Tra_Monti
Una rubrica di Marcello Di Martino
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Il calendario di Bominaco

Fortebraccio, alias Mario Melloni,  per noi datati comunisti del secolo scorso, fu pungente corsivista dell’Unità. Memorabile il duello giornalistico ingaggiato con Indro Montanelli e il suo quotidiano denominato, nella schermaglia di parole, “Il Geniale”. Sarcasmo puro, quando si trattava di raccontare le gesta di Amintore Fanfani e di Mario Tanassi.

Per l’uscita del giorno, Fortebraccio è Braccio da Montone, capitano di ventura e condottiero del 1400. Fu lui a provocare la morte del Feudatario Castellano della Rosa e la distruzione del Castello di Bominaco,  meta della escursione odierna. Di quel Castello, poi ricostruito da Cipriano di Iacobuccio da Forfonaoggi, restano i ruderi  e la robusta  torre cilindrica restaurati di recente, dopo anni, secoli, di abbandono. 

Siamo in provincia dell’Aquila, nel Comune di Caporciano, nella frazione di Bominaco. Qualche decina di abitanti, neve fresca gelata ai margini, sole e cielo terso. Ma soprattutto qui sorge il complesso della Chiesa di Santa Maria Assunta e dell’Oratorio di San Pellegrino, il motivo  decisivo con cui ho esercitato l’arte della persuasione sulla mia accompagnatrice, nel cui guardaroba non trovano albergo zaini da montagna e da passeggio, né scarpe da hiking  e quanto meno da trekking.

L’ascesa al Castello è l’unica prova compromissoria che Claudia mi concede, essendo lei per indole ostile al movimento faticoso che il salire vuole. Il sentiero è scosceso,  sdrucciolevole per il la recente nevicata e in alcuni tratti è servito da gradoni messi in opera con pali e assi in legno. 

In poco meno di mezz’ora si è alla breccia del Castello. Il respiro corto e il viso accaldato non schermano l’accensione della rituale sigaretta, una volta entrati dentro le mura del maniero. Claudia, razionale per antonomasia, fa del fumo obiettivo di piacere e, per questo, voluto oggetto della ragione.

Siamo sui mille metri di altitudine, quota di certo inusuale in Tra_Monti. Il Monte Buscito, al cui culmine sorge il Castello di Bominaco, dimora del Feudatario, si eleva a 1.171 metri. La vista che si presenta al culmine della salita esprime il senso della sua collocazione proprio su quell’altura: il controllo della Piana di Navelli, gialla di zafferano, le cime innevate del Gran Sasso, del Sirente, del Velino, il Castello di San Pio delle Camere e, all’orizzonte, il più famoso di Rocca Calascio. Ci fermiamo, seduti sui ruderi di cinta, per godere al meglio lo spettacolo che il panorama ci regala. La luce e il colore del cielo, l’assenza di foschia e le abbondanti coltri bianche  amplificano l’appagamento dei sensi e fanno la fortuna dei nostri occhi.  

Sulle sbarre del cancello dell’Oratorio di San Pellegrino, troviamo, scritto a penna, il numero di casa del depositario di chiavi e di storia parlata del complesso monastico. L’appuntamento per la visita guidata è per le quattordici. Menù e trattoria, nella piazzetta antistante l’accesso al complesso monastico, sono seducenti ma non, per questo, possono essere corrisposti. Tempi stretti e necessità di essere puntuali fanno da contrasto alla forte tentazione. 

Pizze fritte integrali e formaggi, di diversa natura lattea e di crescente grado di maturazione, aiutano, tuttavia, a dare un senso all’attesa. In pieno inverno, a mille metri, ci siamo accomodati all’aperto. Nel tavolo accanto, non potrò dimenticare la vodka versata e ingurgitata in abbondanza, ad accompagnare i soli antipasti, da un gruppo di giovani slavi, che alternano alla loro lingua un Italiano perfetto.

Al buio naturale dell’Oratorio, hanno il sopravvento le luci a tempo e la voce suadente della nostra guida, Mario Andreucci. È un professore, ultrasessantenne in pensione, la cui famiglia è storica custode premurosa del complesso monastico. A lui, alla moglie e alla figlia sono affidate le chiavi e la cura dei due luoghi di culto e di immensa arte che ci apprestiamo a visitare. 

Accurata ricostruzione storica dell’insediamento benedettino, voluto da Carlo Magno nell’VIII secolo, puntuale descrizione degli affreschi, cronistoria della vita di Gesù e che occupano  in gran parte l’interno dell’Oratorio, minuziosa rappresentazione su due pareti opposte di un calendario, affresco unico del suo genere, e pacata e sottile ironia, quando  a chi è solito assegnare all’Oratorio il nomignolo di Cappella Sistina d’Abruzzo ricorda che Michelangelo Buonarroti l’ha affrescata tre secoli dopo, fanno di Mario Andreucci incantevole e ammaliante accompagnatore. 

L’Oratorio si fa piccolo alla visione dell’Abbazia di Santa Maria Assunta, sulla quale si apre un imponente portale romanico, sovrastato da una preziosa monofora.  Al suo interno, spiccano l’ambone, il ciborio e la cattedra abbaziale. Il sedile in pietra di Bominaco rappresenta con  il Trono di Carlo Magno nella Cattedrale di Aquisgrana l’unica coppia  originale di medesima fattura sopravvissuta  in Europa. 

Ma i sei mesi da un lato e sei mesi dall’altro, il succedersi dei giorni, delle fasi lunari e della operosità monastica  lasciano il segno. È l’affresco che non dà solo il titolo. Resta inciso, indelebile, nella nostra pellicola visiva.

Il calendario di Bominaco ultima modifica: 2022-12-19T01:05:59+01:00 da Marcello Di Martino
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