Ma dove vai Italia in bicicletta?

In occasione del secondo centenario del primo veicolo a due ruote, Legambiente, in collaborazione con VeloLove e Grab+, pubblica un rapporto sull’economia della bici nel nostro paese e sul valore economico del suo uso.
GIORGIO FRASCA POLARA
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Al castello di Karlsrhue giovani e meno giovani han fatto festa. Si celebravano i duecento anni della bicicletta: la prima fu creata nel 1817 dal tedesco Karl Drais. Si chiamava “Draisine” e non aveva pedali. Ora ci sono, e non solo i pedali. Ci sono persino le bici elettriche. E le piste ciclabili sorgono un po’ dovunque. Ma non tutto va come si vorrebbe, come sarebbe necessario anche per la salute. Leggere, per credere, il recente primo rapporto di Legambiente sull’economia della bici in Italia e sul valore economico del suo uso, realizzato in collaborazione con VeloLove e Grab+.

Cominciamo dal fatturato, in crescita: sei miliardi e duecento milioni che comprende la produzione di bici e accessori, delle ciclovacanze e dell’insieme delle “esternalità positive” generale dai biker. Intanto, i frequent biker cioè gli italiani che utilizzano sistematicamente la bici per coprire il tragitto casa-lavoro e viceversa, sono 743mila. Un po’ pochi. Ma con delle eccezioni.

Sono dodici le città che raggiungono performance di ciclabilità qualitativamente analoghe a quelle di altri paesi europei: quota di spostamenti in bici del quindici per cento sul totale degli spostamenti urbani. In quattro di queste (Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso) più di un quarto della popolazione usa la bici per gli spostamenti quotidiani per motivi di studio, lavoro e svago. Un abitante su sei usa la bicicletta a Cremona, Rimini, Pisa, Padova, Novara e Forlì. E anche in una città come Milano gli spostamenti in bici rappresentano il sei per cento. Roma è fanalino di coda: solo cinque abitanti su mille (ripeto, cinque su mille) usa questo mezzo di circolazione. Con le attenuanti del traffico impazzito, delle buche, delle piste assurdamente tracciate, della mancanza di qualsiasi fattore regolatore, a cominciare dall’inesistenza dei vigili.

Di più, rivela Legambiente: in sette anni, tra il 2008 e il 2015 le infrastrutture riservate a chi pedala nelle città capoluogo sono aumentate del cinquanta per cento, eppure la percentuale degli italiani che utilizzano la bici (a pedale o a pedale assistito) per gli spostamenti è rimasta immutata: era il 3,6 per cento nel 2008, ed era ancora il 3,6 per cento nel 2015.

Perché mai? Il problema è che il successo della bici è direttamente proporzionale alla buona organizzazione delle città.

Spesso – spiega Alberto Fiorillo, portavoce nazionale di Legambiente – i percorsi per le due ruote vengono studiati seguendo criteri assurdi: utilizzare per le piste ciclabili gli spazi disponibili più che quelli utili, e lasciare il primato alle auto a costo di sacrificare la sicurezza delle due ruote.

Inoltre, realizzare piste ciclabili in aree marginali delle città o interromperne il percorso con attraversamenti per automobili comporta una riduzione secca della stesa funzionalità della ciclopista.

Il rapporto considera anche il valore così detto economico della bici: Legambiente ha calcolato che il suo uso si traduce in una riduzione dell’inquinamento atmosferico, in benefici sanitari e salutari (non a caso i cardiologi ne raccomandano il moderato ma sistematico uso), il contenimento dei costi delle infrastrutture e della “artificializzazione” del territorio. Come dire che

il risultato di 6,2 miliardi di fatturato generato dal valore economico della bici è semmai senz’altro sottostimato, perché ci sono una serie di elementi positivi come la diminuzione dei tempi di percorrenza legati a una diminuzione della congestione o la ricchezza generata da uno spazio pubblico di qualità.

Da ultimo, dal paragrafo “l’emergenza insicurezza stradale” del report, emerge come “riequilibrare le varie modalità di trasporto può servire anche a migliorare le sicurezza”. Le cifre riferite da Legambiente sono inquietanti: nel 2015, per la prima volta in tre lustri, sono aumentati i decessi causati da incidenti stradali (3.428, +1,4 per cento rispetto all’anno precedente) e i feriti gravi: quasi 16mila contro i 15mila del 2014, +6,4 per cento. Tra le vittime si sono contati 602 pedoni e 251 ciclisti.

Un uso maggiore della bici, oltre ad aiutare a snellire il traffico, e se le piste fossero sempre realizzate razionalmente, offrirebbe benefici sia sul piano della salute che su quello economico.

Proprio partendo dal questo dettagliato rapporto, i deputati Aris Prodani e Walter Rizzetto – gruppo misto dopo avere abbandonato M5S – hanno investito il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dei dati, delle considerazioni e dei suggerimenti di Legambiente per chiedere due cose al governo: quali iniziative si intendono promuovere per incentivare l’uso della bicicletta in ambito urbano; e come si intende garantire il miglioramento delle infrastrutture viarie, soprattutto per quel che riguarda la realizzazione di piste ciclabili nelle città. Piste razionali, s’intende, non come certune per esempio fatte apposta a Roma per confondere i biker, o per renderli vittime di incidenti…

Nelle illustrazioni le biciclette di Mario Schifano tratte dal sito ITALIAN WAYS

Ma dove vai Italia in bicicletta? ultima modifica: 2017-06-01T10:29:57+02:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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