Tra_Monti
Una rubrica di Marcello Di Martino
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Blowing in the wind: il Morrone

Punta, come le nuove generazioni amano dirsi, alla fontanella di Lama. Manca, per indole solipsistica, Wolf (del monte Secine), che ci raggiungerà a Passo San Leonardo. La formazione in campo è variata sensibilmente. Entrano tre esterni di fascia offensiva e di difesa: Sandro, alias muscoletto, Marco, passo lento ma costante, Noris, scandisce il ritmo, alla guida. Noi siamo quelli del Monte Rotella. Last minute si sfila Filippo, nostro compagno del Porrara. 

Passo San Leonardo ti fa toccare con le dita la cima della Majella. Quel Monte Amaro, da molti considerato la meta più ardita della stagione. Un’erta direttissima conduce in cima e il Dottore, la cui maniacale rincorsa al consumo di calorie lo ha tanto affinato e allenato, ci fa un pensierino. Tanto sa già, sappiamo già, che se solo lo presume, poi lo fa. Perché le sue sfide non hanno scampo. Nonostante l’ora mattutina, raggiungiamo il punto di partenza pochi minuti dopo le sette, il sole è malato, l’umidità offusca lo skyline ed un inziale vento caldo mi fa addirittura partire in maniche corte. 

Il sentiero è il Q3, lungo, interminabile, con tanti saliscendi e tante sorprese: il sentiero delle Signore. In lunghi tratti carreggiate autostradali pianeggianti con pendenza minima si alternano a rampe più impegnative ma non faticose. Faggi sradicati lungo la traccia fanno presagire che lì il vento soffia, soffia spesso e, per citazione musicale, soffia ancora

All’uscita dalla faggeta, il rifugio Capotosto, dove al ritorno troveremo una allegra (senza vino) compagnia di giovani pacentrani a mangiucchiare panini. Non sapremo mai se poi si sono avventurati al raggiungimento del Morrone, quota 2061. Morrone che evoca in un riflesso incondizionato Pietro, eremita e poi per poco Celestino V.

Ho il cappello di lana marito della paglietta che è rimasta sul sedile posteriore della Jeep. Il vento comincia a farsi sentire ma non ce la farà a sradicarmelo dalla testa. Marito fedele. Lo sherpa per antonomasia, Tonino Piccone junior da non confondersi con l’omonimo a me congiunto indirettamente, prende una decisione ardita, trasgredendo il suo ruolo di vigile e ligio compagno di cordata. Lascia il sentiero Q3 e conquista quota sulla sinistra, attribuendo alla traccia sottostante una traiettoria eccessivamente lunga e con continue perdite di quota. Lo seguono ignari di cosa li aspetterà i componenti del trio laziale. Con zio Adri restiamo osservanti della scrittura Q3 e non ce ne pentiremo. In questo segmento e poi ancor più sulla cima il vento mi farà rimpiangere i miei ottantaquattro chili. Quando, poi, è favorevole mi aiuta quasi librandomi dal suolo. 

Il laghetto della Madonna è ridotto ad uno stagno, dove una nutrita mandria di vacche Marchigiane si abbevera e sguazza. Ci supera una coppia dall’andatura marziale che non ritroveremo in cima, perché già ridiscesa. 

Ci oltrepassano anche i tre compagni di viaggio che si erano avventurati fuori traccia, smadonnando per la fatica di Sisifo a cui si erano inutilmente sottoposti, con esiti ai legamenti del ginocchio e dell’anca. Arrivo sul Morrone, per la prima volta non per ultimo, mi segue a breve distanza Marco, malconcio dal dirottamento. Non trovo nessuno dei miei e come nella canzone italiana di Dylan ai miei richiami “risposta non c’è o forse chi lo sa caduta nel vento sarà”. Si sono riparati in un anfratto di rocce, dove trovo la targa su cui è inciso wish you were here.

Mi ci fermo a pensare e mi viene in mente Michel che aveva la montagna nel cuore. Avrei voluto che fosse lì con me. Pizza integrale farcita, di diversi centimetri quadrati. Sulmona e la Valle Peligna da un lato e tutta la Maiella occidentale dall’altro: il meritato risarcimento della fatica. La maglia nera di lana cotta è l’antidoto alla forza del vento. Sulla via del ritorno, Sandro e Noris se la svignano temendo ulteriori conseguenze alle articolazioni già provate. Al rifugio Capotosto, si sgancia anche la coppia sherpa-wolf, che opta per una puntatina sulla destra ad onorare il cippo che ricorda Tamara e Diana, le giovani ventenni padovane, vittime del “delitto del Morrone”. 

Alle mie spalle ascolto la parola “marciume”. Sono due giovani che ci seguono e che avevo già salutato sulla vetta. E li interrogo subito. Dismettere gli abiti dell’insegnante non mi è stato e non mi sarà proprio agevole. Studiano enologia ad Udine, da periti agrari. E gli argomenti non mancano: Alanno dove sono stato membro esterno di maturità, Zironi e Fregoni, le Cantine abruzzesi. Poi si fermano e mi ringraziano della compagnia. Chiacchieriamo assai con Marco e la mia curiosità non tarda ad esprimersi. Fotografo di cerimonie, separato con nuova compagna, figlia venticinquenne estetista. Ci salutiamo davanti all’albergo Celidonio, dove Sandro, che iniziai alla montagna sul Porrara, ormai oltre trent’anni fa, e che non nasconde il suo profondo affetto che prova per me, mi ringrazia quasi con gli occhi lucidi della bella passeggiata sul sentiero delle Signore.

Il vento, anche se qui a casa troppo caldo, si conquista il titolo dell’escursione.

Blowing in the wind: il Morrone ultima modifica: 2022-02-25T08:30:09+01:00 da Marcello Di Martino
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