il potere delle donne e le donne di potere
Le rivendicazioni della donne pesano più che mai nello scontro politico francese. A pochi mesi dalle elezioni presidenziali, tre partiti importanti hanno scelto di puntare su una candidatura femminile. Il centro-destra de Les Républicains si presenta con Valérie Pécresse. Il Rassemblement national, con Marine Le Pen, al suo terzo tentativo. Il partito socialista, con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che però è data in serio affanno dai sondaggi e potrebbe uscire di scena anzitempo.
Che le lotte delle donne avrebbero giocato un ruolo particolare, lo si era visto già in settembre, durante le primarie del partito ecologista. Allora Sandrine Rousseau si qualificò a sorpresa per il secondo turno. Attirò l’attenzione con le tesi eco-femministe, sul nesso tra il comportamento predatorio dell’uomo verso la natura e le donne. Ciò non le bastò per vincere contro il più quotato Yannick Jadot, che sarà il portabandiera degli ecologisti in aprile. Tuttavia, l’onda lunga della battaglia femminista di Rousseau rimane, e si spinge ben oltre il perimetro del suo partito.
Perfino a destra conviene strizzare l’occhio alle donne. Qui, agli estremi, c’è il polemista Éric Zemmour, che per decenni si è lasciato andare a dichiarazioni misogine scandalose, come “il potere evapora a contatto con le donne”. Ora questo per lui è un tallone d’Achille. Marine Le Pen – che con Zemmour lotta più o meno per gli stessi voti – ne approfitta. Insiste sul suo essere donna di potere, conscia che il voto femminile è sempre più importante per il suo Rassemblement national. Non era certo così quando il padre teneva le redini del partito. Detto ciò, il femminismo di Le Pen resta molto discutibile, perché si declina principalmente in chiave anti-immigrazione e anti-Islam.
C’è poi Valérie Pécresse, la candidata della destra repubblicana, che più volte durante la sua carriera ha cercato di distinguersi giocando la carta femminile. “C’è una forma d’audacia nello scegliere una donna, la destra gollista non lo ha mai fatto”, ha rimarcato la vincitrice delle primarie di destra e di centro. Nel 2015, durante la campagna vittoriosa per la presidenza della regione Île-de-France, fece discutere affermando: “Voglio una regione pulita. Non c’è niente meglio di una donna per fare ordine”. L’ex consigliera di Chirac e ministra di Sarkozy rivendica di essere una “dame de faire”, una donna del fare, che però in francese suona come “dame de fer”, la lady di ferro Margaret Thatcher. A lei Pécresse s’ispira apertamente: “Sono due terzi Merkel, un terzo Thatcher”.
Attenzione però, a destra non c’è una sincera attenzione per i temi legati alla parità uomo-donna. La stessa Pécresse precisa: “Sono femminista ‘per natura’, non contro gli uomini”, aggiungendo di essere contraria a ogni forma di decostruzione e politicamente corretto. “Una donna esercita il potere in modo differente?”, le è stato chiesto in questi giorni. “No”, ha risposto seccamente. Allora perché è importante una candidatura femminile?
Per dimostrare che “una donna può dirigere”, ha spiegato Pécresse. Il parallelismo con Merkel è evidente. L’ex cancelliera tedesca ha aspettato la fine della sua carriera per definirsi femminista. In sedici anni al potere, non ha mai preso una posizione chiara e forte sulla parità di genere. Ciononostante, resterà nella storia come un importante esempio di emancipazione femminile, perché ha dimostrato che una donna può governare la Germania.
Le bambine e le ragazze cresciute durante il cancellierato di Merkel possono dire: “Un giorno al suo posto potrei esserci io”. Il contributo di Merkel alla causa delle donne dipende quindi non tanto da quello che ha fatto, ma da quello che è stata: una delle dirigenti politiche più potenti e popolari al mondo.
Lo stesso potrebbe valere per Pécresse. Può fare la storia, diventando la prima presidente donna della Repubblica francese. Questo spinge la sua candidatura, rendendola attrattiva anche al di là del tradizionale elettorato di centro-destra. Il fatto poi che l’attuale inquilino dell’Eliseo si dica “femminista”, non cambia tanto l’equazione. Anzi. Sulla parità di genere Emmanuel Macron ha un bilancio in chiaroscuro.
È vero, egli ha introdotto misure contro le molestie per strada, per allungare il congedo di paternità, per garantire la procreazione medicalmente assistita a tutte le donne. Ha contribuito a portare più donne all’Assemblea nazionale: quasi la metà delle deputate della maggioranza sono di sesso femminile. Ma i due rami del parlamento sono ancora guidati da uomini. Il segretario generale dell’Eliseo è ancora un uomo. Come quasi tutti uomini sono i membri della cerchia ristretta del presidente. Quel che è peggio, l’autoproclamato femminista Macron non ha saputo trovare un primo ministro donna.
Il presidente si è comportato come se in tutta la Francia non ci fosse una donna in grado di essere a capo del governo. In qualche mese, i suoi concittadini avranno l’occasione per smentirlo e mettere proprio una donna al suo posto.

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