Qui la sera muore nei gelsomini,
muore piano e non sembra, la ragazza assolta all’alba, semi di miglio intorno agli occhi.
Muove appena al petalo, alla corolla, le ciglia più bianche, scintilla che viene incontro all’avorio indiano, sapore segreto,
più segreto ancora del custodito principio del diletto.
Così lieve, così fondo, esotico passaggio, giada chiara a bocca soffiata
per il pugnale che spezza con un solo scatto l’anello di Saturno,
congiunto e senza ritorno.
(Temo le parole, dicono talvolta il futuro, ma non sono io,
epoche d’oltremondo del primo segno per il corno del cervo, preesistenze del pensiero. E ridono, sento, come bambini ridono gli dèi, battono un piccolo tamburo.)
Che il mondo indugi infinitamente, infinitamente indugi il sogno,
ché muore la ragazza accanto alla siepe del gelsomino, il cortile ne è pieno,
per questo muore, per la bellezza è felice, e non sembra.
–
“Qui la sera muore”, di Mirjana Zarifovic

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