatizzasse per intero scuola, sanità, trasporti, una immensa tragedia sociale si sovrapporrebbe a condizioni di vita già oggi molto difficili a causa di una crisi e un’inflazione che viaggia sul 140 per cento.

Per il momento sembra un po’ sbiadito l’annuncio, dopo il voto, del famoso e temuto progetto di dollarizzazione, cioè dell’utilizzo ufficiale della valuta americana al posto del peso.

Questa operazione, al centro della campagna elettorale, farebbe precipitare ancora di più il valore della moneta locale rendendo praticamente impossibile trovare poi finanziatori sui mercati. Un progetto che, insieme alla proposta di abolizione della Banca Centrale e la cancellazione di ogni forma di stato sociale porterebbe rapidamente sul lastrico la quasi totalità della popolazione. Già oggi due argentini su cinque vivono in condizione di povertà. Milei sembra non demordere, invece, sulla cancellazione della legge sugli affitti. Propone, da subito, il pagamento del canone nella moneta che sceglieranno “le parti”. In realtà a scegliere saranno solo i proprietari degli immobili, che vorranno, quasi certamente, essere pagati in dollari.

Il successo elettorale è particolarmente importante nelle aree interne. A Mendoza il neo presidente raggiunge il 71 per cento. A Cordoba il 74 per cento. Resistono le zone popolari di Buenos Aires. A Matanza, roccaforte peronista, Sergio Massa raggiunge il 61 per cento contro il 39 per cento di Milei. Come non notare che in questi posti è stato rieletto governatore il peronista Axel Kicillof, ex ministro dell’economia del governo di Cristina Kirchner, uomo di solida cultura keinesiana ed espressione della sinistra del partito. Oggi, a disastro avvenuto, si può dire che il fronte progressista ha scelto alle presidenziali un candidato che da ministro dell’economia in carica era visto come il responsabile delle indubbie difficoltà economiche del Paese.

Di fronte all’ultrapopulismo il candidato moderato Massa è stato travolto. Qui si apre un capitolo che non può essere sormontato. La vulgata prevalente ha sempre parlato di peronismo come il principale baluardo di espressione di atteggiamenti populistici. Da tempo le cose andavano diversamente. Dai governi Kirchner in poi il peronismo si è sempre configurato, tra limiti e contraddizioni, come espressione di una sinistra capace di contrastare le coalizioni della destra. Oggi la destra di Macri e della Bullrich ha appoggiato pubblicamente ed è risultata decisiva per la vittoria di Milei. Il voto dei quartieri ricchi di Buenos Aires si è aggiunto a quello popolare del loco. La casta vera ha votato per l’anticasta. L’intenzione è quella di pilotare le forme e i contenuti del futuro governo.

Come si vede il populismo ha un unico sbocco politico: la destra estrema.
Dietro il volto pirotecnico dell’uomo con la motosega si affacciano l’ombra dei nostalgici della dittatura militare e gli interessi delle ricche famiglie che hanno appoggiato e sostenuto il governo di Macri. Non è un caso che tra i primi a congratularsi con Milei e a chiedere la collaborazione sia stata Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, il quale fondo aveva elargito a Macri un prestito di 44 miliardi, che pesa come un macigno sulle possibilità economiche dell’Argentina. Descrivono molto bene l’aria che si respira anche le congratulazioni di Elon Musk e di Trump (“orgoglioso dell’exploit del loco”). Un rebus risulta essere il voto dei radicali divisi tra l’astensione e l’appoggio a Massa, ma la quasi inesistenza di schede bianche fa supporre che alla fine l’odio antiperonista abbia prevalso dirottando, nell’intimità della cabina elettorale, il voto su Milei.

Questo voto è un avvertimento, un allarme per tutti. Non solo perché potrebbe rapidamente cambiare la collocazione geopolitica di un paese come l’Argentina, ma anche perché segnala che il populismo non ha limiti. Dopo Trump e Bolsonaro (che il 10 dicembre sarà presente all’investitura di Milei) nelle Americhe si è andato oltre l’immaginabile. La disperazione sociale alimenta una crisi della democrazia che sembra irreversibile. Il populismo si nutre delle sue vittime predestinate. I nullatenenti si affidano a quelli che promettono il taglio di ogni forma di sussidio. Un vero e proprio harakiri. Dietro il taglio dei privilegi si nasconde il taglio dei diritti sociali e civili. L’esasperazione distrugge ogni relazione sociale, ogni forma di umanità e ti consegna totalmente inerte all’“uomo nuovo”. In realtà ti consegna al capo che, suonando il flauto magico, ti porta verso l’abisso mentre promette una nuova rinascita.

“L’Argentina tra qualche anno diventerà una grande potenza mondiale”, ha affermato il neo presidente. Non si capisce per quale miracolo possa accadere tutto ciò. Ma coloro che hanno difficoltà estreme, i vecchi e i nuovi poveri di questo gigante sudamericano, si aggrappano a un miraggio nel deserto come se fosse una verità incontrovertibile. Il populismo trasfigura la realtà. Trasforma la speranza in paura e la paura in odio. Ora l’odio è verso la classe politica che ha governato prima. È un odio che obnubila le menti. È un odio che non ti fa accorgere che proprio il pezzo di politica più coinvolto nel disastro sociale del Paese si sta riciclando sul carro dei vincitori.

Javier Milei

Bisognerà osservare attentamente in questi mesi cosa accade tra i militari, chi assumerà ruoli di rilievo nelle gerarchie di comando. Sergio Massa ha annunciato, dopo la sconfitta, un rinnovamento generazionale dei peronisti. È auspicabile, ma sicuramente non basterà.

Dovrebbe essere accompagnato da un rinnovamento culturale e programmatico. Sarà interessante vedere come si evolveranno i rapporti tra il nuovo governo e Papa Francesco. Milei ha ripetutamente insultato il vescovo di Roma e la sua politica sociale è, ovviamente, agli antipodi di quella del pontefice argentino.

Il mio pensiero ora torna ripetutamente alle Abuelas de Plaza de Mayo. Estela Carlotto ha detto che il voto è stata una doccia gelata per il suo cuore. Chiederanno un incontro al nuovo presidente. La ricerca dei loro nipoti rubati vivi non si fermerà. Come non si fermerà la denuncia degli assassini della dittatura militare che rapì, torturò e uccise trentamila argentini. Ora però questo lavoro ha bisogno di una grande attenzione e solidarietà internazionale. I fari dell’opinione pubblica mondiale devono essere puntati su di loro perché possano continuare questa attività di giustizia e democrazia. Ora più che mai l’informazione e la condivisione saranno necessarie per sorreggere l’impegno che si sono date e che portano avanti da quarant’anni.

Nunca más.

Monito dal voto argentino: il populismo non ha limiti ultima modifica: 2023-11-21T14:41:46+01:00 da GRISELDA CLERICI
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