Nel programma ufficiale di Bergamo Capitale della Cultura 2023, appare trascurata e marginale la vocazione alla poesia che, invece, ha caratterizzato per sette lunghi decenni la storia culturale recente della città e del suo territorio, dove si è, infatti, depositata oggi la presenza di una folta koiné di poeti di riconosciuto valore e significativa notorietà, purtroppo prevalentemente extra-moenia. Un gruppo di amici, una piccola istituzione pubblica e una galleria privata, senza mezzi e senza polemica, hanno cercato di colmare questa carenza progettuale, avviando, in tre tappe, un percorso di riapertura in bergamasca di luoghi di educazione alla poesia, attraverso l’incontro, le letture e il dialogo fra i poeti e fra questi e i lettori. Così è nato il progetto Abitare la Poesia – da Bergamo, che si svolgerà i prossimi 29 giugno, a Bergamo, 2 e 9 luglio, in provincia, a Comenduno di Albino.
Dalla fine dell’ultima guerra mondiale del secolo scorso a tutta la prima decade di questo secolo, nella città e nel territorio di Bergamo si sono succedute, quasi senza soluzione di continuità, importanti manifestazioni di grande valore nazionale dedicate alla poesia, che sono state animate dalla presenza continuamente rinnovata della voce e dei versi di tutti i più rappresentativi poeti italiani degli ultimi settant’anni, al punto che, se si raccogliesse anche solo un testo per ciascuno di loro, si potrebbe realizzare un’antologia pressoché completa della poesia italiana contemporanea del secondo Novecento e della prima decade del Duemila, sia in lingua che in dialetto. Elencare tutti gli autori di poesia che sono via via intervenuti nell’uno o nell’altro contesto, sarebbe faccenda lunga e necessariamente incompleta. Tuttavia, bastano alcuni nomi, per dare almeno l’idea della successione generazionale di importanti e spesso ripetute presenze: dai classici come Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Corrado Govoni alla generazione dei Mario Luzi, Edoardo Sanguineti, Piero Bigongiari, Carlo Erba, Andrea Zanzotto, Jolanda Insana, Alda Merini, Fernando Bandini, coi dialettali Franco Loi, Raffaello Baldini, Paolo Baldan, Tolmino Baldassari… e alle generazioni più vicine dei Tiziano Rossi, Milo De Angelis, Lino Angiuli, Maurizio Cucchi, Mario Benedetti, Giampiero Neri, Vivian Lamarque, Valerio Magrelli, Antonella Anedda, Annelisa Alleva, Franco Buffoni, Gianni D’Elia, Alberto Bellocchio, Vincenzo Guarracino, Alberto Bertoni, Enrico Trevi, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Giacomo Trinci, Giancarlo Sissa, coi (anche) dialettali Assunta Finiguerra, Achille Serrao, Umberto Zanetti,Pierluigi Cappello, Nelvia Di Monte, Emilio Rentocchini, Edoardo Zuccato, Giovanni Nadiani…

In particolare, dai primi anni Novanta del secolo scorso fino a tutto il terzo lustro di questo, si sono svolte a lungo – e pressoché contemporaneamente – in bergamasca iniziative dedicate alla poesia, promosse e sostenute da enti pubblici e privati, che avevano ottenuto credito e visibilità negli ambiti nazionali più qualificati e vivaci: le rinnovate edizioni del Premio di Poesia di San Pellegrino (fondato nel 1946), con la prestigiosa presidenza di Raffaele Crovi e quella successiva di Franco Loi; la Rassegna di canti e di poeti “Tuoi cespi solitari intorno spargi”, ideata e diretta in città da Gabrio Vitali; il Premio e Laboratorio di poesia “Il lago verde” di Casazza, di nuovo con presidenza e direzione di Vitali; la Rassegna e l’annesso Premio nazionale della poesia italiana in dialetto, gestiti ancora da Vitali; gli incontri annuali di Treviglio Poesia, ideati e condotti da Cristiano Poletti. Tutte iniziative destinate a confluire nel grande e articolato progetto, purtroppo mai nato davvero, di Bergamo Poesia che amministrazioni locali e università avevano prima promosso e poi rapidamente e inspiegabilmente cassato. Così, nell’ultimo decennio, quella tradizione culturale delterritorio bergamasco e del suo capoluogo, con vocazione importante alla poesia, è stata progressivamente interrotta e sempre più misconosciuta da istituzioni e associazioni locali, tant’è vero che si fatica ormai a tenerne memoria. L’ultima conseguenza di questa triste storia è che, oggi, le pur fastose manifestazioni in corso in città per le celebrazioni di Bergamo Capitale della Cultura 2023, non portano traccia significativa di iniziative, presentazioni o dibattiti che riguardino la poesia contemporanea e la sua importanza culturale e civile.
Tuttavia, quella lunga storia di interazione e di confronto fra poeti di ogni provenienza e di incontro dei cittadini con la poesia ha depositato e fatto fiorire in bergamasca una vasta koinè di voci poetiche originali e di riconosciuta qualità letteraria, che attraversa più generazioni di autori. Ciascuno di questi poeti, naturalmente diversi fra loro per percorso di maturazione, per postura culturale e per tecnica linguistica, ha saputo collocare la propria vocazione poetica in un intreccio di relazione e di dialogo con i più qualificati ambienti della poesia italiana ed europea, nei quali ha riscontrato significativi e, a volte, persino prestigiosi riconoscimenti. Ma la qualità e l’importanza della loro scrittura nel panorama letterario italiano sono rimaste ampiamente sconosciute negli ambienti culturali e al pubblico bergamaschi, per via dell’assenza sul territorio di luoghi istituzionali di poesia, nei quali incontrarsi e confrontarsi fra loro, dialogare coi lettori e, di conseguenza, far crescere l’interesse e l’accoglienza collettivi verso la forza formativa, comunicativa e relazionale che si irradia, da un autentico linguaggio poetico, in ogni contesto etnico e civile che lo ascolti e ne partecipi.
È stato per primo Maurizio Noris, poeta dialettale, editore e animatore di progetti di cura sociale ed ecologica, a pensare di far fronte a questo vuoto istituzionale sulla poesia con la costruzione di un programma di valorizzazione della ricerca poetica in bergamasca, alla quale ha saputo impegnare la collaborazione di alcuni amici: Vittorino Balini, architetto e titolare di uno studio-galleria in cui si presentano percorsi tematici di contaminazione e intreccio fra arti visive e scrittura; Marco Pelliccioli, poeta e scrittore, ideatore di incontri di poeti di seconda generazione e conduttore, a Milano, di corsi sulla poesia italiana e straniera contemporanee; Cristiano Poletti, poeta insignito di importanti riconoscimenti italiani ed europei, pittore, critico e già direttore di vari programmi di divulgazione poetico-letteraria; e Gabrio Vitali, studioso e critico, oggi collaboratore di ytali.com, sul cui sito on line coordina la serie di articoli-recensione Perché Poesia.
Questo gruppo si è anzitutto confrontato sull’importanza di un approccio educativo e formativo alla poesia e alla scrittura letteraria, in questo particolare passaggio dell’epoca contemporanea, ed ha redatto un piccolo manifesto con cui motivare l’impegno progettuale al quale si è poi dedicato. Ne riportiamo qui uno stralcio di interesse generale:
Nel rapporto fra civiltà umana e pianeta, stiamo attraversando una crisi evolutiva, nella quale la micidiale e distruttiva declinazione dei tre flagelli, peste guerra e terremoto, che da sempre affliggono e spesso corrompono le società nella storia e la loro ecologia, sta portando oggi verso derive collassanti e, forse, esiziali. In tale contesto planetario, in ogni luogo, la poesia si pone come atto di responsabilità non solo nei confronti della storia, ma nei confronti della vita tutta e in esse va a individuare i fondamenti e i valori di una rinnovata civiltà umana. La poesia, cioè, viene di nuovo chiamata alla sua funzione antropologica più precipua e decisiva: quella di una corale e continua rivitalizzazione dei linguaggi, che informano i modelli di pensiero e di comportamento con i quali interroghiamo, ci raccontiamo e, quindi, viviamo la nostra condizione di donne e di uomini nel mondo. E coi quali ci educhiamo, pertanto, a leggere e a comprendere meglio noi stessi e lo stato della nostra civiltà. Ci pare, per questo, importante provare ad avviare, anche a Bergamo, un percorso di conoscenza e di educazione alla poesia contemporanea, nel corso del quale misurare e imparare le risorse che la lingua offre a rimodulare e rinnovare le forme e i valori che improntano le nostre percezioni della vita individuale e della storia collettiva, collocate negli scenari locali e globali di quest’epoca inedita e difficile.

Il Museo etnografico della Torre, in Comenduno di Albino, in collaborazione con lo Studio Vittorino Balini di Cene, ha accolto poi l’idea di provare a ricostituire, nella provincia bergamasca un luogo di poesia e ha offerto, per la sua concretizzazione, lo splendido scenario del parco della Villa Briolini/Regina Pacis (presso la quale il museo ha sede) per ospitarne una prima edizione. Assumendo una visione non ristretta, localistica e solo conservativa dello studio del prodotto dell’etnologia, e valorizzando, invece, una dimensione dinamica, articolata e globale della propria funzione, il museo di Comenduno ha saputo leggere la lingua della poesia come il prodotto più alto, sempre vivo e rinnovato dell’etnologia (cioè, della cultura) di un popolo e della sua civiltà. E per questo si è offerto come sede di incontro, di confronto e di testimonianza della qualità di una poesia che si esprime, attraverso i suoi scrittori, sul e dal territorio bergamasco e si rivolge, come ogni opera d’arte, al mondo intero.
Da questo intreccio di riflessioni e motivazioni, di confronti e di collaborazioni è nato, alla fine il progetto ABITARE LA POESIA da Bergamo, un Reading di poesia in tre appuntamenti con la partecipazione di quattordici poeti bergamaschi accompagnati dalle performances di quattro musicisti e dalle opere di tre artisti visivi. L’apertura, il 29 giugno alle 18.00, avverrà presso lo Studio Balini di Bergamo, con la presentazione di un’esposizione di poesie inedite (ispirate ad atmosfere bergamasche da ciascun poeta partecipante), accompagnate dall’interpretazione grafico-pittorica delle tavole di Antonio Mangone e la cui lettura sarà contrappuntata dalle improvvisazioni musicali. In quest’ambito, Vittorino Balini ed altri presenteranno l’intero programma e ne illustreranno le finalità.
Gli altri due appuntamenti, del 2 e del 9 luglio, si svolgeranno presso la sede del Museo della Torre, nel parco di Villa Briolini/Regina Pacis a Comenduno di Albino, sempre con inizio alle 15.45. Nel primo, introdotte da Marco Pelliccioli, si ascolteranno le voci dei poeti bergamaschi più giovani Agostino Cornali, Alessandro Grippa, Andrea Marchesi, Luca Minola e Stefano Pini; mentre Gabrio Vitali presenterà i dialettali bergamaschi Maurizio Noris e Ferruccio Giuliani. Nel secondo, introdotte da Cristiano Poletti, si avranno le letture dei bergamaschi meno giovani Nadia Agustoni, Corrado Benigni, Marisa Brecciaroli, Paola Loreto, Giusi Quarenghi e Liliana Zinetti; a conclusione, Vitali introdurrà la lettura dell’ospite bresciana Franca Grisoni, poeta nel dialetto di Sirmione e una delle voci più alte della poesia italiana contemporanea.
Insieme alle letture di poesia, il pubblico potrà ascoltare gli interventi musicali di Roger Rota al sax e di Adelio Leoni alla chitarra, la prima giornata, e quelli di Vincenzo Zitello all’arpa celtica e di Davide Ferrari in voce, la seconda giornata; saranno infine proposte, nella sede del reading, le installazioni dedicate alla poesia dalle artiste Nicoletta Freti e Clara Luiselli.
Il Museo etnografico della Torre ha voluto, infine, dare una dimensione festosa e gioiosa (come è giusto) a questi eventi dedicati alla poesia e all’arte in terra bergamasca ed ha pertanto rinverdito l’antica tradizione locale dell’andar per frósche a far festa: all’ingresso di cascine e case di campagna veniva innalzato un ramo frondoso (una frasca) ad indicare che in quel luogo ci si poteva ristorare con prodotti di stagione, cucina nostrana, vino e, magari, cantare e suonare insieme. Una grande e allegra frósca di poéti: polenta e poeséa concluderà così, in modo molto bergamasco, il ripristino di un luogo per la parola poetica in quel di Bergamo, perché la città possa tornare ad essere, com’era prima, una capitale della poesia italiana contemporanea.



In copertina un acquerello del Museo della Torre di Comeduno

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