La paura non è un diritto
Il pezzo odierno di Luca Ricolfi su “La Ragione” è un esempio da manuale del discorso che ha addormentato l’Italia di fronte all’ascesa di Giorgia Meloni e dei suoi accoliti post-fascisti. In “Grassofobia e altri tabù” l’autore rivendica il “diritto di manifestare sentimenti di paura verso determinate categorie di persone”. L’incipit è scontato. Ricolfi si scaglia contro il (fu) ddl Zan.
Appare inquietante – oltreché vagamente medievale – usare la legge penale per reprimere o indirizzare i sentimenti… può avere senso perseguire un sentimento aggressivo come l’odio ma non certo la paura,
comincia così la lezioncina del prof Ricolfi. Ci mette dentro anche l’avversione verso gli stranieri.
Perseguire xenofobia, omofobia e transfobia equivale a sostenere che la gente non abbia il diritto di manifestare sentimenti di paura verso determinate categorie di persone.
Si vuole privare la gente del diritto di avere paura di gay e trans (oltre che degli stranieri) – questo il senso del suo ragionamento.
Poveri omofobi, vogliono censurare i loro sentimenti! L’omofobia è ridotta a un tabù. Troppo sleale e abietto è il ragionamento, che serve a poco ricordare che in realtà l’articolo 4 della proposta di legge contro l’omotransfobia tutelava “la libera espressione di convincimenti… purché non idonei a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. In altre parole, il presunto diritto ad avere paura invocato da Ricolfi era pienamente tutelato, salvo quando questa può portare ad atti di discriminazione e violenza.
Con la sua riflessione Ricolfi difende una libertà che non vale niente. La libertà d’opprimere gli altri. Il diritto dei bulli a essere tali. Sul piano politico è evidente che il pezzo di Ricolfi s’inserisce nel bisogno di una parte dei commentatori italiani di adulare il nuovo esecutivo. Di dire ai nuovi governanti che possono spingersi un po’ più in là. Come se per farlo avessero bisogno del benestare di qualcuno…
Difendere l’inesistente diritto dei politici a esprimere paura verso certe categorie di persone significa avallare il loro discorso discriminatorio, che avvelena il clima nel paese. In questo modo il passaggio dalla paura all’odio e dall’odio alla violenza diventa solo una questione di tempo.
Avere paura di chi è diverso non è un diritto. Non averne è un dovere, fondamentale affinché tutti i cittadini abbiano “pari dignità sociale e siano eguali davanti alla legge”, così come prescrive la nostra costituzione.
Ricolfi cerca poi di banalizzare l’omotrasfobia parlando di un “allungamento del brodo delle fobie”, con riferimento all’obiettivo del ddl Zan di contrastare anche misoginia e abilismo. “La prossima volta che il Pd ripresenterà anche il ddl Zan dovrà includere anche i grassi”, continua Ricolfi, in un allucinante paragone con cui dà contro agli uni e agli altri.
“L’ultima novità è la campagna contro la presunta fobia, quella verso chi è obeso o sovrappeso”, pretende di spiegare Ricolfi, lamentando che
per grassofobia s’intende non solo il dileggio di chi è grasso ma anche qualsiasi consiglio amichevole di adozione di uno stile alimentare volto a tenere sotto controllo il peso.
Non si può più dire ai grassi che devono dimagrire, accipicchia!
C’è qualcosa di radicalmente invadente e molesto nel voler dire agli altri come vivere. In questo sfrenato bisogno di giudicare o meno l’appropriatezza dei loro comportamenti. La discriminazione nei confronti delle persone sovrappeso, la derisione del loro corpo, è un problema gravissimo rispetto al quale la società sta finalmente prendendo coscienza. È una forma d’odio, non di paura.
Un personaggio pubblico, che parla di diritto a manifestare sentimenti di avversione verso determinate categorie di persone, fa passare il messaggio che è giusto difendersi da quelle persone. Viste le categorie in questione, sembra quasi un’incitazione all’odio. Basta leggere il titolo del pezzo “Grassofobia e altri tabu”. I tabù sono di solito un qualcosa da rompere, no?
Non è mischiando omotransfobia e grassofobia che la dignità di queste lotte verrà scalfita. Il paragone inverosimile tracciato da Ricolfi ricorda invece l’uscita di Meloni sulle devianze in campagna elettorale, quando lei disse di voler investire nello sport per “combattere le devianze e crescere generazioni di nuovi italiani sani e determinati”. Tra le devianze Fratelli d’Italia incluse anche l’obesità. Ciò ci ricorda che spesso le discriminazioni hanno una matrice comune, nel desiderio del bullo di prendersela contro tutto ciò che è altro da sé. Lo spettro è quello di una dittatura volta a imprigionare le identità e i corpi ritenuti non conformi.
Questo sì che è “inquietante – oltreché medievale”. O meglio (post)fascista.

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