Italia verde, potenza e potenziale. Parla Realacci

“Grazie al Recovery Plan, il nostro paese può essere leader nella transizione verde”, sostiene il presidente della Fondazione Symbola.
MATTEO ANGELI
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Stamattina è stata presentata la dodicesima edizione di “GreenItaly”, il rapporto curato da Fondazione Symbola e Unioncamere, che misura e pesa la forza della green economy nazionale. Si tratta di un’edizione particolarmente attesa, perché l’Italia è il principale destinatario delle risorse del Recovery Plan e, anche per questo, è chiamata a un ruolo da protagonista nella transizione verde. Quali sono le sfide che la green economy italiana ha davanti a sé? ytali ne ha discusso con Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, figura di spicco nella storia recente dell’ambientalismo italiano. 

Ermete Realacci è presidente della Fondazione Symbola, presidente onorario di Legambiente e, dal 2001 al 2018, parlamentare con l’Ulivo e poi con il Pd

Ermete Realacci, perché le imprese green affrontano meglio la crisi?
Perché sono più resilienti e sanno intercettare le tendenze del futuro. Le 441 mila imprese che negli ultimi cinque anni hanno puntato sul green sono quelle che esportano di più, innovano di più, producono più posti di lavoro. Per almeno un terzo dell’economia italiana, essere “buoni” conviene. Questa tendenza, antecedente alla pandemia, ha avuto una conferma. Nonostante la terribile crisi economica causata dal Covid, gli investimenti e i posti di lavoro in campo ambientale sono infatti rimasti stabili anche nel 2020.

L’Europa ci ha dato una mano.
L’Europa ha rafforzato quella che era in parte una tendenza naturale delle imprese italiane. Dopo l’accordo di Parigi sul clima e il trauma della Brexit, ha cambiato direzione. Già prima della pandemia, la misura cardine del programma della Commissione Von der Leyen era il Green New Deal. 

Con l’arrivo del Covid, molti pensarono che la lotta alla pandemia avrebbe fatto passare in secondo piano questa spinta ambientale.
Invece l’Europa ha rilanciato, legando alla sfida ecologica non solo il Next Generation EU e il Recovery Plan ma anche i suoi finanziamenti ordinari. Per quanto riguarda poi il Recovery Plan, l’UE ha individuato tre linee d’azione, che sono: la coesione, la transizione verde e il digitale. Scegliendo di guidare la sfida alla crisi climatica e di costruire un’economia competitiva su questo terreno, l’Europa ha recuperato le sue ambizioni e la sua identità. 

Il governo italiano è all’altezza di queste ambizioni? 
Mario Draghi sì. Per il resto, va notato che il dibattito politico sul Recovery Plan ha spesso sottovalutato le tre linee guida dell’Europa. Bruxelles dice che il quaranta per cento delle risorse va investito nella transizione verde. Noi invece abbiamo dei ministri che hanno proposto d’inserire nel Recovery il tunnel sotto lo stretto! C’è stata una lunga fase, che in parte continua, di svuotamento dei cassetti. Di istituzioni e soggetti privati che, anche per la debolezza progettuale di larga parte della nostra amministrazione pubblica, hanno tirato fuori quello che già avevano senza fare i conti con gli obiettivi posti dall’Europa.

I progetti presentati dall’Italia rispondono o no ai criteri delineati dalla Commissione europea?
Se non lo fanno, non ci daranno i soldi. Non ho il quadro completo dei progetti, ma percepisco faglie di criticità enormi. Per esempio, lo scorso anno l’Italia ha installato circa 900 megawatt di fonti rinnovabili. Per rispettare gli impegni presi con l’Europa, ne dovremmo installare circa 7-8mila all’anno. Solo nel fotovoltaico, nel 2020 l’Italia ha installato 750 megawatt, mentre l’Olanda, che è grande come Sicilia e Calabria, con meno abitanti e meno sole, ne ha installati 1930. Quasi il triplo dell’Italia.

Fonte: GreenItaly, 2021

Perché nel nostro Paese è così difficile avanzare in questi campi? 
Da noi c’è una burocrazia soffocante, opposizioni spesso pretestuose e quindi una situazione per cui le aste destinate ad assegnare le quote vanno spesso deserte. Nessun imprenditore ha voglia di mettersi in una situazione nella quale per avere una risposta bisogna attendere quattro o cinque anni. Tali tempistiche sono peraltro incompatibili con le scadenze che ci dà l’Europa riguardo ai fondi del Recovery Fund. I progetti dovranno essere conclusi entro il 2026. Da questo punto di vista, non ci siamo. Le semplificazioni che per ora sono state proposte sono del tutto insufficienti per avvicinare questo obiettivo. 

Se non avviciniamo l’obiettivo, i fondi europei non arriveranno. 
Questo vale anche per altri settori. È la sfida principale che il governo Draghi ha davanti. Da questo punto di vista, tutti sanno che l’attuale presidente del Consiglio è l’unica garanzia per avere più possibilità di successo. 

Torniamo al vostro rapporto “Greenitaly”. Scrivete che il 13,7 per cento degli occupati in Italia svolgono un “green job”. È una cifra impressionante. 
In un anno in cui l’occupazione è stata sotto pressione, i green jobs sono leggermente aumentati. Inoltre, il 35 per cento dei nuovi assunti ha competenze ambientali. Ci sono settori dove questo è più evidente, come la ricerca e sviluppo, dove la cifra sale al 60 per cento. 

Un esempio emblematico è quello dell’edilizia. Il settore non andava più, non solo per ragioni ambientali ma anche di mercato. Dal giugno del 2019 a quello del 2021, invece, gli occupati nell’edilizia sono aumentati di 132mila unità e si pensa che aumenteranno di altre 200mila unità. Questo non è legato solo agli incentivi pubblici per l’economia, ma anche a una spinta verso un settore delle costruzioni più attento ai fattori legati all’ambiente, alle rinnovabili, al risparmio energetico.

Fonte: GreenItaly, 2021

Auto elettriche: in Italia la produzione di auto elettriche e ibride, che nel 2019 rappresentava solo lo 0,1 per cento, nel 2020 è salita del 17,2 per cento, mentre nel primo trimestre del 2021 è arrivata addirittura al 39 per cento. Come commenta questo trend esplosivo?  
Già nel 2018 Sergio Marchionne concesse un’intervista a doppia pagina sul Corriere della sera, in cui diceva che nel 2025 la metà delle autovetture vendute nel mondo sarebbero state ibride o elettriche. Si trattava di una vera e propria svolta a 180 gradi per colui che a lungo aveva sostenuto che l’auto elettrica non era il futuro. Da allora, FCA ha cercato solo partner che avevano un know how sull’auto elettrica, perché lei non l’aveva. È chiaro che questo è il terreno dove si gioca il futuro del settore. 

In Italia dobbiamo stare molto attenti, perché una parte importante della nostra produzione automobilistica consiste in forniture di qualità per le industrie tedesche. Le nostre imprese andrebbero aiutate a riconvertirsi, mettendo a loro disposizione risorse pubbliche, come si sta facendo negli altri paesi.

A fine ottobre comincia la COP26 a Glasgow. Come può l’Italia svolgere un ruolo da protagonista? 
Giocando all’attacco. Noi siamo avanti in molti settori. Cominciamo a fare il lavoro che gli altri fanno e noi non facciamo, cioè innalzare il livello dell’asticella, là dove siamo in vantaggio. Faccio l’esempio della chimica verde, dove siamo tra i migliori al mondo. Questo però deve diventare un progetto industriale. Abbiamo bisogno di istituzioni che quando vanno a negoziare in Europa siano capaci di far valere i nostri punti di forza, di difendere i settori più orientati al futuro.

Questa prospettiva è condivisa anche da alcuni grandi gruppi. Si pensi all’Enel, che ha scelto con nettezza, prima dell’Europa, di passare alle rinnovabili puntando all’azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro il 2050. Oggi Enel è il più grande produttore di fonti rinnovabili del mondo e l’azienda elettrica più quotata in borsa d’Europa, una delle due più quotate in borsa del mondo. L’ho detto all’inizio: se si fanno bene le cose, essere buoni conviene. Al contrario, presentare la transizione ecologica come una scelta di sacrificio e sofferenza, è sbagliato e totalmente controproducente. Come afferma papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si’: “La sobrietà non è contro l’economia, non è meno vita ma è una vita più piena”. Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro, come è scritto nel Manifesto di Assisi.

La dodicesima edizione del rapporto “GreenItaly” si può trovare sul sito della Fondazione Symbola.

Italia verde, potenza e potenziale. Parla Realacci ultima modifica: 2021-10-20T11:20:40+02:00 da MATTEO ANGELI
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