[NIAMEY, Niger]
Possiedono il codice a barre come per le mercanzie. Anche i migranti sono schedati, anzi sbarrati, per facilitare le transazioni umanitarie. Migranti, appunto, DOC, di origine controllata tramite una scheda di plastica con le barre. Ciò per meglio servire, identificare, controllare, schedare e, a tempo opportuno, eliminare i candidati alla migrazione dal suolo (sacralizzato) dell’Europa degli umani diritti solo dichiarati.
Sotto il codice a barre c’è il nome, Victor, e il cognome, la data di registrazione, il numero famigliare progressivo, l’altezza con parametro uno e infine il luogo di schedatura: Niamey.
Nella capitale del Niger si trovano alcuni centri di transito orientati verso il passato, il paese di origine, abbandonato mesi o anni or sono in piena guerra. Centri di schedatura internazionale col codice a barre, per adesso non numerato.
L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) ha appena presentato, con malcelata modestia, il rapporto dei liberi rientri al paese di origine dei migranti del Sahel.
Il meccanismo umanitario funziona.
Si crea l’emergenza, si smantella la Libia, si fortificano le frontiere, si criminalizzano i migranti, si subappaltano i controlli e si fanno, infine, le leggi contro i traffici umani. Poi, con efficacia, s’interviene per salvare i malcapitati di questa odissea inaudita chiamata mobilità umana. I giovani e coloro che interpretano il futuro altrove, impoveriti, sono pericolosi e dunque da ristabilizzare come tanti Ulisse di sabbia nell’ordine divino delle cose.
Che persino Abramo fosse un arameo errante è pura casualità.
L’OIM, con l’accordo delle legittime autorità del tempo, avrebbe provveduto a gestire la sua ingiustificata migrazione.
La frontiera Nord, parola dantesca dell’OIM, resta calma con un transito assai limitato specie per la Libia. Invece la frontiera Occidentale – sembra di essere in guerra (ed è la pura verità) – verso l’Algeria appare più movimentata.
Dall’inizio dell’anno dei settemila arrivati (termine politicamente corretto per ESPULSI) dall’Algeria, c’è un numero record per i ritorni volontari in febbraio. Sono mille e trecento i migranti spediti nei paesi di nascita e l’OIM, commosso per tanta manna, ringrazia per la fattiva complicità le ambasciate del Mali, del Senegal e della Guinea Conakry. In questo paese ricco in bauxite da giorni si spara sulla folla inerme che protesta per elezioni truccate dal potere. L’OIM riconosce che circa il cinquanta per cento dei migranti non possiede documenti. Da ciò l’importanza della schedatura nel caso i rei volessero fare i recidivi.
Gli altri giovani migranti espulsi, accompagnati, deportati, abbandonati nel deserto, attraversano la frontiera dal Mali assediato da gruppi armati. Sono derubati del poco che loro rimane e non sempre passano indenni dalle prigioni dove vengono detenuti in attesa di pagare l’ultimo riscatto. Loro, almeno, non sono schedati dall’OIM, servo dei padroni delle frontiere armate del Sahel.
Vite di scarto e scartate financo dalle statistiche.
Fuori dell’OIM non c’è salvezza, parola dei politici che fanno di tutto per piacere all’Occidente che puntella il loro potere di sabbia. L’amico Eric, ex criminale (pardon, migrante), di origine camerunese, è il responsabile della Casa del Migrante di Gao, antica capitale dell’impero dorato del Mali.
In un messaggio di pochi giorni fa racconta l’epopea di un gruppo di espulsi dalla storia ufficiale. Mercoledì 7 marzo arrivano su un camion in centodieci, visi di polvere delusa dalla sconfitta dalla migrazione abortita. Hanno timore del disprezzo che incombe a quanti hanno finto di arrivare senza riuscirvi. Una creatura di sabbia, di origine maliana, ha cercato di suicidarsi dalla vergogna e dalla stanchezza.
Lui, per ora, non entra nelle statistiche DOC dei benefattori.

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