Il Secine, secondo della tetralogia
Autan®️ e la chiave dimenticata
Il messaggio arriva durante il primo sonno, alle 23.35. L’anello delle Pietre Cernaie: tutto bosco. Provo a coinvolgere Gemma. Il sonno è più forte di lei. Raggiungo Nino, dopo aver chiamato zio Adri, senza successo. In due macchine, perché l’anello di pietra lo reclama. Una, quella dello sherpa, a Pizzo di Coda, la mia a proteggere le salamandre, nella strada del bosco per Pizzoferrato. Tratto da poco riqualificato dopo anni di interdizione al traffico per smottamenti. Gli attraversamenti in gallerie delle salamandre ne evitano lo schiacciamento e ne favoriscono la sopravvivenza.
I quattordici gradi estivi impongono non mio malgrado la maglia di lana cotta. Una seconda cuticola che dismetterò alla sua completa decomposizione. Il tracciato è bagnato dalla recente pioggia e dalle reti di torrenti e di stagni che si incrociano. Dove il farfaraccio maggiore (Petasites hybridus) crea un’ambientazione scenografica da Jurassic Park. Un’impronta di orso avrebbe prodotto una certa euforia a zio Adri, instancabile zoofilo. Poi, solo orme di cavalli e muli.

Il colpo di scena esplode ad oltre metà del percorso. Lo sherpa ha dimenticato le chiavi della sua Nissan sul porta oggetti della mia Jeep. L’anello così si spezzerebbe. Il deus ex machina, come al solito, è il dottore, per le figlie Efferalgan. Nel nostro caso, Mr Wolf, Keitel in Pulp Fiction. A domanda, questa volta l’imputato risponde. Ci intercetta nelle vicinanze della Pietre Cernaie. Bastioni imponenti che dominano lo scenario.

Poco prima dell’apparizione salvifica, cavalli, torelli e vacche ci confortano con muggiti e campanacci. All’ombra di un rifugio abbandonato, una sorta di pied-à-terre per pastori, torna in scena la pizza di Sandra. Il dottore “80 grammi di pasta” declina l’invito. Lo sherpa ne ingurgita un trancio.
La meglio gioventù di Ateleta, lì in gita domenicale, ci fa conoscere dove siamo, il laghetto, in verità uno stagno, e il percorso per raggiungere il monte Secine, 1886 metri. Cima non prevista in programma, ma caldamente suggerita ed agognata da zio Adri, il dottore performante. L’improvvisazione sconvolge i piani stabiliti per il rientro. Soprattutto per la mia pasta e ceci e per il risotto di Concetta, sorella dello sherpa. Mr Wolf non mangia, lui beve solo acqua.

In cima al Secine, massima vetta dei Monti Pizzi, ci attende una variegata moltitudine di avventori pedestri, in ferie estive. L’assembramento ci impone di indossare la mascherina FP2. Una croce sghemba, in legno, è il segnale di arrivo. Incastonata malamente in un conico cumulo di pietre.
Dissolto il drappello, si libera il panorama. La Maiella con Monte Amaro, Monte Pizzalto con i mega tabelloni da basket, Monte Rotella, altro elemento della tetralogia, Monte Genzana su Pettorano, le Cinquemiglia con le Brune al pascolo, Quarto Santa Chiara con le greggi ovine in custodia dei cani pastori abruzzesi, Monte Pratello, con il suo “cucchiaio” della pista da sci, Monte Porrara, “Coccia” per i Tarantolesi, le cime del Parco Nazionale d’Abruzzo, con il Monte Meta, vetta più alta del Molise, Monte Basilio, proprio a ridosso, con la postazione tedesca sulla Linea Gustav.

Durante tutto il tracciato, sono graziato dalla mosca cavallina, dittero della specie Hippobosca equina, una sorta di Dracula che non prende vita durante la notte ma nelle ore più calde del giorno. Le mosche, affabili persecutrici delle mandrie equine al pascolo, lascerebbero volentieri il segno sulla maglia nera di lana cotta, solidale ormai con la mia pelle. Ma l’Autan, che lo sherpa mi irrora in più trattamenti, uno dei quali mi passa anche attraverso il naso, le respinge clamorosamente.

L’abbassamento di quota si fa inizialmente difficoltoso per la pendenza esagerata, a me sempre ardua da digerire, e poi leggermente “ondivago” per un sentiero mascherato che tarda a farsi scoprire. Il bianco e rosso sono i colori dello sherpa. Poi, il Parco della Maiella ci aiuta nell’orientamento. Tratti melmosi e strettoie ci portano a valle, dove alloggia la Golf di zio Adri, su cui Nino apre inavvertitamente un finestrino chiuso dal primo dopoguerra. E si blocca, aperto. E Mr Wolf non risolve questa volta il problema. Raggiungiamo la Jeep, salve le salamandre, e sandali ai piedi ingurgito pasta e ceci (150 grammi).
Zio Adri, Efferalgan, il dottore e Mr Wolf sono i nicknames di Adriano, più fratello che cugino.

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