Cittadino del mondo, interprete di una “fratellanza musicale mondiale” e ambasciatore di pace per l’eterno conflitto medio-orientale. Daniel Barenboim, che fra una settimana compirà 81 anni, è considerato uno dei migliori pianisti del mondo e, anche se con alcune riserve, uno dei più grandi direttori d’orchestra tuttora in attività. Argentino di Buenos Aires, come la sua amica e grande pianista Martha Argerich (82 anni), Barenboim nacque da una coppia di esuli russi di religione ebraica e cominciò proprio in Argentina, per poi proseguirla in Europa e negli Stati uniti, la sua incredibile carriera di musicista, offrendo quindi un contributo ed un esempio di grande valore spirituale e facendo della musica uno strumento di pace. E non solo con la costituzione, assieme allo scrittore palestinese Edward Said, della West-Eastern Divan Orchestra (formata da giovani orchestrali israeliani e palestinesi) con la quale ha suonato nelle principali sale da concerto europee, americane e giapponesi. Ma anche (e potrebbe sembrare paradossale) con il pressante invito rivolto in passato alle autorità israeliane di revocare il divieto di suonare musica di Richard Wagner sul territorio del loro (e suo) Paese.
È senz’altro vero che, durante i dodici anni di vita del Terzo Reich, Hitler e i suoi fedeli gerarchi intesero avviare una rivoluzione culturale che prevedeva, nella pittura e nella letteratura, la messa al bando della cosiddetta arte degenerata (Entartete Kunst) e al contempo la glorificazione della musica di Richard Wagner che spesso si ispirava ai miti paleo-germanici, che divennero una vera ossessione per il Fuehrer e per il suo fedelissimo e, indubbiamente brillante, ministro della propaganda Joseph Goebbels.
Ci fu resistenza da parte del governo, ma poi il divieto formale fu revocato anche se, per ascoltare Wagner, conviene ancora andare al Festival di Bayreuth, in Baviera.
Barenboim ha la cittadinanza israeliana (oltre che quella argentina) e anche quella palestinese. Tempo fa ricevette dal re di Spagna la cittadinanza onoraria di quel paese. Parallelamente, possiamo ricordare che anche la sua amica di una vita, Marta Argerich, ha, oltre a quella argentina, la nazionalità svizzera e, dopo il matrimonio col pianista americano Stephen Kovacevich, quella degli Stati Uniti.

Ma noi crediamo che non sia tanto, o solo, merito di questi o di altri riconoscimenti internazionali la spinta che ha fatto di Barenboim, e anche della Argerich, due grandi ambasciatori di pace. La musica, suonata al loro massimo livello, fa vibrare oltre alle corde dei violini o del pianoforte, altre corde invisibili che ogni uomo ha dentro di sé.
La musica, soprattutto se eseguita da grandi solisti come quelli di cui stiamo parlando, risveglia sentimenti positivi, anche se a volte malinconici, che a loro volta (come nelle risonanze di alcuni strumenti) aiutano a sviluppare altre emozioni. Siamo infatti convinti che ascoltare Bartok, ad esempio, ci faccia capire l’Ungheria più di una visita di due giorni a Budapest. Che anche la musica popolare, folkloristica (dal tedesco Volk, popolo) renda più vicine le genti di questo povero pianeta.
Nel suo bel libro La musica sveglia il tempo (Feltrinelli), Barenboim scrive:
Come ho già detto, l’uso e l’abuso delle idee e della musica di Wagner furono parte integrante degli ultimi anni del Terzo Reich… [aggiungendo però]…la musica non è né morale né immorale. È la nostra reazione (percezione) che la fa diventare nella nostra mente, l’una o l’altra cosa.
Per quanto riguarda poi le emozioni suscitate in noi dal conflitto attuale in Medio Oriente (violento e pericoloso come non mai) è interessante ricordare le parole scritte da Barenboim alcuni anni fa:
Se si potesse tradurre il dialogo israelo-palestinese in una grande opera musicale, esso acquisterebbe lo ‘status’ e la distanza necessari perché entrambe le parti lo possano valutare, comprendere e percepire in maniera obiettiva.
Potremmo aggiungere che la musica, che non si può né vedere né toccare come un quadro o un libro, vive di vibrazioni (ogni suono è provocato da una vibrazione dell’aria, si pensi al vento che a sua volta produce il “dolce stormir” delle foglie…) ed ha quindi una dimensione invisibile, poetica e neutrale. È il magico veicolo che trasmette emozioni e preghiere, amore e comprensione ed è incapace di trasmettere odio. Dire musica equivale a dire pace. Tutti noi ricordiamo il grande violoncellista russo Mstislav Rostropovich a Berlino tra la gente che muta, dopo le grida di gioia per la caduta del Muro, ascoltava assorta e felice. Come sottolineava Barenboim
Occorre imparare non solo la musica, ma ‘dalla’ musica – un impegno che dura una vita.

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1 commento
Molto suggestivo l’articolo su Barenboim, un musicista che abbiamo imparato ad amare e che vorremmo più spesso sentire anche nelle trasmissioni televisive