Politically Correct
Una rubrica di Matteo Angeli
Condividi
PDF

ddl Zan bis, una battaglia contro i numeri

MATTEO ANGELI

Dopo sei mesi di stop obbligato, riprende la battaglia parlamentare per dare all’Italia una legge contro l’omotransfobia. Lo ha annunciato giovedì a Repubblica Alessandro Zan, l’autore della proposta naufragata lo scorso 27 ottobre in Senato. “Il ddl Zan sarà ripresentato dalle senatrici e dai senatori del Pd, mercoledì prossimo… Lo stesso testo, perché è quello che aveva avuto il via libera alla Camera a larga maggioranza, voluto da Pd, Movimento Cinque Stelle, Leu e anche da Italia Viva e da una parte di Forza Italia”, ha dichiarato il deputato dem. 

Una lotta sacrosanta e, al contempo, una scommessa azzardata. Al Senato i sostenitori del ddl Zan non avevano i numeri sei mesi fa, perché oggi la situazione dovrebbe essere cambiata? Secondo Alessandro Zan, adesso la maggioranza che allora affossò il suo disegno di legge non c’è più, il voto del 27 ottobre sarebbe stato vittima di “altre partite politiche… a cominciare da quella per l’elezione del presidente della Repubblica”. Inoltre, la Lega sarebbe oggi “molto in difficoltà”. 

La matematica smentisce in parte questo ragionamento. La coalizione che approvò il disegno di legge alla Camera può contare al Senato su un totale di 133 esponenti (39 del Pd, 73 del M5S, 15 di Italia Viva e 6 di Leu), una cifra lontana dai 161 necessari per avere la maggioranza. Gli equilibri sono praticamente invariati rispetto allo scorso 27 ottobre, quando Pd, M5S, Italia Viva e Leu mettevano insieme 134 voti

Il secondo problema è legato ai tempi. Mancano solo undici mesi alla fine della legislatura. Probabilmente troppo pochi per un’iniziativa che ha dimostrato di essere molto divisiva, nonostante Zan sostenga che “se c’è la volontà politica, nulla è impossibile. Ho visto leggi discusse e approvate in poche settimane”. 

Il problema, oltre a quello dei numeri e delle tempistiche, sempre proprio quello: la volontà politica. Perché la destra, che solo sei mesi fa gioiva sguaiatamente in aula per aver centrato quella che riteneva un’importante vittoria, dovrebbe essersi improvvisamente ravveduta? Sperare che Lega e Fratelli d’Italia dicano sì allo stesso testo che hanno affossato con cotanta determinazione, è una pia illusione. Soprattuto se si tiene conto che la battaglia culturale su questi temi ha avvelenato anche il dibattito politico italiano, rendendo i compromessi particolarmente difficili. 

Resta un’estremamente flebile speranza: almeno una parte di Forza Italia saprà comportarsi da centrodestra moderno, finalmente maturo su questi temi, o continuerà ad allinearsi alle posizioni dei suoi alleati estremi, come del resto ha fatto nel recente passato? 

Nell’intervista alla Repubblica, Zan ha fatto capire che neanche questa volta il Pd sarà pronto a negoziare sul concetto di “identità di genere”, necessario per contrastare la discriminazione e la violenza verso le persone transgender. Questo era uno dei nodi principali che in passato hanno reso impossibile la mediazione. 

Va precisato che il concetto in sé non presenta alcuna problematica, perché definisce la percezione che ognuno ha di sé in quanto uomo, donna o altro, indipendentemente dal fatto di aver affrontato una riassegnazione chirurgica del sesso. È usato in molti trattati internazionali. In Francia ad esempio, la legge che punisce le discriminazioni contro le persone Lgbt, impiega il termine “identità di genere” per riferirsi alle persone trans. In Italia però, le forze reazionarie hanno approfittato dell’arretratezza del dibattito su questi temi per far passare messaggi come: “il ddl Zan cancellerà le donne” e  “aprirà la strada alla possibilità per un uomo di definirsi donna, senza una certificazione ufficiale”. 

Si tratta di meschine strumentalizzazioni, dato il ddl mirava a punire la discriminazione, la violenza e l’incitamento alla violenza contro le persone Lgbt, introducendo delle aggravanti, e non si occupava in nessun modo di regolamentare la transizione di genere. 

Sta di fatto che, senza una mediazione su questo punto, non era possibile trovare una maggioranza sei mesi fa ed è improbabile che ne venga trovata una ora. Per evitare di far saltare il tavolo, in passato Italia Viva aveva rispolverato la “proposta Scalfarotto”, che proponeva di sostituire “identità di genere” con “discriminazioni fondate sulla transfobia”. Un compromesso che avrebbe consentito di salvaguardare lo scopo della legge. 

Questa volta una mediazione sembra ancora più difficile. Le destre avranno una sincera volontà di negoziare? C’è da dubitarne, visto il modo spregiudicato in cui cavalcano questi temi, seminando la confusione, da veri avvelenatori di pozzi. Basti pensare alla proposta di legge avanzata da Giorgia Meloni, che propone “di perseguire la maternità surrogata come reato universale”, e che è stata adottata pochi giorni fa dalla commissione giustizia. Su questioni complesse viene proposta una semplificazione oscurantista, a puri fini elettorali.

I parlamentari che lottano contro la discriminazione e l’odio verso le persone Lgbt hanno davanti a sé un terribile dilemma: vale la pena cercare un compromesso con una destra che assomiglia sempre più a quella americana, o meglio aspettare e sperare che nel 2023 gli equilibri politici cambino a favore delle forze progressiste? 

L’Italia ha urgentemente bisogno di una legge contro l’omotransfobia. Ma è altrettanto vero che un ennesimo, ravvicinato flop potrebbe pregiudicare ulteriormente la causa. Forse, con tali premesse e in queste condizioni, è meglio attendere, per evitare che la storia si ripeta due volte, prima come tragedia e poi come farsa. 

ddl Zan bis, una battaglia contro i numeri ultima modifica: 2022-04-24T14:24:11+02:00 da MATTEO ANGELI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!