Tra_Monti
Una rubrica di Marcello Di Martino
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Il Cairo sulla Gustav per il 25 aprile

[Fascia di fortificazioni  tedesche costruita nel 1943 in montagna, dal Tirreno all’Adriatico, da Cassino ad Ortona]

Sono con Luca. Mio allievo. Figlio putativo. Riemerso dalla oscurità di un abisso. Profondo. Terelle, campo base. 905 metri, 300 abitanti. Una torre medievale soffocata dall’alluminio anodizzato. Rimesse con serrande scrostate. Grigi blocchi di cemento. Lo scempio trova la sua apoteosi poco fuori dal centro abitato. Dove lasciamo la Jeep. Dove i ruderi cannibalizzati di un inverecondo fabbricato, adibito anni addietro probabilmente a ristorazione, stordiscono le migliori intenzioni. L’intensità dell’azzurro sopra di noi, il nero decomposto dello chassis di un televisore ad impedire i primi passi verso il Cairo.

La carrareccia, comoda, in leggera ascesa, conduce al bivio galeotto. A sinistra, con sbarra che inibisce il transito veicolare, ha inizio una strada al calcestruzzo. A destra, con fondo simile al precedente, continua il tracciato dell’itinerario forestale. Per la selvicoltura, la zootecnia estensiva e il turismo sostenibile. Optiamo per la via mancina, coerenti con l’itinerario riportato sui A piedi nel Lazio, guida rivelatasi stantia, e a seguito dell’help telefonico raccolto da un caro amico, il cui ricordo del Cairo risaliva ad altra era geologica. Confonde ancor di più l’orientamento un cartello metallico, sbiadito e a tratti illeggibile, che indica la direzione per un indefinito Rifugio della Forestale. Raggiungiamo così su questa improbabile pavimentazione, le “Casermette”. Dormitorio tedesco, recentemente ristrutturato con inserzioni di nuove costruzioni. Il tutto a destinazione turistica. 

Da qui, prima timidamente, poi in modo impudente, il sentiero si imbatte con quel che resta di un rovinoso incendio (la devastazione risale al 26 agosto del 2017: l’intera pineta, oggetto di rimboschimento negli anni 50 con migliaia di lavoratori, e le opere di assestamento idrogeologico perse definitivamente. La risposta intelligente alla feroce barbarie nazista colpevole di aver spogliato crudelmente il fianco del Cairo, vanificata irrimediabilmente dalle fiamme). I macabri vessilli, totem ancora inceneriti, e l’odore in filigrana della cenere  sono ancora lì dopo tanti anni. Il fortino tedesco con trincea è l’unico accesso ancora agevole. Da qui l’armata tedesca posta sulla linea Gustav controllava la distesa verso il mare, con l’abbazia di Montecassino in primo piano. 

A partire dalla fortificazione teutonica, il sentiero è continuamente una prova di Obstacle Course Race per addestramento militare: tronchi  a terra quali ostacoli naturali a rendere il superamento del percorso estremamente difficoltoso.  E quando, dopo tanta fatica, ai prodromi del recesso, meglio tornare indietro, così non si può più andare avanti una via laterale si stacca in orizzontale e ci offre la via di scampo. Alla pineta, si sostituisce poco dopo prima un tratto arbustivo di rosa canina, poi un bosco di carpini e roverelle, a seguire la faggeta. Successivamente si libera una erta erbosa mista a roccette esposte. E  non manca la componente equina al pascolo. Una cotica erbosa ancora acerba, mista a macchie di neve nelle zone d’ombra, fa da parca mensa a giumente e puledri. E la frugalità del menù si combina appieno con la docilità della piccola mandria, indisturbata e sonnacchiosa al nostro passaggio. Una sorta di inedia equestre riempie l’aria. 

Il tratto che precede la cima, la cui apparizione è quanto mai improvvisa, rispecchia la ormai solita  partitura del preludio alla vetta. Pendenze estreme, terreno sconnesso, passaggi fra rocce gelate alla base, segnali bianco-rossi sempre più sbiaditi ed evanescenti. Un colpo di grazia che rende però grazia. Croce imponente, tridimensionale, farcita di pietre al suo interno. Cippi a memoria. Altro vessillo più in là sulla cresta, su breve percorso innevato. La immancabile teca metallica delle presenze. Frittata con i peperoni rossi. Le galline di Antonietta sono sempre generose, come lei, che le cura amorevolmente mentre ruspano nella campagna ai piedi della Maiella. Il ristoro è amplificato dai due panorami che innesca la cresta. Sud ovest, pianura vista mare. Inframmezzata dai monti Aurunci, con Ischia e il Vesuvio. Nord est, la Mainarde innevate, i Monti della Meta, il Matese e l’Appennino Marsicano. È un giorno feriale e la montagna è deserta. Luca vede il Molise. Terra dei suoi avi. La casa in abbandono dei nonni a lui cari lo fa riflettere sulle relazioni parentali e sulle distanze fra le generazioni. Sugli approcci alle cose, alla natura, alla campagna. Scanditi da pratiche innate non più replicabili.

Al rientro, nello scendere, ci spostiamo verso sinistra. La nuova segnaletica da poco allestita ci dà le indicazioni per “la cava di rena”. Aree attrezzate per pic nic, staccionate intonse, sistemazioni idrauliche ecocompatibili, sentiero “autostradale”. L’intervento è finanziato da fondi europei ed è ben fatto. 

Riprendiamo la carrareccia lasciata erroneamente al mattino e con qualche chilometro in agevole traiettoria raggiungiamo “l’ecomostro”. E Terelle torna alla ribalta con le sue brutture. Ma anche con le sue bellezze, il suo beato isolamento, la pausa e il ritmo lento dei suoi pochi abitanti. Anziani per lo più, accennano ad un timido saluto al nostro passaggio. Sono le poche memorie oculari ancora viventi. L’occupazione nazista imperversò ferocemente su questo territorio con morte di civili e con devastazione dell’ambiente montano. 

Così diversa sei adesso, io son sempre lo stesso, sempre diverso (Piccola città, Francesco Guccini)

Il Cairo sulla Gustav per il 25 aprile ultima modifica: 2022-04-23T09:26:13+02:00 da Marcello Di Martino
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