Politically Correct
Una rubrica di Matteo Angeli
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un’equazione perversa

MATTEO ANGELI

L’exploit dell’estrema destra di Marine Le Pen è la più grande (e più brutta) sorpresa del secondo turno delle elezioni legislative in Francia. Il Rassemblement national ha fatto incetta di deputati, accaparrandosi ottantanove seggi. Molto più di quanto previsto dai sondaggi della vigilia, che davano al partito di Le Pen tra i trenta e i cinquanta parlamentari. Molto più di quello che era stato di gran lunga il miglior risultato del partito dei Le Pen, ovvero i trentacinque deputati nel 1986, quando però esisteva ancora il proporzionale. 

Per farsi un’idea, alle scorse elezioni, nel 2017, il soggetto di estrema destra aveva centrato “solo” otto deputati. Oggi la compagine lepenista è moltiplicata di undici volte. Questo fa del Rassemblement national il secondo più grande partito nell’emiciclo, dietro solo a Renaissance (il nuovo nome della République En Marche di Emmanuel Macron), che può contare su 170 deputati. Se si guarda alle coalizioni, lo schieramento di Le Pen è terzo, dietro Ensemble! (che mette insieme i centristi di Rennaisance, Modem e Horizons e si attesta a 245 seggi) e il fronte della sinistra unita, la cosiddetta “Nupes” (ferma a 131 seggi, essa mette insieme comunisti, verdi, socialisti e soprattutto La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon).

Il “fronte repubblicano”, cioè la strategia con la quale nel passato i vari soggetti politici – di destra e di sinistra –  invitavano tra i due turni a votare contro il candidato lepenista, è andato in mille pezzi, travolto dal buldozzer della banalizzazione. Il problema non è solo che il Rassemblement National è ormai una scelta plausibile agli occhi di sempre più elettori. A essere svuotata di senso è la tattica del “cordon sanitaire”, l’idea di unirsi per fare sbarramento contro la destra xenofoba, alleata degli Orbán, dei Morawiecki e di tutti gli altri che cercano di picconare la democrazia in Europa.

Vent’anni fa, nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen arrivò al secondo turno delle presidenziali, i francesi si unirono per portare Jacques Chirac all’Eliseo e, qualche settimana più tardi, replicarono: alle legislative il Front National non riuscì a conquistare nemmeno un deputato.

Oggi la situazione è totalmente diversa. Nei centootto duelli che hanno visto opporsi Ensemble! e il Rassemblement National, lo schieramento di Macron ha prevalso cinquantacinque volte e quello di Le Pen cinquantatré. Ancora peggio l’esito dello scontro con le forze di sinistra. Al secondo turno Nupes e Rassemblement National si sono sfidati in cinquantanove circoscrizioni. Le forze lepeniste hanno prevalso trentatré volte, quelle che fanno a capo a Mélenchon solo ventisei.

Questo è dovuto in larga parte al fatto che gli elettori centristi e di sinistra non hanno fatto fronte comune contro Le Pen, rompendo la tradizione del cordone sanitario. Secondo l’istituto di sondaggi Harris Interactive, nei duelli Nupes-Rassemblement National, coloro che al primo turno avevano votato per Ensemble si sono astenuti nel 48 per cento dei casi, hanno votato Nupes nel 34 per cento dei casi e Rassemblement National nel 18 per cento dei casi.

Negli scontri tra Ensemble e Rassemblement National poi, il 45 per cento di coloro che ha votato Nupes al primo turno è restato a casa, il 31 per cento di essi ha votato un candidato macronista e ben il 24 per cento ha supportato l’estrema destra.

La classe politica, di centro e di sinistra, porta una fetta di responsabilità. In entrambi i campi ha prevalso il “ni, ni”, in un’equazione perversa che ha finito per mettere sullo stesso piano l’avversario (di centro o di sinistra) e l’estrema destra.

Tra i macronisti, la prima ministra Elisabeth Borne ha affermato: “Nessun voto all’estrema destra”, aggiungendo però che “quando un candidato Nupes in maniera molto chiara non rispetta i valori repubblicani, insulta i nostri poliziotti, domanda di non sostenere più l’Ucraina o vuole uscire dall’Europa, noi non chiediamo di votare per lui”. In maniera non dissimile, il suo predecessore Edouard Philippe ha suggerito che il fronte repubblicano si sarebbe dovuto fare “caso per caso”. Intanto i candidati di Ensemble martellavano contro la sinistra di Mélenchon e compagni, demonizzandola e mettendola sullo stesso piano dei lepenisti.

Una tattica speculare a quella adottata dalla gauche, che si è allineata alle consegne formulate dal suo leader, Mélenchon, dopo la sconfitta alle presidenziali. Ovvero, “non un voto al Rassemblement National”. Ma questo è ben diverso dal dire di votare per Macron.

A ciò si aggiunge la porosità tra quel che resta della destra repubblicana – Les Républicains – e i lepenisti. Ben il 35 per cento dei loro elettori ha sostenuto un candidato di estrema destra, sia nei testa a testa coi centristi sia in quelli con la sinistra. La tanto ostracizzata “unione delle destre” è ormai realtà, perlomeno nella testa di una parte di elettorato.

“Né Macron né Le Pen” a sinistra, e “né Mélenchon né Le Pen” al centro. Con queste parole d’ordine, Ensemble! e Nupes hanno cercato di mettersi reciprocamente i bastoni tra le ruote. Ma a che prezzo? Così facendo hanno lasciato campo libero all’altro nemico, quello che sì, detesta i valori della repubblica.

Ne valeva davvero la pena? Le elezioni legislative di domenica hanno smentito una volta per tutte l’assunto secondo cui se anche Le Pen vincesse alle presidenziali, non riuscirebbe mai a controllare l’Assemblea nazionale. L’incubo dell’estrema destra al potere è oggi un po’ più vicino.  

un’equazione perversa ultima modifica: 2022-06-22T21:34:21+02:00 da MATTEO ANGELI
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