Politically Correct
Una rubrica di Matteo Angeli
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la cortina arcobaleno

MATTEO ANGELI

Il continente europeo è sempre più spaccato sulle questioni Lgbt. Dopo l’Ungheria e la Polonia, la Romania è il terzo stato membro dell’Ue in cui è stata presentata una proposta di legge “contro la propaganda Lgbt”. Il modello è la legge federale russa “con lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia”. Approvata nel 2013 all’unanimità dalla Duma, essa include tra le informazioni che è vietato veicolare ai minori quelle che “promuovono relazioni sessuali non tradizionali… finalizzate a creare nel minore un orientamento sessuale non tradizionale”. 

Cavallo di Troia della propaganda russa, queste proposte di legge seguono lo stesso schema, che alla fine è quello usato oggi pure dai conservatori americani. Ci si oppone alla normalizzazione delle percezioni nei confronti di persone gay, bi o trans. Con la scusa di voler proteggere bambini e adolescenti, si vuole perpetrare la discriminazione verso le persone Lgbt, derubricando le loro identità a propaganda pericolosa per giovani menti facilmente influenzabili. In questo modo si difendono vecchi pregiudizi.

La verità è che i reazionari uniti in questa internazionale omofoba non sono veramente preoccupati per i minori, ma hanno piuttosto paura di quello che essi potrebbero diventare. Guai a chi esce dagli schemi dell’eteropatriarcato! Così si condannano le nuove generazioni a vivere la loro identità sessuale come una colpa, con tutte le conseguenze che ne deriveranno per la loro salute. 

A fine aprile il senato rumeno ha approvato un disegno di legge che punta a censurare ogni discussione nello spazio pubblico sull’omosessualità e l’identità di genere. L’obiettivo è assurdo: evitare che un giovane fino a diciotto anni sappia che esistono orientamenti diversi da quello eterosessuale e che l’identità di genere non corrisponde necessariamente a quella determinata alla nascita. Se tale legge entrasse in vigore, potrebbero esserci, ad esempio, un divieto dei pride e una censura di contenuti tv, spettacoli e libri che menzionano la comunità Lgbt. Come in Ungheria, dove è ormai vietata ogni raffigurazione positiva delle persone Lgbt, con l’interdizione di rappresentarle in film, libri e altri contenuti destinati a un pubblico con meno di diciott’anni. O come in Polonia, dove è stata avviata una riforma del sistema educativo finalizzata a sanzionare gli insegnanti che sostengono in classe gli studenti Lgbt, o che trattano temi come la lotta alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sul genere.

La proposta di legge spinta dagli esponenti dell’Unione democratica magiara di Romania, referente della minoranza ungherese nel paese, è probabilmente destinata a naufragare alla Camera dei deputati, dove si terrà il voto decisivo. Infatti, è sì vero che la Romania è un paese molto conservatore su questi temi, ma è altrettanto certo che essa non ha interesse a mettersi contro la Commissione europea, la quale innescherebbe probabilmente una procedura d’infrazione, come ha fatto con l’Ungheria. 

Sta di fatto che la proposta di legge segna l’ennesimo tentativo di venire meno a una serie di impegni assunti proprio quando il paese entrò nell’Unione europea. In Romania, essere omosessuali non è più un crimine solo dal 2001. Prima si rischiavano fino a cinque anni di carcere. L’ultima persona condannata nel paese per questo reato uscì di prigione nel 1998. 

La regressione riguarda in generale i paesi dell’est. Su questi temi essi non sono sempre stati fanalino di coda. Basti pensare che la Polonia ha depenalizzato l’omosessualità molto presto, nel 1932. L’Ungheria e l’allora Cecoslovacchia lo fecero nel 1961, la Bulgaria nel 1968. Con la fine della cortina di ferro e il processo di adesione all’Unione europea – che ha tra i suoi principi il rispetto di una serie di diritti umani, tra cui anche quelli Lgbt – vennero poi adottate una serie di importanti leggi. In Ungheria ad esempio le unioni civili tra persone dello stesso sesso diventarono legali nel 2009. Oggi nell’Ue restano pochi stati che non prevedono ancora il matrimonio egualitario o le unioni civili tra persone dello stesso sesso: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia. 

Le leggi contro la “propaganda gay” sono quindi il pericoloso sintomo di una retrocessione sui diritti figlia del  populismo omofobo di alcuni leader politici. Il loro calcolo è semplice. Cercano di capitalizzare sulla visione conservatrice che in Europa dell’est ancora prevale su questi temi. Infatti, secondo uno studio del 2019 del Pew Research Center, la percentuale di coloro i quali credono che l’omosessualità dovrebbe essere accettata nella società varia molto secondo l’area geografia: Svezia (94 per cento), Paesi Bassi (92 per cento), Spagna (89 per cento), Francia e Germania (86 per cento), Italia (75 per cento), Ungheria (49 per cento), Polonia (47 per cento), Bulgaria (32 per cento), Lituania (28 per cento). 

Sempre più leader dell’Europa orientale flirtano con le percezioni conservatrici della loro popolazione. Ungheria, Polonia e ora Romania sono solo la punta dell’iceberg. Pure il presidente ceco, Miloš Zeman, l’anno scorso s’è lasciato andare ai microfoni di Cnn dicendo che le persone transgender “lo disgustano”. La identità Lgbt sono in questo modo sempre più al centro di una guerra culturale tra Ovest e Est, che prende di mira tutte le libertà legate alla sfera sessuale, a favore dei “valori tradizionali” della nazione. Dove passava la cortina di ferro, aleggia oggi una cortina arcobaleno. 

la cortina arcobaleno ultima modifica: 2022-05-13T18:02:06+02:00 da MATTEO ANGELI
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