Tintoretto, 500 anni. Il restauro della sua tomba

La Scuola Grande di San Rocco e Save Venice hanno presentato il restauro della cappella che racchiude i resti di Jacopo Robusti nella Chiesa della Madonna dell’Orto a Cannaregio.
BARBARA MARENGO
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“Il più terribile cervello” nel mondo della pittura, secondo il Vasari, riposa da cinquecento anni assieme a tutto il resto del suo corpo nella  chiesa della Madonna dell’Orto: figlio di Battista tintore di seta, Jacopo fu chiamato forse  per scherno data la sua bassa statura con il soprannome di Tintoretto, e con questo nome rimase nella storia come uno dei maggiori talenti della pittura. Anche il suo cognome era in realtà un soprannome, che il padre e lo zio si erano conquistati combattendo nei pressi di Padova tra le truppe della Serenissima Repubblica di Venezia: quei due che venivano da Genova si erano distinti per la loro prestanza fisica, quindi ben vengano i Robusti a Venezia, e la loro discendenza.

Tanto celebrato in questo biennio 2018-19 per il cinquecentesimo anniversario della nascita, Tintoretto è stato in questi giorni  onorato nella Chiesa dove fu sepolto nel 1594 in occasione della fine dei restauri  della sua tomba. E come spesso accade  a Venezia anche questo bel restauro racchiude la sua degna dose di curiosità ed enigmi scoperti durante le indagini avvenute proprio nel corso dei lavori.

A sinistra: Autoritratto, 1546–1547, Philadelphia Museum of Art.A destra: Autoritratto, 1588 c, Parigi, Musée du Louvre

La grande chiesa della Madonna dell’Orto a Cannaregio, a pochi passi dalla casa dove il pittore visse ed ebbe bottega, conserva una vasta parte di storia dell’arte veneziana,  storia che inizia in questo lembo della laguna che nel 1300 era paludoso, acquistato con atto registrato da Tiberio de’ Tiberi nel 1365 che edifica una chiesa dedicata a san Cristoforo. A quell’epoca a Venezia si contavano circa 150 parrocchie. La chiesa e la facciata gotica con nicchie e statue fu più volte restaurata: Tintoretto vi dipinse dieci tele, e tra queste, nemmeno trentenne, le due opere immense ed immaginifiche poste ai lati dell’altare maggiore, “Il giudizio universale” e “l’Adorazione del vitello d’oro”  oltre alla dolcissima “Presentazione di Maria al Tempio”, dove forse fu ritratta la figlia Marietta molto amata. 

Jacopo morí a 75 anni, dopo molti giorni di febbre, a Venezia dove era vissuto, il 30 di maggio 1594.  Fu sepolto sotto la pietra tombale del suocero Marco de’ Vescovi, posta in terra nella navata centrale della grande chiesa che tutti oramai conoscevano come Madonna dell’Orto, grazie ad una statua della Vergine Maria che era stata rifiutata dal parroco di Santa Maria Formosa ed aveva atteso un nuovo acquirente nell’orto dell’autore, che possiamo immaginare sconsolato, lo scultore Giovanni de Santi: tale statua, rivelatasi in seguito dispensatrice di miracoli, fu per questo venduta per 150 ducati e il 18 giugno del 1377 fu solennemente trasportata nella chiesa di Cannaregio. 

Madonna dell’Orto

La storia della lapide dei Robusti inizia  quando nel 1590 morì Marietta figlia di Jacopo, lasciando il padre in un immenso dolore:  sotto quella pietra fu seppellita la allieva prediletta del grande pittore, delicata pittrice morta in giovane età, seguita dal padre nel 1594  e dopo quarant’anni, nel 1635, anche da Domenico che aveva continuato a lavorare nella bottega di Jacopo. Padre e figli assieme rispettivamente  a suocero e nonno materno rimasero seppelliti insieme per lunghi secoli sotto la pietra tombale della navata. Lo conferma Carlo Ridolfi, scrittore e pittore  originario di Lonigo morto nel 1658, autore della vita  di vari artisti veneti tra i quali Tintoretto.

Passano i secoli: nel 1864, quando la Serenissima Repubblica di San Marco è sotto la dominazione austriaca  un restauratore  di nome von Schmit vuole ridare all’antica chiesa il suo aspetto gotico ed inizia a restaurare il pavimento ed a spostare tutte le lapidi tombali, tra le quali quelle dei Robusti. Il 16 aprile 1866 secondo gli archivi della Soprintendenza, sono identificati quattro corpi sotto quella sepoltura, cioè i tre Robusti ed il suocero titolare della lapide:  nel 1867 il Comune di Venezia – che dal 1866 fa parte del Regno d’Italia – stanzia la cifra di lire mille per inumare il corpo di Jacopo Tintoretto e i suoi in una cappella laterale appositamente predisposta, e nel 1873 dopo vari progetti, molti rifiuti e tanti dubbi sullo stile da impiegare, viene scelto il progetto di Michele Girardi, in stile rinascimentale, con struttura a edicola con pinnacoli neogotici. 

La Chiesa della Madonna dell’Orto diventa parrocchia nel 1873  e viene affidata ai padri Giuseppini, congregazione fondata da Leonardo Murialdo, che ancora oggi la amministrano.

Nel 1930 nuovi restauri eliminano i riferimenti neogotici  nella cappella di Tintoretto ed una grande lapide presente sulla parete di sinistra viene spostata all’esterno della chiesa, nel campo verso il canale, dove oggi sono incisi i nomi dei caduti delle guerre mondiali. 

Sette anni dopo in occasione della grande mostra su Tintoretto (1937) viene ordinato un busto allo scultore Napoleone Martinuzzi, posto a destra di chi guarda la cappella. L’altare tra le due finestre  sovrastato da un rosone e’ in pietra d’Istria e marmo  di Verona e la lapide con i resti di Tintoretto è ai piedi dell’altare. Una pala di Girolamo Santacroce allievo di Bellini rappresenta Sant’Agostino e San Girolamo. 

Il Guardian Grando della Scuola Grande di San Rocco, Franco Posocco, ha presentato il lavoro eseguito sotto il controllo della Sovrintendenza veneziana: il responsabile Valenti ha ricordato le varie tappe dell’intervento che e’stato occasione di ricerca d’archivio e di approfondimenti fondamentali  collegando questo ultimo restauro sia alla grande mostra monografica su Tintoretto del 1937 che alle recenti mostre di Palazzo Ducale e delle Gallerie dell’Accademia. Mostre che oggi sono esposte a Washington alla National Gallery e che come ha ricordato con orgoglio il Proto della Scuola di San Rocco portano il nome di Tintoretto e di Venezia nei maggiori circuiti internazionali. 

Il restauro della cappella di Tintoretto è stato possibile grazie  ai fondi dell’ONG americana Save Venice  e alla Scuola Grande di San Rocco, lo scrigno più prezioso che racchiude le grandiose opere del grande pittore veneziano. Save Venice in occasione delle mostre di Palazzo Ducale e delle Gallerie dell’Accademia ha restaurato 19 quadri del pittore veneziano, appartenenti sia a pubbliche istituzioni che all’Ateneo Veneto (“l’apparizione della Vergine a San Girolamo”), fino al mese di luglio negli Stati Uniti.

Sulla parete di sinistra della cappella stessa una lapide ricorda Ashley Clarke, ambasciatore inglese in Italia dal 1953 al 1961, che fondò il Venice in Peril Found nel 1971, protagonista assieme al sovrintendente Francesco Valcanover di una stagione storica nel restauro veneziano , quando in soli tre anni vennero restaurate settanta tele di Tintoretto.

Arte e spiritualità investono il visitatore che si avvicina alla chiesa della Madonna dell’Orto, ed il restauro della cappella di Tintoretto rappresenta senz’altro un’occasione originale  per intraprendere un itinerario speciale. 

Tintoretto, 500 anni. Il restauro della sua tomba ultima modifica: 2019-06-11T19:06:13+02:00 da BARBARA MARENGO
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