Keir Starmer, il ritorno della “soft left”

Il nuovo leader laburista riporta il partito nel solco di Blair. Non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso l’immagine di personaggio poco carismatico e, se vuole arrivare a Downing Street, dovrà ora cambiare passo. Sarà in grado di farlo?
FRANCESCO GUIDI BRUSCOLI
Condividi
PDF

In Gran Bretagna sta crescendo enormemente la pressione nei confronti di Boris Johnson, accusato di aver partecipato a (o di aver permesso che si svolgessero) alcuni drinking parties a Downing Street, sede della residenza e degli uffici del primo ministro, durante il periodo del lockdown. Mentre il governo chiedeva ai propri cittadini di stare a casa e di limitare i contatti con terze persone, proprio in quella sede si sono tenuti almeno tredici parties. Questi sono stati presentati come work meetings o socially distanced drinks, ma Johnson – pur sottolineando che il tutto si manteneva all’interno delle regole – si è dovuto scusare, in particolare per due eventi (a cui lui non ha partecipato) tenuti durante i giorni di lutto che hanno preceduto i funerali del Principe Filippo, defunto consorte della regina. Il primo ministro – assieme all’allora compagna, poi divenuta terza moglie, Carrie Symonds – è stato tuttavia presente all’evento del 20 maggio 2020. Dopo l’esplosione dello scandalo, lo scorso dicembre, Johnson ha fornito varie versioni, passando dall’iniziale negazione fino alla recente accorata scusa in cui ha ribadito che comunque egli credeva “implicitly” che si trattasse di un “work event” (qui il video della sua dichiarazione del 12 gennaio 2022).

Questo non è che l’ultimo degli scandali che hanno toccato Johnson e il suo governo (da menzionare, ad esempio, le spese folli per i lavori nel suo appartamento a Downing Street o i seggi nella House of Lords “offerti” a finanziatori dei tories). E proprio in questi giorni si è aggiunta un’ulteriore tegola: l’accusa di Nusrat Ghani, ex sottosegretaria ai trasporti, che ha dichiarato di esser stata costretta a lasciare il suo ruolo nel 2020 in quanto musulmana (Muslimness was raised as an issue).

Il primo ministro è sempre stato un personaggio controverso e ha ricevuto pesanti critiche per il modo in cui ha gestito la pandemia, specialmente nelle sue fasi iniziali. Non particolarmente amato all’interno del suo partito, è riuscito a sfruttare la Brexit per prenderne la leadership e arrivare a Downing Street. Tra i suoi critici più feroci vi è Dominic Cummings, suo ex chief adviser, il quale, dalle dimissioni di fine 2020 per attriti con il primo ministro, non ha mancato di farlo bersaglio di critiche e insinuazioni, accusandolo spesso di mentire (e definendolo incapace di governare, come un “carrello da supermercato che [se non guidato] sbatte da un lato all’altro del corridoio” – a shopping trolley smashing from one side of the aisle to the other).

Keir Starmer si sottopone al booster del vaccino anti-Covid

Il problema del primo ministro, ora, è che, sfruttando lo scandalo delle feste, alcuni parlamentari del suo partito hanno iniziato a chiederne le dimissioni. Johnson ha vinto nettamente le elezioni del 2019, e dovrebbe rimanere in carica fino al 2024, ma è da vedere se la fronda interna sarà sufficientemente forte da costringerlo a lasciare. Decisivi saranno i risultati dell’indagine che è stata affidata a un’alta funzionaria governativa, Sue Gray: se le responsabilità di Johnson risultassero chiare e inequivocabili (si giocherà certamente anche sulle sfumature delle parole) la fronda interna al partito potrebbe ampliarsi e la posizione di Johnson sarebbe difficile da tenere. Questo aprirebbe una lotta per la leadership conservatrice che è ancora tutta da valutare.

La declinante popolarità del primo ministro ha fatto ovviamente crescere nei sondaggi il Partito laburista che, nelle intenzioni di voto dei cittadini britannici, avrebbe ora un vantaggio di almeno dieci punti percentuali su quello Conservatore.

Maggiore attenzione deve essere dunque dedicata al leader di tale partito, Sir Keir Starmer (anche se egli preferisce che il titolo di sir, conferitogli nel 2014 per “services to law and criminal justice”, non sia utilizzato quando ci si rivolge a lui). Starmer, a cui i genitori dettero il nome del fondatore del Partito laburista, è nato nel 1962. Avvocato specializzato nella tutela dei diritti civili e poi “director of public prosecutions”, è diventato deputato nel 2015 e ministro ombra per la Brexit nel 2016. Dopo la disastrosa sconfitta elettorale dei laburisti nel 2019 – e le conseguenti dimissioni di Corbyn – Starmer si è candidato alla leadership del partito, risultando eletto il 4 aprile 2020. Sarà lui a cercare di riportate al potere i labour, che sono all’opposizione dal 2010 (governi di Cameron, May e Johnson).

Sir Keir, a sinistra, con Anas Sarwar, Leader dello Scottish Labour
.

L’ultimo leader laburista ad aver vinto le elezioni è stato Tony Blair, che lo ha fatto tre volte consecutive. Dopo il passaggio di consegne (sia della premiership sia della leadership del partito) a Brown e la sconfitta elettorale del 2010, i laburisti si sono trovati divisi tra chi mirava a seguire la linea più “centrista” del New Labour blairiano e chi invece propugnava un ricollocamento verso sinistra. La rappresentazione plastica di questa divisione si è avuta subito, nella lotta fratricida che ha visto Ed e David Milliband contendersi la leadership del partito. Fu il primo – il più giovane dei fratelli – a uscire vincitore con un ristretto margine, soprattutto grazie all’appoggio delle organizzazioni sindacali (mentre David aveva l’appoggio dei parlamentari e dei membri del partito). La sconfitta elettorale del 2015 portò alle dimissioni di Milliband, a cui succedette trionfalmente Corbyn, con cui la sinistra del partito ha consolidato il proprio potere. La “corbynmania” che caratterizzava molti supporter non ha tuttavia mai contagiato i parlamentari laburisti, tanto da portare presto a una “leadership challenge” da cui Corbyn uscì comunque vincitore. Nelle elezioni anticipate convocate nel 2017 da Theresa May, primo ministro conservatore, i laburisti ottennero un risultato inaspettatamente positivo; questo non bastò ad arrivare al governo del paese, ma consolidò momentaneamente la posizione di Corbyn. Due anni più tardi, tuttavia, l’esito della nuova tornata elettorale fu disastroso, come detto, e portò alle dimissioni del leader, a cui seguì l’elezione di Starmer.

Con quest’ultimo il partito si è riorientato un po’ più verso il centro, secondo la dottrina della “soft left”, una posizione che potremmo collocare a sinistra dei seguaci dell’ex new labour ma a destra del corbynismo. In un paese ancora fortemente classista come il Regno Unito, Starmer è stato accusato da alcuni di essere troppo middle-class per guidare un partito come quello laburista; egli, primo membro della famiglia ad andare all’università, si è dovuto difendere evidenziando invece le proprie origini dalla working-class, in virtù di un padre operaio attrezzista e di una madre infermiera. Altri invece non vedono di buon occhio il suo essere londinese, in un momento in cui si sta accentuando il dualismo centro (Londra)-periferia (il resto del paese). Le due questioni non sono irrilevanti, poiché i laburisti, se vogliono tornare al potere, devono riconquistare i voti delle classi operaie del Nord, ultimamente persi a favore dei tories.

Sir Keir con le parlamentari Preet Kaur Gill, a destra, e Jess Phillips

Molti osservano come la leadership di Starmer – che si è dipanata interamente in un periodo unico e complicato come quello della pandemia – abbia seguito delle tappe ben precise. La prima di queste è stata caratterizzata dal consolidamento delle proprie posizioni all’interno del partito. Starmer si è scusato per l’antisemitismo che serpeggiava tra i laburisti durante la guida di Corbyn e non ha usato il guanto di velluto per espellere il predecessore e altri rappresentanti dell’ala sinistra del partito. La seconda fase è stata quella della critica al governo Johnson: Starmer ha cercato di acquisire credibilità nella nazione con attacchi frontali sulla gestione della pandemia ma non solo. Forte della sua esperienza come prosecutor, cerca di non dare scampo al primo ministro, evidenziandone le bugie; la recente vicenda delle feste a Downing Street gli fornisce ovviamente occasioni succulente in tal senso. Insomma, potremmo dire, nel primo biennio Starmer ha seguito una politica al contempo anti-corbynista e anti-johnsonista, tanto da essersi recentemente rifiutato di rispondere quando gli è stato chiesto se Corbyn sarebbe stato un miglior primo ministro rispetto a Johnson.

Ora però viene – deve venire – la fase tre, la più difficile. Essere anti, infatti, è facile, ma nei due anni abbondanti che mancano a fine legislatura Starmer deve dimostrare di poter governare, ovvero di essere in grado proporre un’alternativa credibile rispetto ai conservatori, da chiunque essi siano guidati alle prossime elezioni.

Keir Starmer e al suo fianco la cancelliera ombra Rachel Reeves

Per quanto riguarda la politica estera, pur essendo stato un convinto remainer e avendo ricoperto il ruolo di ministro ombra per la Brexit, non pensa a un ritorno nell’Unione europea (eventualità peraltro ormai esclusa dai più), ma solo a un approccio conciliante nei rapporti con l’UE. Nel discorso di inizio anno, a gennaio, ha ribadito che il labour è un partito “fortemente patriottico”, in questo distanziandosi ancora una volta dall’ala sinistra del partito, restia a utilizzare tale termine. Ha poi proposto alcune soluzioni per fronteggiare la crisi, come aiuti economici alle famiglie per i pagamenti delle bollette e miglioramenti nel settore della sanità. In un recente articolo il Sunday Times evidenzia come proprio il mostrare di avere capacità di gestire le risorse finanziarie sarà un elemento importante per assicurare il successo a Starmer e alla sua candidata ministro dell’Economia, Rachel Reeves, data l’onerosità delle politiche proposte. Il partito stesso, che ha subito un crollo dei tesseramenti, non versa in condizioni floride: sono molto diminuiste le donazioni da parte dei sindacati e si sono alzate enormemente le spese legali per questioni legate all’anti-semitismo (residuo dell’epoca corbyniana). In caso di difficoltà finanziarie, Starmer sarebbe subito oggetto di attacchi (del tipo “se non sai gestire i fondi del tuo partito, come pensi di poter gestire quelli di un intero paese?”).

Dopo tornate elettorali altalenanti nell’ultimo anno (elezioni locali favorevoli ai conservatori nel maggio 2021, ma una suppletiva parlamentare favorevole ai laburisti a dicembre), Starmer deve convincere gli elettori di poter essere un buon primo ministro. Negli ultimi mesi, come detto, il tasso di approvazione per il suo partito è cresciuto, ma molto pare dovuto alle difficoltà del governo conservatore e del suo leader. Insomma, se Starmer è davanti a Johnson nei sondaggi, più che a meriti suoi è dovuto a demeriti dell’avversario.

Nel 2014, quando era ancora sindaco di Londra, Boris Johnson (che aveva un passato da giornalista) scrisse una biografia piuttosto apologetica su Churchill, The Churchill Factor, in cui mirava a evidenziare parallelismi fra sé e l’illustre predecessore. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, nonostante il trionfo contro il nazismo ottenuto anche grazie alla sua trascinante leadership, Churchill perse le elezioni contro l’assai meno carismatico leader laburista, Clement Attlee, ritenuto evidentemente più affidabile nel gestire un paese uscito stremato dalla guerra.

Starmer, definito da alcuni osservatori come plodder (sgobbone), non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso l’immagine di personaggio poco carismatico. Come si è appena visto, il carisma da solo non è una garanzia di successo (come non è necessariamente un ostacolo la sua assenza). Tuttavia, se vuole arrivare a Downing Street, dovrà ora cambiare passo. Sarà in grado di farlo?

Immagine di copertina: Keir Starmer con Richard Ratclife, in sciopero della fame per la liberazione della moglie Nazanin Zaghari-Ratcliffe, detenuta a Teheran, 9 novembre 2021

Keir Starmer, il ritorno della “soft left” ultima modifica: 2022-01-24T16:30:23+01:00 da FRANCESCO GUIDI BRUSCOLI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

VAI AL PROSSIMO ARTICOLO:

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento