Terminillo: la montagna di Roma
Nei giorni tersi di gennaio, il Terminillo innevato mi dava conforto sul Grande Raccordo Anulare. Fra Casilina e Prenestina. Il traffico denso, le file interminabili, i rallentamenti per lavori e per incidenti, e in prima, poi in seconda, poi di nuovo in prima e poi in sobbalzo. Ma la montagna, termine fra Stato Pontificio e Regno di Napoli, era lì, pronta a darti fresche energie, a rimuovere le scorie e a suggerirti il tragitto.

Appuntamento con Sandro sulla Salaria, ad Osteria Nuova. Sandro conosce strade e montagne. Così evito l’autovelox e raggiungiamo il rifugio Sebastiani 1820 metri, chiuso per ferie. In giugno. Il turismo all’incontrario va (Paolo Conte, Azzurro). Luna è assente perché si teme il caldo. Ma non sarà così. Anche la crema solare servirà a poco.
Un gruppetto, sincrono nella partenza, opta per un approccio al largo. Sandro indica invece la “direttissima”. Subito in forte pendenza, il sentiero 401 non mi dà tregua e le poche uscite delle settimane addietro si fanno sentire, sul fiato e sulle gambe. Ma salire in cresta ha sempre il suo fascino, obliqui e aperti nell’orizzonte.

Sandro, come un portiere di giorno in attesa di ospiti, mi attende sull’uscio del segmento finale. Sarà per me il più difficile dell’ascesa. E probabilmente, oltre che per la presenza nell’anello della cresta del Sassatelli, che poi non faremo, dà al percorso la doppia EE di difficoltà.
Archivio nello zaino i bastoncini in carbonio. Gradini, poi gradoni, poi roccette e brevi paretine impongono l’uso delle mani con costante e attenta guida di Sandro. Mi indica dove e come appoggiare arti superiori ed inferiori. In più tratti sono preso dallo sconforto di non farcela. Ma anche tornare all’indietro non sarebbe poi tanto una bella idea. Determinante ed insuperabile l’effetto ansiolitico che riesce a procurare Sandro. Non solo non assecondando le pulsioni di ritirata, ma spronandomi ad andare avanti e a seguire i suoi rassicuranti suggerimenti. In un tratto ancora più stretto e ripido, sdrucciolevole, incrociamo trio famigliare, padre e due figli adolescenti. Oggi madre assente per assistere i propri genitori. Ma solitamente vanno in quattro. Il papà edulcora il mio evidente tentennamento, indicando a breve il raggiungimento della vetta. E così è. Superata questa ultima asperità, appare a sorpresa il punto trigonometrico riportante la quota di 2216 metri del Monte Terminillo.

Il tempo cambia. Panorami pur se offuscati leggibili. Il Gran Sasso, l’Elefante, il Cervia e il Navegna. E sale dentro, lievitando, il grande senso di soddisfazione. Gravitano intorno alla cima due finanzieri del Soccorso Alpino, preziosi informatori sui possibili e praticabili itinerari da percorrere dalla vetta. Apparizione fugace di nucleo famigliare, ansioso il padre di rispettare i tempi imposti da una consorte esigente di cure vacanziere. Non è il modo più edificante, questo, per trasferire ai propri figli il senso profondo di andare tra monti. Ma tant’è.

Dopo breve consulto con lo sherpa e dopo aver ascoltato i suggerimenti del Soccorso Alpino, decidiamo di tralasciare oggi “la Sassetelli” e dirigerci, sempre in cresta, sempre in tratti su sentiero stretto ed esposto, al rifugio Massimo Rinaldi in cima al Terminelletto, 2106 metri. Sono cinquanta minuti di attenzione, di concentrazione, di tensione e di premura. Taumaturgici alla mie ancestrali fobie del vuoto.
Sosta prolungata al Rinaldi. Pioviggina, ma non scende la nebbia. Tempo addietro era stazione di monte di un impianto di risalita, di cui sopravvivono solo ruderi metallici. Siedo vicino a Zoe, con barboncino in combutta con pastore australiano, di casa al Rifugio. Zoe, poco più di cinquant’anni, ha dovuto arrendersi ad una ipertensione asintomatica e rinunciare, così, alle imprese da podista di successo. Da runner competitiva a camminatrice dal passo lento. La narrazione di Zoe, greca è la sua famiglia di origine, è priva di astio. È matura la consapevolezza che la vita propina sorprese. Resta immutata la sua passione per la montagna, il cui gusto rinnovato è quanto mai appagante. Zoe con barboncino ci saluta. Sandro anticipa la discesa, di corsa.
Mi avvio lentamente per il sentiero che porta alla vecchia stazione di valle, lasciando sulla destra la cima del Terminelluccio, 1864 metri, stazione di monte di uno dei pochi impianti a fune ancora funzionanti e che danno la misura della decadenza ineluttabile di questa che doveva essere secondo il Duce, la Cortina del Centro Italia.

Macchie di neve, fenomeni geologici di natura glaciale, terrazzette detritiche, essenze floreali stupefacenti mi accompagnano all’appuntamento con lo sherpa. Che, per non farsi mancare nulla, con una corsetta ha raggiunto il Sebastiani per riprendere la Jeep. Caffè deca a Pian de Valli e succo Ace. Negozio di abbigliamento sportivo, vetusto. Non posso non ricordare che lì acquistai una t-shirt per scendere in bicicletta asciutto, dopo una delle mie più appassionanti ascese ciclistiche, appena a ridosso del secondo millennio.
Tra_Monti torna su Ytali i primi di settembre. Non va in vacanza ma raccoglie in questi giorni d’estate le tracce di nuovi Monti da raccontare. Si partirà dal Meta in Molise per poi passare ad altre vette delle Regioni del Mezzogiorno. Buone cose. M.

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