Il Guado di Coccia, verso la libertà
Oggi un gruppo si accinge a ripercorrere quegli aspri sentieri, i sentieri della libertà. Anch’io fui uno di loro, lasciai Sulmona, lasciai coloro che mi avevano accolto come un fratello…” (Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica)
La piazza di Campo di Giove con la banda. Va, pensiero, sull’ali dorate. Dopo due anni comandati dal Covid, riparte, a tappe, il Sentiero della Libertà, the Freedom Trail. Per me non è la prima volta, per Gemma e Jacopo, sì. Facce di sempre, facce nuove e facce ormai invisibili. Senza Mario Setta, la Marcia è zoppa. Il corteo, non proprio marziale, si addensa appena superato il cimitero. Da qui ha inizio il tracciato che conduce al rifugio del Guado di Coccia, 1767 metri. Tappa intermedia per raggiungere il Sacrario della Brigata Maiella. Rituale e simbolica conclusione di questo secondo segmento del Sentiero della Libertà. In retroguardia, posizione cara a Franco Contucci, figlio di partigiano morto sul campo di battaglia. Franco oggi non c’è.

L’avvio è lento e dolce è il primo tratto. Nel prendere quota, la striscia multicolore si dipana visibilmente sul percorso, prima di entrare nella faggeta e mimetizzarsi all’ombra del bosco. Qui l’ascesa si fa ripida, faticosa e intermittente. Le foglie ancora indecomposte si stratificano subdolamente e rendono scivoloso il procedere. La colonna sonora di studenti vocianti e cantanti mitiga fiato corto e accelerazione del battito. Alla porta di uscita dai faggi secolari, due opzioni. Una, più ardita sulla destra, ricalca la pista da sci. Senza un vero solco tracciato, palestra per amanti delle forti pendenze. Sulla sinistra, che seguirò, il percorso più lungo. Con linee di attacco all’asperità finale che conduce al rifugio decisamente meno erte e maggiormente coerenti con la mia complessione.

Skilift scheletriti, discariche metalliche, disegnano il primo profilo sulla via del Monte Porrara, 2.137 metri, passando in cresta per la Cima Ogniquota, 2.100 metri, e la traccia per Tavola Rotonda, 2.403 metri, da cui si raggiunge Monte Amaro, 2.797 metri, prima vetta della Maiella.
Ad accoglierci alla prima meta del giorno incrocio Franca, Tonino, Adelaide e Rosaria. L’architrave della Marcia. E la piacevole sorpresa di Roberta, inviata della TGR Abruzzo, il cui abbraccio surroga qualsivoglia barretta energetica rigenerante. Il vento in quota sferza freddo. Trovo in pochi centimetri quadrati del rifugio, gonfio di marciatori alle prese con birre e brindisi al vino, l’anfratto per cambiarmi e restituirmi addosso quel gradevole senso di asciutto.
Pane e frittata protagonisti del ristoro.

E si riparte, appena svalicato il Guado di Coccia (1.674 metri), dal cippo lapideo dedicato a Ettore De Corti. Friulano, sottotenente dell’Aeronautica, poi partigiano, ferito e poi trucidato dalla barbarie nazista, a difesa di suoi compagni, tutti salvi, in fuga. Medaglia d’oro al valor militare. Oggi, senza tromba che intona “il Silenzio”. Chitarra e “Bella Ciao” onorano Ettore. Tappa commovente ed estremamente formativa per i tanti studenti della Scuole presenti.

Da qui, la marcia si trasforma in puntiforme. Come se si avvertisse quell’anelito di libertà che il Sentiero evoca. Come se essere “regimentati” nel serpentone vincolasse i propri gradi di autodeterminazione. Unica certezza è la cerniera che il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza chiude alle nostre spalle, sempre in retroguardia.

Il tracciato, sebbene con vernice fresca, non segue la traiettoria “naturale” che condurrebbe alla stazione di partenza di quel che resta della funivia di Palena, macabro vessillo della inefficienza pubblica ed esempio palmare di quanto possa essere deleteria la vischiosità della burocrazia nel nostro Paese. La segnaletica si sviluppa sulla sinistra, su segmenti non contigui e di sovente in saliscendi. Si perde quota molto lentamente. Ci si intrattiene, così, in piacevoli chiacchierate con i liceali di Lanciano. Della recente Guerra di Liberazione in Ucraina, dei loro futuri percorsi universitari. Di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente senza necessariamente annoverarsi fra i neolitici pentiti. Dei miei “anni di piombo” trascorsi a Bologna, del “privato è politico”. Dei miei allievi ammaliati dal fascino evocativo del Sentiero della Libertà.
E il panorama si espande ai Monti Pizzi e a tutte le piccole comunità della Valle Aventino. Al Mare Adriatico e alla Maiella Orientale. Uno scenario che libera l’anima dalle scorie quotidiane. E quel che resta dell’Eremo benedettino di San Nicola di Coccia, fondato nel X sec, testimonia di quale beatitudine godessero i monaci che qui albergavano nella preghiera e nella meditazione. E siamo ancora sui 1.300 metri. E qui sulle vestigia dell’eremo, nuova ed ultima sosta. Prima di raggiungere nei pressi del cimitero di Palena la statale che porta, questa volta in fila ad occupare una sola carreggiata, al Sacrario della Brigata Maiella. La Marcia conclude il suo segmento più impegnativo, che si snocciola per oltre quindici chilometri.
La commemorazione nel luogo sacro ai Patrioti della Maiella, collocato a motivo su uno sperone di roccia che dà sulla Valle sottostante, è dedicata a Mario Setta, vero ispiratore culturale del Sentiero. E gli appassionati e profondi interventi pronunciati dagli studenti avrebbero illuminato i suoi occhi cerulei e restituito all’impegno ventennale meritata soddisfazione e tangibile concretezza del vero senso della Marcia: il valore irrinunciabile della Memoria.


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