Che l’ombra di Salvini, l’ex ministro xenofobo e razzista, gravi ancora sul Viminale e soprattutto sugli uffici periferici? Già, perché, come documenta il deputato Erasmo Palazzotto (Leu) in un’interrogazione alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese,
numerosi ritardi e forti criticità si registrano nello stato di avanzamento dell’esame delle domande di emersione e regolarizzazione presentate in base al decreto legge n. 34 del 19 maggio dell’anno scorso, il cosiddetto Rilancio.
Vediamole, dunque, queste cifre che testimoniano di un allarmante rallentamento delle procedure che ha tutte le stigma del leader del Carroccio, che note circostanze hanno consentito di licenziarlo da ministro dell’Interno nel settembre dell’oramai lontano 2019.
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Dunque, al 31 dicembre 2020, sulle oltre 207.000 domande presentate dai datori di lavoro per l’emersione di un rapporto irregolare o l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con un cittadino straniero, in tutta Italia erano stati rilasciati solamente 1.480 permessi di soggiorno, pari allo 0,71 per cento del totale. Un mese e mezzo dopo, al 16 febbraio di quest’anno, solo il cinque per cento delle domande presentate sarebbe giunto (secondo il Viminale) nella fase finale della procedura, mentre il sei per cento è nella fase precedente la convocazione dei datore di lavoro e del lavoratore per la firma in prefettura del contratto e il successivo rilascio del permesso di soggiorno.

Poco, troppo poco. E c’è di più e di peggio: secondo una ricerca di Ero Straniero, in cinquanta prefetture su centocinque non risultano nemmeno avviate le convocazioni, così che tutte le pratiche sono ancora nella fase iniziale dell’istruttoria. Insomma, circa 200mila persone sono a oggi “sospese”, in attesa di sapere se la propria domanda andrà a buon fine. Come dire che, a quasi un anno dall’entrata in vigore delle nuove norme, la stragrande maggioranza degli extracomunitari interessati alla legalizzazione del loro soggiorno vive nell’incertezza, nella precarietà. Quasi che, appunto, ci fosse ancora la mano di Salvini non dico a guidare la ministra Lamorgese ma una parte almeno dei suoi sottoposti.
Singolare, poi, la differenza oggettiva di comportamento tra prefetture e questure. C’è infatti un secondo canale di accesso previsto dal decreto “Rilancio”: quello che prevede sia il lavoratore a chiedere direttamente alla questura un permesso di soggiorno temporaneo in forza di precedenti esperienze lavorative in settori specificamente indicati nella norma. E qui la situazione appare decisamente migliore.
Sarà che il numero delle richieste è assai minore, sarà che le procedure sono più snelle, sarà ancora (o forse soprattutto) che le questure operano in base a una più responsabile direttiva, certo è che già al 31 dicembre 2020 erano stati rilasciati 8.887 permessi di soggiorno temporanei su 12.986 domande presentate, e di quelli 346 sono stati convertiti in permessi di soggiorno per lavoro.
Ora è in corso la campagna di vaccinazione anti-Covid. Allora
è fondamentale – sottolinea Palazzotto – che il maggior numero di persone in possesso dei requisiti sia regolarizzato il prima possibile ed esca dall’invisibilità in modo da garantire una maggiore copertura della popolazione.

Da qui la richiesta di un provvedimento straordinario di regolarizzazione degli addetti al comparto agroalimentare per evitare da un lato il bis dello stop della primavera-estate dell’anno scorso e dall’altro l’esasperazione del fenomeno del caporalato e del lavoro clandestino. Quindi subito emersione e regolarizzazione.
Altra proposta e altra strada: riprendendo una proposta di Ero Straniero, si suggerisce di
introdurre canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori di Paesi terzi governando i flussi verso il nostro Paese, senza costringere chi migra a farlo attraverso rotte irregolari sempre più pericolose.

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