Il triste tramonto di Alba Dorata

La legnata elettorale che ha messo fuori gioco la formazione neonazista la riduce anche a vicenda di criminalità di cui deve occuparsi la giustizia, in un indecoroso scaricabarile tra capi e capetti.
DIMITRI DELIOLANES
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[ATENE]

La notte del 7 luglio, quando i risultati delle elezioni nazionali erano quasi definitivi ed era ormai certo che Alba Dorata non avrebbe superato la soglia del tre per cento per entrare in parlamento, la tv pubblica ERT ha chiesto a Nikolaos Michaloliakos di commentare il risultato. Il capo ha ordinato di piazzare la telecamera nella sala conferenze dentro il palazzo a sei piani che è la sede centrale del partito. Ha chiesto di fare un un campo largo: al centro lui in piedi dietro il podio con il meandro, contornato da decine di ignoti combattenti nazionalsocialisti in maglietta nera. Unici riconoscibili la figlia Urania, in prima fila alla sua destra, con un vestitino a fiori, da alcuni ammiratori del neorealismo italiano scambiato per sottoveste; alla sua sinistra il robusto e baffuto ex deputato Christos Pappas, collocato significativamente in seconda linea.

Il commento del fuhrer è stato scandito con la nota voce stridula:

Mandiamo un messaggio ai nemici ed agli amici tra virgolette: Alba Dorata non è finita. Se ne facciano una ragione. La nostra lotta per il nazionalismo continuerà. Torniamo laddove siamo diventati forti: sulle strade e nelle piazze. In una lotta dura contro il bolscevismo e l’incombente capitalismo selvaggio. Combatteremo con ardore per evitare la svendita della causa nazionale e per gli interessi del nostro popolo. Viva la vittoria!

La conclusione era notoriamente la traduzione in greco del famoso grido “zieg heil” di hitleriana memoria.

Pochi giorni prima però, a conclusione della campagna elettorale, lo stesso Michaloliakos aveva parlato ai camerati con toni molto diversi. C’erano già state le elezioni europee, che avevano visto il crollo del gruppo nazista al 4,8 per cento, e il giorno precedente Yiorgos Patelis, capo nucleo del quartiere di Nicea, periferia del Pireo, era svenuto dentro l’aula dove da quasi quattro anni si svolge il processo contro Alba Dorata. Il dibattimento è arrivato alle battute conclusive e Patelis avrebbe dovuto leggere la sua apologia di fronte ai giudici, nella sua qualifica di capo della squadraccia che ha assassinato il rapper Pavlos Fyssas nel 2013. 

L’indomani quindi dell’ignominoso svenimento, Michaloliakos ha voluto salutare i suoi elettori nel quartiere Alimos di Atene, sostenendo di essere stato “più libero in prigione che ora qui”. Per aggiungere subito dopo: “Dobbiamo fare il nostro dovere qualsiasi cosa succeda”. Poi iniziò un discorso impostato sul concetto di come una fine gloriosa sia meglio di una semplice vittoria:

Risultati elettorali del 7 luglio scorso, con Alba Dorata, penultima, senza seggi

Mentre studiamo la storia greca, tutti noi siamo maggiormente affascinati dalla battaglia delle Termopili che da quella di Platea, malgrado la prima fosse una battaglia persa. Era però una battaglia piena di gloria. Come sarà piena di gloria ogni battaglia che condurranno i combattenti di Alba Dorata in questi frangenti.

Il discorso sulla sconfitta si concluse a sorpresa, con una citazione di Kavafis. Ovviamente il capo s’affrettò a chiarire che era un “degenerato”, ma, aggiunse, rimane uno “splendido poeta ellenocentrico” e per questo gli viene perdonata “l’omosessualità proibita”.

La poesia dell’Alessandrino che, a parere del fuhrer, s’addice all’attuale momento che attraversa la sua organizzazione è “Il dio abbandona Antonio”, di cui egli stesso si è messo a declamare i famosi ultimi versi: “Come da tempo pronto, come un impavido, salutala l’Alessandria che perdi”. Stupore tra il pubblico, abituato a reclamare molte citttà irredente (Costantinopoli, Smirne, Kyrenia a Cipro) ma mai questa Alessandria, mai sentita prima.

Proprio in vista delle elezioni europee Michaloliakos aveva fatto carte false per garantirsi da brutte sorprese. Di colpo aveva posto il veto alla ricandidatura dei tre parlamentari europei uscenti, imponendo il suo braccio destro Ioannis Lagos, responsabile dell’organizzazione del Pireo. Lagos è detentore di molti segreti sull’assassinio di Fyssas ed è stato ritenuto molto saggio assicuragli l’immunità parlamentare.

Ma l’astuta manovra è durata poco più di un mese. Appena tre giorni dopo le elezioni nazionali, Lagos ha annunciato pubblicamente il suo distacco da Alba Dorata, trascinandosi appresso un numero considerevole di responsabili regionali, cittadini e di sezione. Lo stesso giorno anche il consigliere comunale di Alba Dorata Dimitris Voyatzis ha pubblicato in un giornale digitale di Kavala un duro attacco contro la famiglia Michaloliakos definita “banda criminale”:

Alba Dorata è un gruppo grottesco e miserabile che nella sua stupidità vuole difendere una Berlino inesistente gridando al vento Viva il capo,

ha scritto Voyatzis. 

Anche Voyatzis era fino a ieri uno stretto collaboratore di Michaloliakos e due mesi fa aveva deposto in tribunale in favore del capo. Ma proprio quella deposizione sembra aver provocato la frattura tra i due. La storia va raccontata: era successo che Elias Stavrou, ex candidato per il parlamento e in seguito collaboratore del gruppo parlamentare di Alba Dorata, era uscito dal partito nel 2013, subito dopo l’apertura del procedimento legale, e aveva rivelato in tribunale la faccia nascosta della formazione, cioè l’addestramento militare, gli arsenali nascosti, le aggressioni pianificate. Il giorno dopo la pagina web dell’organizazione xryshaygh.com lo aveva aggredito verbalmente con pesanti insulti e accuse.

Stavrou ha presentato querela, ma l’avvocato di Michaloliakos, che non è altri che suo fratello, ha voluto negare che tutto quanto veniva riportato nella pagina ufficiale di Alba Dorata fosse da attribuire al partito. Il responsabile, secondo il difensore, era il curatore della pagina, lo stesso Voyatzis. Che doveva accollarsi la responsabilità penale delle ingiurie calunniose. Tutto questo pochi giorni dopo la deposizione del responsabile tecnico del sito, tutta impegnata a scagionare il capo da ogni responsabilità per le violenze del gruppo. Voyatzis ha chiesto spiegazioni a Michaloliakos e come risposta ha ricevuto la visita poco gradita di una delegazione da Atene che lo aveva ammonito:

Noi di Alba Dorata spacchiamo teste, secondo le regole dovremmo spaccarti la testa e andarcene, dovremmo sotterrarti.

Era troppo. Ha aspettato le elezioni nazionali e poi è sbottato pubblicamente. 

Scaricare ogni responsabilità sugli altri è una pratica abituale da parte del piccolo fuhrer ellenico. Egli continua a sostenere di aver saputo dell’assassino di Fyssas solo il giorno seguente. La catena di comando che ha portato all’aggressione e all’omicidio del rapper è stata ostinatamente negata fino all’ultimo, malgrado il registro delle telefonate e gli sms raccolti dai giudici dimostrino che la gerarchia interna sia stata seguita alla lettera e che l’aggressione fatale è avvenuta su decisione del Capo stesso.

Nikolaos Michaloliakos

L’assassino reo confesso Giorgos Roupakias, membro del direttivo e responsabile economico della sezione, è stato presentato dai difensori dei nazisti come un “passante” dalle opinioni politiche di sinistra. In aula Alba Dorata s’è trovata in pratica addirittura a non avere più membri ma solo “sostenitori” e “simpatizzanti”. Perfino i deputati e i membri del Comitato Centrale negavano la loro qualifica di militanti dell’organizzazione.  

Particolare attenzione hanno rivolto i difensori a negare il carattere nazista dell’organizzazione, malgrado la legge greca non proibisca questo tipo di aggregazioni. Il motivo era sia politico che legale. Politicamente, rivendicare un’identità nazionalsocialista in un paese in cui la memoria della barbarie hitleriana è ancora molto viva, non è la maniera giusta per aquistare consensi. Meglio mascherarsi da “nazionalisti” o, ancora meglio, da “patrioti”. Il problema legale è che un’organizzazione nazista molto facilmente è ritenuta ideologicamente in grado di trasformarsi in “associazione a delinquere” allo scopo di aggredire e assassinare immigrati e avversari politici. Ecco quindi che la svastica tattuata sul braccio del (ex) deputato Elias Kasidiaris è battezzata “antico simbolo propiziatorio”, il saluto romano risale “all’antica Grecia”, le bandiere sventolate della Wermacht sono “innocenti souvenir”, mai sentito parlare di “fuhrerprinzip”, le foto con le esercitazioni con armi da guerra mostrano “allegre scampagnate con armi giocattolo”, nessuno dentro la sezione ha mai sentito parlare male degli immigrati, né degli ebrei, solo i comunisti sono considerati “antipatici”. 

È evidente che la linea difensiva si basa interamente sulla precedente esperienza di totale impunità e copertura da parte delle forze di polizia. Una volta iniziata la procedura legale con accuse così pesanti, non c’era scampo. In un’organizzazione nazionalsocialista la figura del capo svolge un ruolo centrale. Se, come si attende, la condanna comprenderà anche la privazione dei diritti politici, allora il futuro politico di Michaloliakos non è certo roseo. Non è un caso che l’accusa scagliata più spesso contro di lui dai dissidenti ma anche da giornali “simpatizzanti”, come “Makelio” di Stefanos Chios (un giornalista di estrema destra che gira con la pistola in tasca), sia quella di “nepotismo”: in altre parole, di fronte allo scioglimento coatto del partito e alla inibizione di attività politica all’attuale gruppo dirigente, Michaliolakos spingerebbe avanti la figlia e il fidanzato Artemis Mattheopoulos.

L’uscita di Lagos, che si è portato appresso un nutrito gruppo di dirigenti, sicuramente crea enormi problemi a Michaloliakos. In primis economici, visto che Lagos si tiene per sé il lauto stipendio da europarlamenare e riduce la presenza del partito a Strasburgo a un unico seggio. Alba Dorata, in altre parole, è rimasta senza soldi e deve subito chiudere molte sezioni e sgomberare in fretta il palazzo affittato dopo l’entrata in parlamento nel 2012.

Ma la vera minaccia è un’altra. Buona parte dei voti di Alba Dorata sono andati a un’altra formazione, Soluzione Ellenica, che è sicuramente di estrema destra ma non si porta appresso alcun tipo di dogmatismo nazionalsocialista. Il capo di Soluzione Ellenica è un furbo televenditore che vende “autografi di Gesù Cristo” e cere miracolose del Monte Athos. Elogia Putin, insulta tutti i politici greci e s’erge a unico difensore della Patria e della Nazione. Ha un seguito considerevole nei piccoli centri, tra gli anziani e gli analfabeti di ritorno, che gli hanno regalato il 3,7 per cento e ben dieci deputati, ai quali va aggiunto l’unico seggio ottenuto a Strasburgo.

Velopoulos aveva iniziato la sua carriera politica in un’altra formazione di estrema destra. Si chiamava LAOS (Raggruppamento Popolare Ortodosso) ed era guidata da Giorgos Karatzaferis, un giornalista e deputato che si era distaccato da Nuova Democrazia ottenendo nel 2009 ben quindici seggi. Karatzaferis ha fatto l’errore di partecipare al governo del tecnocrate Loukas Papademos negli anni 2011-2012. Alle elezioni i suoi sostenitori si sono spostati in massa verso Alba Dorata. Ma non erano gli unici a fuggire da LAOS. Anche molti dei suoi ex ministri hanno abbandonato Karatzaferis per approdare alle comode poltrone di Nuova Democrazia. Erano l’ex televenditore Adonis Georgiadis, ora ministro dello Sviluppo, l’ex capo del Fronte lepenista in Grecia Makis Voridis, attualmente ministro dell’agricoltura, perfino il deputato Thanos Plevris, figlio di Kostas, l’agente dei colonnelli in Italia durante la stagione delle stragi. Velopoulos invece ha preferito fondare una sua formazione. Appena vinte le elezioni del 2012, il premier conservatore Antonis Samaras, che ha governato insieme con i socialisti del PASOK fino al 2014, ha premiato i nuovi arrivati affidando loro alcuni ministeri. 

Lo stesso sta avvenendo anche adesso, dopo la vittoria della destra alle elezioni di luglio. Georgiadis e i suoi camerati avevano sostenuto il nuovo premier Kyriakos Mitsotakis nelle primarie del 2006. Hanno ottenuto non solo nuovi incarichi ministeriali ma anche un deciso spostamento a destra di Nuova Democrazia. Un’estrema destra ultraliberista, nulla a che fare con i vari sovranismi che sono emersi nel resto d’Europa.

Ecco quindi un altro fronte aperto che la formazione nazionalsocialista non ha saputo affrontare. Molti voti hanno abbandonato Alba Dorata per tornare a casa, cioè a Nuova Democrazia. I motivi che avevano spinto loro a premiare una formazione alla sua destra, non ci sono più: senza grida e senza ossessioni hitleriane Mitsotakis ha saputo battere la sinistra e si appresta a restaurare l’ordine turbato da Tsipras. 

Difficile difendersi, visto che le sue deposizioni precedenti erano crollate di fronte a una massa enorme di prove contrarie. Al tribunale è stato dimostrato che la squadraccia ha eseguito le indicazioni che le venivano lungo la linea gerarchica dal responsabile del Pireo Ioannis Lagos e sopra di lui Michaloliakos in persona. Ma tutti gli imputati tentano disperatamente.

Il triste tramonto di Alba Dorata ultima modifica: 2019-08-25T17:56:52+02:00 da DIMITRI DELIOLANES
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