Sanremo specchio dell’Italia, non solo canora. Share da paura al 52,1 per cento per la prima serata di martedì: cioè più di un italiano su due incollato alla poltrona di fronte alla tv (meglio delle edizioni presentate da Carlo Conti). Visto l’abituale successo che fa storcere la bocca agli snob, proviamo a fare qualche spigolatura in chiave nazionalpopolare e politica.
Solo quattro donne (Ornella Vanoni, Nina Zilli, Noemi, Annalisa) su venti cantanti in concorso: non è un buon segnale. Meglio perfino la composizione delle liste elettorali che prevedono – tuttavia per legge – l’alternanza di un uomo e di una donna. Neppure un cantante di colore nella prima serata (si recupererà con gli ospiti entro la chiusura prevista per sabato?): non è un bel vedere nell’epoca del meticciato.
C’è da notare invece come indice positivo l’inno alla terza età avanzata grazie alla classe senza tempo di Ornella Vanoni (83 anni all’anagrafe), la “Luciana Castellina della canzone italiana”, e alla ballerina inglese Sarah Paddy Jones (anche lei 83 anni), esibitasi in acrobatici movimenti con il gruppo Lo Stato sociale. Mai ottuagenari si erano esibiti all’Ariston.

Fiorello e Claudio Baglioni
Il Gentiloni (Camomilla, direbbe Renzi) del Festival, è Claudio Baglioni, versione maschile di Alba Parietti dal bisturi facile. A fargli perdere l’eccesso di flemma ci ha pensato Fiorello, genio del palcoscenico, che ha preso in giro da par suo Mario Orfeo, direttore generale della Rai seduto tra le prime file, dicendo di averlo visto votare per tutti i partiti quando lo showman ha chiesto alla platea di simulare il voto alle politiche con alzate di mano.

Claudio Baglioni al pianoforte e Pierfrancesco Favino
A dare la scossa ci ha pensato pure Michelle Hunziker, brava, bella, simpatica, svizzera poliglotta, senza un attimo di incertezza: perfetta nel suo ruolo di cerimoniere/presentatrice e trasgressiva nel bacio dato al consorte in platea a cui fatto una sentita dichiarazione d’amore. Non male il partner presentatore Pierfrancesco Savino: bravissimo attore, discreto cantante, tra i volti non banali del nuovo cinema italiano.
Mezza età accontentata con la presenza degli ex Pooh. Red Canzian da una parte e Roby Facchinetti–Riccardo Fogli dall’altra. Musica sofisticata e originale con Nina Zilli, Max Gazzé, Giovanni Caccamo, Ermal Meta e Fabrizio Moro.
Uno sprazzo di dialetto ha accontentato romani e napoletani (Luca Barbarossa, Enzo Avitabile e Peppe Servillo). Sentimento di nostalgia per la canzone di Ron scritta dal compianto Lucio Dalla. Fazzoletti sventolanti per Elio e le Storie tese a causa dell’annunciato scioglimento della band con addio al Festival. Giusto spazio al “D’Alema della canzone italiana”, alias il sempre bravo Gianni Morandi che non si fa rottamare per nessuna ragione al mondo.
Ma la sorpresa del Festival è il piazzamento in alto – e ora sono dati addirittura per favoriti alla vittoria finale – del gruppo bolognese e dichiaratamente di sinistra Lo Stato sociale. Una sorta di lista elettorale dall’esito a sorpresa: però più Potere al popolo dello scoppiettante Acerbo che Liberi e uguali del tranquillizzante Grasso.
È l’Italia che non ti aspetti e che ti sorprende. Nel loro divertente brano “Una vita per vacanza” – peccato per qualche stonatura – c’è perfino un attacco al “rottamatore” (Renzi). Il consiglio dei ragazzi di Lo Stato sociale pare mutuato da qualche gruppo di sinistra radicale e non dai grillini (esagero?): “esodo” dal presente e da problemi troppo complicati, non per disertare bensì per privare l’avversario del suo antagonista che nel frattempo vuole vivere e divertirsi scegliendo lui il terreno di scontro.

Lo stato sociale
Questi giovani di Stato sociale hanno un pedigree che dimostra come sia dura cancellare la sinistra dalla società italiana: origini nella libera Radio Fujico a Bologna, primo cd di successo con titolo “Turisti della democrazia”, tour dal titolo “Tronisti della democrazia”, autori del romanzo “Il movimento è fermo”. Il nome scelto per la band è giustamente controcorrente, tanto da farli assomigliare più a un gruppo di welfare svedese che della pianura padana.
Di metafore da Movimento 5 Stelle – chissà perché – neppure l’ombra (indice di declino?), se non per la presenza di Andrea Scanzi, giornalista de Il fatto, nella giuria di qualità del Festival, problema sollevato per violazione della par condicio dall’onorevole Michele Anzaldi (Pd), famoso per gli autogol alla Niccolai nella porta di Matteo Renzi.
Il Festival numero 68 (che coincidenza con l’anniversario del mitico ’68!) chiude sabato con la proclamazione del vincitore. Giovedì, ospiti d’onore saranno il decano della musica Gino Paoli e il virtuoso del pianoforte Danilo Rea.

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