B A D V E R T I S I N G CRITICA PUBBLICITARIA
Straordinaria è l’evoluzione del linguaggio pubblicitario dalla sparizione della SACIS in poi. Il mitico organo di censura Rai non solo ci ha imposto con provvedimento quasi da ventennio a pronunciare i nomi stranieri come si scrivono in italiano, rendendo di colpo Colgate un nome quasi brianzolo e Safeguard un nome da guardia giurata invece che da deodorante, ma anche ha esercitato un ferreo controllo su tutto ciò che avrebbe potuto risultare immorale, equivoco, denigratorio per la concorrenza, sexy o peggio.

Pubblicità tv, 1972
Ricordo ancora la telefonata furiosa che seguì la presentazione di una scenetta dove un bimbo riottoso veniva imboccato attraverso una tv. Il titolo era “Fallo per Mamma Rai”. Il fallo, la mamma, la Rai tutti insieme? Mai! Per sfuggire alla teleinquisizione dovetti, come Paolo Veronese, cambiare il titolo: Mangia per mamma Rai. Non si intravvide alcuna ironia, neppure politica, e la scenetta passò.
Sparita la Sacis, ecco il proliferare in pubblicità di diarree, perdite urinarie, infezioni fungine, candidosi, prurito vaginale, mestruazioni abbondanti, lavande intime, feci infantili di ogni tipo e colore. Se poi vi capita una sequenza di questi spot dopo pranzo o dopo cena con conseguente reflusso gastrico, niente paura: ecco lo spot, anzi, gli spot sui vari rimedi. Chi è di stomaco forte invece subirà la dettagliata spiegazione delle cause e degli effetti, con particolari imbarazzanti e grafici che illustrano la perdita, l’assorbenza doppia o tripla, la pipì e la pupù, pompieri che puliscono lo stomaco da una sinistra melma grigia e gentili signore dai capelli grigi felici di non emanare odori imbarazzanti.

Il primo bozzetto di Pippo, l’ippopotamo azzurro ideato da Armando Testa, icona dei pannolini Lines nei Carosello anni 70 (fonte: http://www.mondocarosello.com/)
La crudeltà di chi amministra gli spazi media poi si vede chiaramente da un fatto: questa tipologia di spot passa sempre in sequenza nei blocchi. Si comincia con i pannolini e si finisce con la candidosi passando attraverso il reflusso gastrico e magari un quindici secondi di diarrea. Qualche volta il sadismo dei pianificatori manda in onda una sequenza da collezionisti: solo pannolini, infantili o femminili per ogni età. In questo caso eccoci navigare tra rosee chiappette e donne coraggiose e indipendenti, lattici autoformanti e signore mature che ammiccano in ascensore. Il tutto con un unico imbarazzo: quello della scelta.
Ma il massimo è lo spot che tra tutte queste umanissime miserie io preferisco: quello della pupù liquida. Un evento vulcanico che sconcerta non solo i bimbi e le madri, ma perfino gli ammiccanti folletti coprotagonisti. Un evento così esplicito, così chiaramente delineato da apparire come un cataclisma naturale catastrofico. Per fortuna che a questa esondazione c’è il pannolino a rimediare, a far sparire, ad assorbire fino alla prossima volta. La pupù liquida merita di diventare un evento virale, il nome di una band, una supervillain della Marvel. Se fosse un Martini, sarebbe quello di James Bond.
È il culmine degli orrori pubblicitari, perché soprattutto è riconoscibile da una legione di mamme che ci sono passate e ci stanno passando, che finalmente sentono chiamare le cose col proprio nome. Viva dunque le mamme e viva la pupù liquida. E chi non crede più alla superstizione cacca uguale soldi dia un’occhiata alle azioni della multinazionale che produce i famosi pannolini.
Pieralvise Zorzi, direttore creativo e creative marketing Italia/USA
B A D V E R T I S I N G CRITICA PUBBLICITARIA 2
1 Oh cielo, il mio testimonial!

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