Politically Correct
Una rubrica di Matteo Angeli
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l’ossessione anti-Lgbt di Orbán

MATTEO ANGELI

Non è andata come Viktor Orbán sperava. Il referendum anti-Lgbt tenutosi il giorno stesso delle elezioni parlamentari, s’è rilevato un flop. Il 3 aprile, non è stato raggiunto il quorum del 50 per cento di voti validi, necessario per far passare l’iniziativa. Ciò non ha però impedito a Orbán di farsi rieleggere primo ministro per un quarto mandato. 

Il referendum puntava a ottenere l’avallo della popolazione ungherese rispetto alla legge introdotta nel giugno dello scorso anno, che vieta di mostrare ai minori contenuti che “promuovono l’omosessualità o il cambio di sesso”. È così fallita la prova di forza contro Bruxelles, che a suo tempo aveva definito la legge “vergognosa” e avviato una procedura d’infrazione ai danni di Budapest. 

Col pretesto della “protezione dei bambini”, il referendum proponeva quattro domande formulate in maniera espressamente faziosa:

  1. Sostieni lo svolgimento di eventi informativi sull’orientamento sessuale dei minori, nelle scuole pubbliche, senza il consenso dei genitori?
  2. Sostieni la promozione tra i minori dei trattamenti di riassegnazione di genere?
  3. Sostieni l’esposizione illimitata dei minori a contenuti mediatici sessualmente espliciti, che potrebbero influenzare il loro sviluppo?
  4. Sostieni che vengano mostrati ai minori contenuti sulle procedure di cambio di genere? 

Senza sorpresa i “no” hanno prevalso, ma quel che conta è che non sono riusciti a raggiungere il quorum. In tal modo, la crociata anti-Lgbt di Orbán inciampa, ma è lungi dall’arrestarsi. Durante il suo terzo mandato, il premier ungherese ha infatti messo l’omotransfobia al centro della sua azione politica, in una stretta contro la comunità Lgbt che fa purtroppo scuola tra le altre forze conservatrici nel continente. 

Tutto è cominciato nel maggio 2020, quando il parlamento ungherese ha approvato una legge che vieta il riconoscimento legale delle persone transgender e intersessuali. Da allora, nel paese è impossibile cambiare su documenti e atti la categoria del “sesso alla nascita”, per farla coincidere col proprio genere. Una misura brutale, che condanna le persone trans e intersessuali a costanti umiliazioni, discriminazioni e violenze. 

Nel dicembre 2020, poi, l’Ungheria ha modificato la costituzione, al fine di ridefinire il concetto di famiglia in chiave esclusivamente eterosessuale. “La famiglia è basata sul matrimonio e sulla relazione genitore-figlio. La madre è una donna, il padre è un uomo”, dice la nuova versione della costituzione, che prescrive addirittura che i figli vengano cresciuti in uno spirito conservatore, “secondo i valori basati sulla nostra cultura cristiana”. Questo emendamento alla legge fondamentale di fatto mette fine alle adozioni da parte delle coppie dello stesso sesso, che fino a questo momento avevano invece potuto accedervi facendo una domanda individuale.

Lo scorso giugno, l’attacco si è fatto ancora più frontale: il parlamento ungherese ha approvato una serie di emendamenti che cancellano le persone Lgbt da ogni materiale scolastico o dai programmi televisivi destinati alle persone con meno di diciott’anni. “Ci sono contenuti che i bambini di una certa età possono travisare e che potrebbero avere un effetto nocivo sulla loro crescita, o che i bambini semplicemente non possono processare e che perciò confonderebbero il loro sviluppo dei valori morali o l’immagine che hanno di sé o del mondo”, spiegò in quell’occasione un portavoce del governo. Con la nuova legge, solo le organizzazioni approvate dal governo possono parlare di sessualità a scuola. Inoltre, le grandi compagnie che vogliono sostenere pubblicità solidali con la comunità Lgbt – come fece Coca Cola nel 2019 – non sono autorizzate a farlo se la pubblicità in questione raggiunge anche chi ha meno di diciott’anni. 

Il copione è lo stesso della legge “per lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia”, ovvero la legge russa “contro la propaganda gay”. La comunità Lgbt diventa così il capro espiatorio per eccellenza, si ritrova alla ribalta di un dibattito politico che punta a capitalizzare consensi facendo leva sull’omotransfobia. 

La comunità Lgbt viene dipinta come nociva per i minori, le persone trans come una minaccia per i diritti delle donne. Questo è il sottotesto che accumuna Orbán e i suoi accoliti. È una vera e propria ossessione che unisce le forze conservatrici, dagli Stati Uniti alla Russia, in un’internazionale anti-Lgbt.

Col referendum di qualche giorno fa, Fidesz, il partito di Orbán, voleva dimostrare che la società ungherese sostiene questa caccia alle streghe. Ha fallito nel suo tentativo, ma resta del tutto improbabile che la legge anti-Lgbt venga abrogata. L’omotransfobia è un ingrediente centrale del conservatorismo che Orbán sogna di esportare in tutta Europa. Esso dipinge le persone Lgbt come una minaccia fondamentale ai “valori tradizionali” della nazione. Un corpo estraneo figlio di una propaganda straniera mirata a indebolire il dna del paese e sovvertire le sue nuove generazioni. 

I toni sono da regime totalitario: le persone gay, bi e trans vengono disumanizzate, ridotte a propaganda e abbandonate in questo modo all’odio e la violenza. 

Rompere l’ossessione omofoba di Orbán passa anche dalla non banalizzazione del discorso dei suoi seguaci nostrani. Mentre in Italia questo sforzo fatica a decollare, a livello europeo si sta formando una grande alleanza – che va dagli ecologisti ai popolari – contro l’internazionale del sovranismo omofobo. L’Unione europea ha nel suo mirino l’Ungheria, anche con la consapevolezza che in gioco c’è più del destino della comunità Lgbt del posto. È una lotta di civiltà, per i fondamenti del nostro vivere insieme. 

l’ossessione anti-Lgbt di Orbán ultima modifica: 2022-04-08T20:23:03+02:00 da MATTEO ANGELI
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