Al di là degli allarmismi alquanto esagerati per i rifornimenti italiani di gas, l’esplosione dell’hub austriaco di oro azzurro a Baumgarten ha riportato in primo piano le strategiche questioni della diversificazione e del mix energetico più adatte a coprire i fabbisogni nazionali del settore. In questo quadro bene ha fatto il ministro Calenda ha sottolineare l’importanza della costruzione del gasdotto Tap (Trans-Adriatic Pipeline) con cui il paese diversifica rispetto ad altre fonti. Aumentare l’indipendenza energetica ha ricadute benefiche sia sull’ambiente sia sui prezzi. E questo, per quanto riguarda il gas, vuole anche dire trovare i modi per riceverlo attraverso vie alternative ai gasdotti.

Il tracciato del Tap
Crisi russo-ucraina, tensioni mediorientali, riscaldamento globale hanno messo al centro dell’attenzione dei paesi occidentali il gas naturale liquefatto (liquefied natural gas, Lng). Lo testimonia sia la notevole crescita del suo commercio. Nel 2016 il sei per cento rispetto all’uno per cento nei precedenti cinque anni. Anche l’aumentata capacità di liquefazione raggiunta, 31 miliardi di metri cubi per anno, indica la rapida espansione dei rifornimenti di Lng. Attualmente la quota di Lng ricevuta dall’Italia rappresenta circa il dieci per cento del gas importato, cifra che potrebbe crescere data la prossima presenza sul mercato sia di nuovi paesi esportatori, sia di quelli che si apprestano ad aumentare la propria quota di Lng da destinare all’estero.
Secondo le valutazioni di Cedric Cremer, rappresentate di Royal Dutch Shell in Russia, entro il 2020 la domanda globale di Lng crescerà del cinquanta per cento.
Per quanto riguarda invece l’offerta di gas naturale liquefatto, l’analista fa presente come l’espansione di questa proceda a ondate. Inizialmente è stato il Qatar a inviare nel mondo le proprie navi cariche di Lng, poi è stata la volta dell’Australia. Ora si attende quale sarà il ruolo giocato dagli Usa nel settore. Stupiva invece l’immobilismo russo. Finora infatti la seconda potenza mondiale del gas possedeva una sola fabbrica di Lng. L’impianto situato sull’isola di Sachalin nell’estremo oriente federale, Sachalin-2 il suo nome, gestito in comune da Gazprom e Shell, con cui Mosca consegna circa il cinque per cento del consumo globale di Lng.
Ora questo innaturale stato delle cose sembra in fase di superamento. Martedì infatti Novatek, la maggiore compagnia privata russa del gas, ha raggiunto un obiettivo per il quale l’azienda aveva lungamente lavorato. Nella penisola siberiana di Yamal, è partito un impianto, Yamal Lng, con cui produrre gas naturale liquefatto. Al momento in cui è attiva è solo uno delle tre strutture destinate a fornire Lng, Yamal Lng, dovrebbe fornire 5,5 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto l’anno. Cifra che fa aumentare del cinquanta per cento la quota russa nel mercato mondiale di Lng.
Nel 2019, quando tutti gli impianti saranno in funzione, il gas naturale liquefatto prodotto da Novatek a Yamal dovrebbe raggiungere le 16,5 milioni di tonnellate. A riprova dell’importanza che il mercato di questo idrocarburo avrà nel prossimo futuro, l’azienda russa non ha avuto esitazioni a impegnarsi. E ciò nonostante i costi del progetto, circa 27 miliardi di dollari, rappresentino uno sforzo notevole per qualsiasi compagnia. Senza dimenticare che Yamal si trova oltre il circolo polare Artico con tutte le difficoltà di lavorare in zone estreme dal punto di vista climatico che questo comporta.
Rischi addolciti dal fatto che Novatek ha già venduto tutta la propria futura produzione. E anche questo sottolinea come a breve l’Lng svolgerà un ruolo sempre più importante nel mix energetico globale. Dispendioso da produrre ma relativamente facile da trasportare via mare, l’idrocarburo interessa soprattutto gli importatori dello spazio pacifico-asiatico. Qui appunto l’azienda russa ha già trovato lo sbocco di quasi tutta la propria produzione.
Nel piano energetico strategico nazionale il Cremlino prevede la quadruplicazione entro il 2035 della produzione federale di Lng. Un obiettivo raggiungibile solo se si aumentato gli impianti di liquefazione del gas naturale. A questo scopo servirà naturalmente anche l’impegno di Gazprom. Il gigante energetico di stato intende infatti ampliare di un terzo la produzione di Lng proveniente da Sachalin 2. In questo caso, entro il 2022, la capacità del giacimento passerebbe da dieci milioni di tonnellate l’anno a quindici milioni.
Sul progetto si rimugina sin dal 2014 ma si esita. Un ostacolo è rappresentato dalle risorse per realizzarlo.
Anche piani simili riguardanti Sachalin1 faticano ad affermarsi. In questo caso la realizzazione sarebbe affidata alla cooperazione tra la russa Rosneft e l’americana ExxonMobil, azienda guidata da Rex Tillerson prima di assumere funzioni di governo. Per produrre gas liquefatto le due strutture energetiche hanno in mente la costruzione di un impianto di liquefazione sulla terra ferma, Far East Lng, alimentato da un giacimento offshore. Il tutto, compresa l’estrazione di gas in altre zone dell’isola, prevede investimenti compresi tra i quindici e i venti miliardi di dollari.
L’ambizioso progetto è però stato colpito dalle sanzioni occidentali sul divieto di esportare in Russia tecnologie indispensabili all’estrazione di oro azzurro. E, visto che il gas finora estratto da Rosneft e ExxonMobil, è insufficiente a rendere conveniente il progetto di una fabbrica di Lng su Sachalin 2, è altamente improbabile che questo si realizzi.
Ostacoli questi, sconosciuti a Novatek. Perciò l’azienda guidata da Leonid Michelson ha già in mente di compiere altri passi avanti nella produzione di Lng. Il nuovo progetto, Arctic Lng-2, comporta la costruzione di una fabbrica galleggiante di Lng di fronte alla penisola artica di Gydan. Per l’alimentazione dell’impianto, come per quello di Yamal Lng, sarebbero utilizzate le grandi riserve di gas naturale presenti nella Siberia nord-occidentale. Il progetto da completare entro il 2022 ha un partner nella Cina la cui fame di idrocarburi continua a crescere. Attraverso l’azienda petrolifera, Cnpc, e il fondo della Via della seta, Pechino possiede inoltre il trenta per cento di Yamal Lng, venti per cento è nelle mani di Total.
Al fiorire delle iniziative di Novatek, fa da contrasto l’impasse di Gazprom. Il gigante pubblico del gas oltre a Sachalin 2 pianifica altri impianti di liquefazione. Baltic Lng, di nuovo in collaborazione con Shell, per il mercato europeo orientale. Vladivostok Lng, per quello del Pacifico. Ma su entrambi i piani pesano forti dubbi.

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