Il tempo è quasi scaduto ma Matteo Renzi prova affannosamente, seppure senza molta convinzione, a riaprire i giochi per una parziale alleanza di centrosinistra che eviti la sconfitta del Pd e di ciò che resta della sinistra alle prossime elezioni. Lo fa in “zona Cesarini”, con la proposta di ritocchi alla manovra economica e al jobs act rivolgendosi al Mdp di Pier Luigi Bersani.
Su Renzi per un’apertura a sinistra premono – oltre la minoranza interna – pure Giuliano Pisapia, Laura Boldrini ed Emma Bonino che non vorrebbero arrendersi alle difficoltà politiche di una lista autonoma seppure collegata al Pd in cui chiamare a raccolta Prodi, Veltroni, Letta e altri che furono padri nobili dell’Ulivo. Domenica, Campo progressista di Pisapia si è riunito a Roma:
Va evitato un nuovo voto siciliano. Dobbiamo fare di tutto per unire nella discontinuità politica.
In politica, però, a differenza del football, i goal fatti negli ultimi minuti o in quelli di recupero sono rari. Dissensi e incomprensioni sono infatti impossibili da superare nel giro di poche settimane, a meno che nel Pd non avvenga una cospirazione di Palazzo per far fuori Renzi.
Questa è del resto la condizione posta dalla sinistra non piddina (non da Pisapia e Bonino) per provare anche solo a parlarsi tra diversi. Il tempo sembra davvero scaduto, se si guarda a ciò che si muove a sinistra del Pd. Questa volta a fare il leader inaspettato, addirittura della sinistra della sinistra, ci prova Pietro Grasso, quarantatre anni di onorata carriera in magistratura alle spalle e di lotta alla mafia di cui il maxiprocesso è stato il culmine.
Simpatie progressiste e di sinistra mai celate, Grasso fu eletto nel 2013 senatore indipendente con il Pd e poi presidente di Palazzo Madama. La sua gestione del senato è ritenuta dai più senza infamia e senza lode, avendo dovuto fare i conti con una legislatura dalla maggioranza incerta e dai programmi non lineari. L’handicap sta tuttavia nel fatto che i magistrati, con l’eccezione di Luciano Violante, di solito hanno fortune effimere quando diventano leader politici (Di Pietro, Ingroia). Un po’ come i sindacalisti (Bertinotti, Cofferati).
È bastato però che Grasso prendesse clamorosamente le distanze dal Pd sulla richiesta di voto di fiducia al senato inerente la legge elettorale per diventare così simpatico alla sinistra della sinistra da esserne considerato il leader potenziale. “In quel ruolo ci starebbe da Dio”, ha dichiarato per esempio Bersani convincendo sulla bontà di questa indicazione – almeno per ora – Anna Falcone e Tomaso Montanari (promotori di assemblee in cento città per una lista unitaria, dopo la kermesse del Brancaccio), Pippo Civati e Nicola Fratoianni.
Potrebbe accettare questa soluzione obtorto collo pure Pisapia, surclassato nel ruolo di leader proprio da Grasso. D’Alema si è intanto sperticato in elogi per il presidente del senato (“Se Grasso volesse fare politica con noi, sarebbe un grande onore. È una grande personalità e da giovane era comunista”). Il presidente del senato, quindi, con qualche mal di pancia dei settori più radicali, può diventare volto-immagine e trait d’union di ciò che si nuove a sinistra. Un volto-immagine non particolarmente attraente e innovativo, per la verità.
Grasso meglio di Pisapia come immagine unitaria e di sinistra? Nel curriculum dell’ex sindaco di Milano ci sono due scelte significative: il rifiuto di votare con Bertinotti la sfiducia al governo Prodi e il rifiuto di dare via libera ai bombardamenti in Kosovo reggente il governo D’Alema.
Nel curriculum di Grasso ci sono invece a suo favore le ripetute polemiche con il Pd renziano ai tempi del referendum costituzionale e poi per la richiesta di troppi voti di fiducia. La storia di Pisapia è inoltre troppo interna alla sinistra per non suscitare polemiche, a differenza di quella che appare più neutrale e pacata di Grasso. Ecco così che un ex magistrato dal passato glorioso può essere catapultato nel ruolo di leader.
Chi l’avrebbe mai detto e mai scritto, dichiara il filosofo Massimo Cacciari al quotidiano Il dubbio (“Che pena la sinistra che si affida a un ex pm”), aggiungendo (su L’Espresso) che a suo avviso siamo, salvo ripensamenti, in un “apprendistato alla catastrofe”. Catastrofe per tutti: Renzi e Pd, Grasso e sinistra della sinistra, Pisapia e il suo “civismo”, Falcone-Montanari e le loro “assemblee di base”. A meno di non pensare che l’opposizione fa bene e che per ricostruire un’alleanza di centrosinistra ci vorranno anni.

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