Il Lago di Loz
Se c’è qualche certezza nella vita, una di queste è che Super Mario fa l’idraulico. L’eroe dei videogame infatti è conosciuto in tutto il mondo come “l’uomo con i baffi che fa l’idraulico”
Notte idraulica domestica. Valtournenche, frazione Losanche, oltre 1.600 metri. Addosso, i panni di Super Mario. Lo zampillo schizza da un radiatore. A notte fonda, il valvolino è messo a tacere. Ermeticamente chiuso, definitivamente. Divano zuppo da asciugare. Tempo variabile al mattino che non promette nulla di buono. Raccolgo i suggerimenti del vicino: il Lago di Loz, 1702 metri, per otto chilometri quadrati.

Da Losanche, in non più di venti minuti sono al Lago di Loz, passando fra le case dell’omonimo villaggio, con indicazione dei segnavia ventidue e venticinque. Orti estivi in ordine e fienili dal sentore caldo quasi ipnotico. Gli orchestrali suonano con avena, erba mazzolina, trifoglio violetto e bianco, ginestrino, lupinella, medica, cerfoglio selvatico, silene dioica, ambretta, ranuncoli, barba di becco e tarassaco.
Le cabine della ovovia mi sorvolano a velocità sostenuta. In gran parte vuote. E un pensiero va alle Cime Bianche Inferiori del giorno dopo. Mi riprometto di fermarmi sulla sponda di Loz, per gli autoctoni pronunciato senza zeta e per i linguisti contrazione della parola francese eau, acqua, al ritorno. Supero lo specchio d’acqua sulla sinistra su un sentiero per Pessey, per poi così giungere a Champleve.
La poca luce che filtra nel tratto del sentiero ventidue immerso nel bosco e le costruzioni abbandonate e fatiscenti, una volta adibite al ricovero di animali da cortile, producono una strana atmosfera, che sa di sogno e di muffa. Onirico e fantasy, il cocktail servito. Le baite isolate, più avanti, non sono oggi abitate, ma manifestano evidenti segnali di vita recente.

Pessey, nel suo agglomerato più consistente, è un villaggio sapientemente rimodellato e nelle sue propaggini intravedo un attraente ristorante. Foyer des Guides, da provare il ragout di cervo e strudel di mele con crema al Cointreau. Un giorno di promesse.

Sono ormai giunto a Champleve. Area di circa un ettaro molto accuratamente attrezzata per stare, magari a leggere un libro, come il signore che ne occupa un tavolo prendendo anche il sole a petto nudo, e mangiare all’aria aperta, come i tre appena arrivati e pronti a scaricare vivande e bevande. La percorro tutta e non posso che annotare con rinnovato disincanto minuziosa attenzione e impeccabile decoro.

Non mi sfugge il cartello fai da te indicante VENDITA FORMAGGI. Suggerimento analogo, segnalato giorni prima nei pressi di Place-Moulin, indicante la via del formaggi, non mi era stato d’aiuto. Nessuna malga in quel caso trovata. Qui invece è diverso. Il punto vendita ha per campanello un campanaccio di vacca. Tiro su e giù la cordicella che lo fa tintinnare forte, anche più volte. A cui segue solo il silenzio. Il numero di telefono appiccicato sulla porta a vetri mi aiuta a rintracciare il casaro. L’azienda agricola ha il nome di Bellier.

Appuntamento dopo le diciotto. Al lato destro dell’azienda lattiero-casearia, parte un tracciato ripido, con segnavia venticinque. La premonizione del mattino si fa concretezza. Piove, prima poche gocce. Poi è un crescendo. La giacchettina impermeabile e il sentiero che tira dritto verso Losanche vengono in mio soccorso. E poi grandina. Il prato che circonda la casa da verde rasato si fa canuto. La sosta promessa per il ritorno sul lago di Loz è rinviata.

Alle diciotto e pochi minuti, con temperatura di quattro gradi centigradi, sono di nuovo a Champleve. Il campanaccio si fa sentire. Il ragazzo dalla pelle olivastra con la t-shirt bianca alleva con il padre vacche valdostane all’Alpe Manda Inferiore e schernisce il rigore serale. Con la famiglia, vive a Pré-Saint-Didier. Studia informatica, perché c’è il padre per la zootecnia e la coltivazione dei campi. La fontina è di un bel giallo, il suo profumo scalfisce anche la mia ormai datata anosmia. Alle pareti del punto vendita i riconoscimenti conquistati dal padre nelle bataille de reines con le Valdostane Nere, quelle più belligeranti. Il signor Bellier, fisico asciutto da montanaro e decisamente schivo al dialogo, suggerisce in modo laconico mete per le mie ultime escursioni. Di cui riesco a fare tesoro. Fontina sottovuoto in formato regalo, formaggio di capra in formato “lo mangio subito” e bollito in formato surgelato sono il mio bottino. Non smette di piovere. Acqua che più in alto è già neve.


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