Tra_Monti
Una rubrica di Marcello Di Martino
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Elogio dell’idroelettrico: il lago del Goillet

[La diga del lago del Goillet, ultimata nel 1947, ha un’altezza di 48,60 m e un invaso che ha una capacità utile di oltre undici milioni di metri cubi d’acqua. La particolarità di questa diga a gravità è la sua realizzazione perfettamente rettilinea]

Sarà per le mie origini, il cordone ombelicale reciso dalla frana del 2005. Il 20 aprile del 2005 alle ore 6.55, un masso di 2.000 metri cubi decapita la palazzina costruita dalla SME nell’immediato dopoguerra. Aventino I, 8,2 MW, Taranta Peligna. L’idroelettrico mi ha visto nascere e fare i primi passi. Così, nei miei giorni in Valle d’Aosta, ne ho dedicato due, il primo programmato in partenza, il secondo arrivato per necessità, all’acqua che produce energia. 

L’ovovia è per Plan de Maison, da Cervinia, biglietto solo andata, senior, con richiesta di documento di identità. Lusinga per i miei 65 anni. L’uovo cabina è vuoto. Tutto perfetto, con distacco automatico e discesa non assistita. Il macchinista è originario di Domodossola. Mi accompagna fuori dall’impianto per indicarmi il tragitto da seguire per raggiungere il lago del Goillet. Mi racconta in pochi istanti la sua vita di funivia, iniziata per caso a poco meno di vent’anni. Oggi, ai prodromi del pensionamento, è sceso a Plan de Maison, dopo aver trascorso gran parte della sua esistenza lavorativa oltre i 3.000  metri della stazione del Plateau Rosà. Un innalzamento di carriera ed un abbassamento di quota. Non affetto da misantropia della Valle.

Prima di avviarmi, mi mostra una mega-cabina a forma di ottagono, ormai dismessa da anni e oggi ristorante, la cui strana e antica capienza di 154 posti mi lascia esterrefatto. Una sorta di reperto archeologico dell’era funiviaria.

Raggiungo, dopo tratti in salita e poi discendenti la roccia da aggirare per scendere alla diga del Lago del Goillet. Non trovo più il  segnale del 65 che poi diventerà il sentiero numero 16. Mi dirigo verso sinistra, dove paralleli solchi sul terreno disegnano probabilmente un sentiero. Che non è il 65, che poi diventerà il 16. Raggiungo un elevato grado di disorientamento. Mi avrebbe portato, tempo addietro e in circostanze analoghe, a riprendere la via del ritorno. L’età e il luogo non sono dello stesso avviso. E allo sconforto fa posto l’ostinazione. Riesco così a scorgere un passaggio non proprio agevole ma nemmeno impossibile. L’attenzione e la consapevolezza di stare da solo mi sono d’aiuto per raggiungere la parte superiore della diga che fa da sbarramento al Lago del Goillet. 

Il cancello di accesso è chiuso. Peccato. Sono così costretto a scendere un tratto di sentiero, in ombra, innevato. Ed alla sua base, trovo una piacevole sorpresa: una nutrita famiglia di stambecchi. Non proprio in grandissima forma, spelacchiati ed imperturbabili alla mia presenza. 

La diga è imponente e contiene il Lago più grande della Valle. Potrò costeggiare l’invaso solo dopo essere risalito in quota “diga” (oltre i 2.500 metri) per una parte del 65 leggermente esposta. Roccette scivolose ed erte, percorso ristretto e sdrucciolevole. E il tracciato mi procura un leggero senso di vertigine che cerco di mettermi alle spalle quanto prima. E mi ritrovo d’incanto sull’argine in pietra del lago. Limita la golena per l’eventuale superamento in altezza delle sue acque. 

Il cielo è grigio. Non m’impedisce di cogliere le tante tonalità di colore dell’acqua, il verde, l’azzurro, il blu scuro. E sferza anche un vento freddo che mi fa coprire. Il lago del Goillet è il primo attore, ma le montagne che lo circondano, prima fra tutte il Cervino, oggi particolarmente timido, non sono lì a fare da comparse.

 La solitaria visione di questa incantevole jont-venture natura/opera dell’uomo è interrotta dalla presenza di una coppia papà-figlia rispettivamente in posa self-fotografica. Proprio due chiacchiere, e poi mi avvio per il ritorno. 

Ad oltre settant’anni dalla sua costruzione, sono ancora evidenti i resti della ferrovia di servizio e le baracche ospitanti i lavoratori che  resero possibile la diga. Costeggio, intersecandola quando le accorciatoie di sentiero mi sono d’aiuto, la strada che conduce su fuoristrada da Cervinia alla diga del Goillet. 

Anche qui non mancano i fischi delle marmotte. Escono e rintanano a velocità supersonica. E anche qualche goccia di pioggia. Con poco meno di due ore sono al punto di partenza. Ai due panini riservo lo scenario del lago Bleu, piccolo invaso fuori Cervinia. Il cui colore resiste alla variabilità atmosferica. La scorza del caciocavallo è in un solo boccone preda di una papera che abita questo spettacolo d’acqua.

Elogio dell’idroelettrico: il lago del Goillet ultima modifica: 2022-04-16T09:16:52+02:00 da Marcello Di Martino
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