Tra_Monti
Una rubrica di Marcello Di Martino
Condividi
PDF

Pizzalto: basket in alta quota

Parte della tetralogia,  con Secine, Rotella e Porrara, di avvicinamento alla Maiella

È in graduatoria fra le più belle escursioni, per emozioni e per imprevedibilità. Appuntamento alla fontanella di Lama, con Nino. Mio amico di sempre. Forno di Lama senza pizza, quello di Palena da Sandra, sì. Si farà onore in vetta, pomodoro e peperone rosso. 

Breve tappa di Camel Trophy per raggiungere il sentiero con la Jeep, inizialmente mulattiera larga e accessibile anche a mezzi motorizzati. La Jeep non è gialla come nelle terribili traversate affrontate dalla competizione per fuoristrada, conclusasi ormai più di un decennio fa. I continui rimbalzi sul terreno, l’attraversamento di tratti scivolosi per il recente temporale, le sollecitazioni agli ammortizzatori e al treno di gomme sono il prezzo da pagare per evitare di incontrare al ritorno cani guardinghi e ringhiosi. Sono i pastori abruzzesi, bianco crema il mantello, fanno a dovere il proprio lavoro. Tutelano il gregge ovino che pascola  quotidianamente sulla piana di Quarto Santa Chiara. È così anche ridotto il percorso di avvicinamento al sentiero per il Pizzalto di oltre sette chilometri, fra andata e ritorno. 

Piccolo rifugio in pietra, in condizioni interne spregevoli con deiezioni umane e rifiuti di ogni tipo, proietta l’ombra sulla Jeep. E a pochi metri da questa bella costruzione ha inizio il sentiero per la meta del giorno. Cima che, all’orizzonte, appare per il suo aspetto glabro e per la corona di alberi che l’anticipa, come la tonsura dei monaci. 

Il percorso nella faggeta è senza pari. Alberi secolari, di straordinaria possanza. Quasi a palesare una certa prepotenza, dritti e maestosi. Il tappeto di foglie ammorbidisce e facilita l’ascesa, anche nei tratti di maggiore pendenza. La luce trapassa la densità dei faggi in punti dove  realizza effetti cromatici abbaglianti. Si apre a rallentare gli effetti che l’inclinazione produce sul respiro uno slargo erboso, pianeggiante, che dà su Quarto Santa Chiara e sul Porrara. Qui Falco, sposo fedele della Maiella,  trova un fungo raro, il Leucopaxillus Giganteus. Il fungo, di notevoli dimensioni, cresce ai margini di questo tratto alberato, in gruppi di molti individui, a formare i famosi “cerchi delle streghe”.

Prima di lasciare definitivamente il bosco, ci aspetta un’asperità impegnativa, dove mi dà sostegno e conforto una coppia di bastoncini. Nino me li ha offerti amorevolmente in consegna. I miei, recente regalo per gli anni compiuti pochi giorni prima, riposano a destra della porta di casa. Nino è il paradigma del compagno di montagna: generoso, attrezzato, stella polare, mai “in prestazione” atletica. 

Seguiamo, usciti dal bosco intorno ai 1.800 metri, la traccia lasciata da mezzi fuori strada, trascurando il sentiero del Parco. La via scelta ci porta a raggiungere due sommità. Un saliscendi probabilmente evitabile. Le due mammelle rappresentano la premessa per raggiungere la vetta di Pizzalto. Due pannelli, ripetitori passivi, appaiono a distanza come  i tabelloni di un campo di basket disteso in alta quota. 

Pizzalto, 1966 metri di altitudine,  è  indicato da una minuta costruzione metallica, chiusa. Indosso il maglione in lana cotta. È ormai la mia coperta di Linus. E mangiamo la pizza di Sandra con tanta voracità e con sommo piacere. Nino aggiunge pane e pecorino. La vista è appagata guardandosi attorno. Monte Amaro e la sua Maiella, il Porrara, il Morrone più vicini. Sempre sulla stessa direzione, distanti, il Gran Sasso e il Velino. E poi il Monte Rotella e i Monti dell’Aremogna. Il Piano Quarto Grande e la Stazione di Palena, con il Secine. 

Le tre cime, Porrara, Secine e Rotella, con il Pizzalto compongono questa mia tetralogia. 

La discesa segue il tracciato del Parco Maiella e ci risparmia la sinusoide dei due apparati mammari.  La distanza dei segni bianco rossi non rende tuttavia il procedere confortevole e rassicurante. Raggiungiamo il bivio per Pescocostanzo e qui, forse io, ma nel racconto sarò io a deciderlo, prendiamo un tratto in discesa nel bosco, senza orme di precedenti passaggi. Un capriolo fa capolino, lo intravede Nino. Riesco appena a scorgerlo mentre scompare fra i faggi. 

In punti assai scoscesa, la traiettoria esprime per insuperabile bellezza la sua incontaminata condizione. Qui i bastoncini mi sono di grande conforto. Nino nel frattempo si è attrezzato con due rami secchi che ben surrogano i miei più tecnici. Il percorso si fa ancor più misterioso, ingigantito e reso spettrale da alberi secolari venuti giù con le radici. A tratti occupano l’intero tragitto di discesa. E non sono del tutto compatibili con le mie articolazioni coxo-femorali.

Si continua a scendere. L’altimetro segna lentamente ed inesorabilmente  l’andamento delle quote: 1.700, 1.600, 1550, 1.500, 1.400. Senza una prospettiva certa, guidati e rassicurati unicamente  dalla decrescenza delle altitudini. Quando siamo sui 1.300 metri Nino, come  se fosse a bordo della Pinta di Colombo, emette un grido taumaturgico: la strada, la strada! 

Raggiungiamo con un senso di rapacità la carrareccia e poco dopo siamo già giù sulla piana che conduce alla macchina. La guida Nino. Mosche cavalline abbattute dall’aria condizionata. Claudia prepara manicaretti che  gustiamo con tanta soddisfazione. 

Pizzalto resterà per sempre nelle miofibrille delle mie gambe e nei più profondi meandri del mio sistema nervoso. Nino si è forse rovinata la gamba per il suo prossimo impegno ciclistico.

Pizzalto: basket in alta quota ultima modifica: 2022-04-30T08:00:17+02:00 da Marcello Di Martino
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!