In tanti, oltre cinquantamila. In tanti, ma la loro è una protesta nella protesta che sta segnando Israele dopo l’approvazione della legge dello stato-nazione ebraica. Erano oltre cinquantamila gli arabi israeliani che sabato 11 agosto si sono riuniti a Tel Aviv, in piazza Rabin, per poi marciare verso est fino al Museo di Tel Aviv. Molti ebrei erano presenti per sostenerli, ma molto meno di quanti parteciparono la scorsa settimana alla manifestazione dei drusi.
Il dato quantitativo racconta di qualcosa di più profondo, che aiuta a comprendere quale groviglio di sentimenti e di identità scuotano Israele. Per gli arabi, annota su Haaretz Cheim Shalev,
[…] le emozioni sono più cariche. Le loro ferite sono più gravi e le loro cicatrici più profonde: non sono il prodotto di questa o quella legge e non guariranno rapidamente o facilmente. La situazione degli arabi israeliani è migliorata immensamente dai primi 17 anni dello Stato, quando molti di loro vivevano sotto stretta legge marziale, ma nonostante la loro costante ascesa, sono ancora gli ultimi in fila e la cima della montagna sembra lontana come sempre. A differenza dei Drusi, gli ebrei israeliani non considerano gli arabi come ‘fratelli di sangue’. Il tempo è passato, alcune radicalità attutite, ma ancora oggi per molti, se non la maggior parte, ebrei israeliani, la minoranza araba rimane una quinta colonna in attesa.
Gli arabi, come una volta ebbe a dire Golda Meir, non sono “belli” come i drusi. Non brandiscono il loro servizio nell’esercito israeliano, che per lo più evitano, non possono indicare i loro sacrifici per la sicurezza di Israele, non sventolano le bandiere israeliane e certamente non si identificano con “l’anima ebraica” di Hatikvah sufficientemente per fasciare l’inno nazionale israeliano, come i drusi. L’uguaglianza, affermano, è un diritto fondamentale, non qualcosa per cui bisogna pagare.
Sabato sera, nella marcia di Tel Aviv, c’erano numerosi manifesti e cartelli che sostenevano la solidarietà arabo-ebraica e promuovevano una democrazia piena e libera, ma a differenza dei drusi, gli arabi non rifuggivano da slogan politici e talvolta nazionalistici come “Bibi go home” e “Apartheid state”. Annota sempre Shalev:
Un gruppo di giovani della città araba di Umm al-Fahm ha sventolato bandiere palestinesi, ma ha subito forti proteste da manifestanti ebrei. Netanyahu, naturalmente, non ha perso tempo a cogliere le manifestazioni del nazionalismo palestinese per seminare più divisioni e giustificare il passaggio della legge stato-nazione.
A differenza dei drusi, l’opposizione araba israeliana alla legge dello stato nazionale è totale. Non è limitato al fatto che la parola “uguaglianza” sia assente dalla legge o dalla retrocessione dell’arabo dal “linguaggio ufficiale” a quello con “status speciale”. Gli arabi israeliani respingono in toto la nozione di Israele come stato-nazione degli ebrei.
Ayman Odeh, presidente della Lista Araba Unita (14 seggi, terza forza parlamentare), è stato attento a indicare l’obiettivo della protesta in modo da mantenere ponti di dialogo e prospettive di azione comune con le altre componenti in rivolta d’Israele: stiamo cercando “una profonda uguaglianza”, ha detto ad Haaretz, “che riconosca i nostri diritti personali e nazionali”.
Più radicali sono le considerazioni di uno dei leader storici degli arabi israeliani: Ahmed Tibi. La legge dello Stato-nazione indica la via dell’apartheid, dice a ytali.
Ha un elemento di “supremazia ebraica’”e la creazione di due classi separate di cittadini, una che gode di pieni diritti e una che ne è esclusa fa – e anche nel secondo gruppo vi è uno sforzo per creare diverse categorie.
Tibi rifiuta la differenziazione fatta dai sostenitori della legge sulla nazionalità tra diritti collettivi, di cui godono gli ebrei, e diritti individuali, che sono dati a tutti gli altri. I diritti individuali, compresi quelli culturali e politici, derivano dall’appartenenza a una collettività, come la grande minoranza araba in Israele, dice Tibi.
Una considerazione, quest’ultima, che trova il consenso di uno dei più autorevoli scienziati della politica israeliani, il professor Shlomo Avineri, che in un editoriale su Haaretz ha espresso la stessa posizione:
Non si possono separare i diritti dei singoli cittadini dalla loro coscienza sulla loro identità, cultura, tradizione, lingua, religione e memoria storica.
Gli arabi stanno protestando contro i tentativi per ridimensionare il loro status, dice ancora Tibi, in uno scenario di settant’anni di discriminazione ufficiale. Un disegno in continuità mirato a quanti Tibi definisce “cittadini indigeni”. Il messaggio è netto, chiaro, brutale: sei tollerato e dovresti accontentarti delle nuove strade e delle cliniche che creiamo per te di volta in volta. Tibi nota, tuttavia, che la nuova legge ha reso molto più facile per i politici arabi israeliani convincere gli stranieri della loro difficile situazione. “Forse dovremmo ringraziare Netanyahu”, aggiunge secco.
Il ministro della cultura Miri Regev (Likud) ha colto la presenza di bandiere palestinesi durante la protesta per sostenere che
la sinistra e gli arabi israeliani preferiscono i colori [della bandiera palestinese] del rosso, del nero e del verde sui colori della bandiera israeliana blu e bianco.
Regev ha aggiunto che la protesta:
[..] dimostra che esiste una cooperazione tra la sinistra e gli arabi che vogliono un altro paese – un altro governo. Non aiuterà e lo hanno interiorizzato meglio: l’ebraico è la lingua ufficiale dello stato di Israele, la bandiera bianca con la stella di David è la bandiera ufficiale, il nostro inno è Hatikvah e la nostra capitale unita è Gerusalemme, la città eterna.
Il ministro della scienza e della tecnologia Ofir Akunis (Likud) ha affermato che “dozzine di bandiere dell’Olp” alla protesta sono state “la prova chiara e inequivocabile che Israele ha bisogno della legge dello stato-nazione”.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu nel frattempo ha “brandito” Twitter per commentare la manifestazione. In risposta ai manifestanti che sventolavano le bandiere palestinesi, Netanyahu ha scritto sul suo sito ufficiale:
Non c’è una testimonianza migliore per la necessità della legge dello stato-nazione. Continueremo a sventolare la bandiera israeliana e canteremo l’inno (Hatikva) con ancora maggiore orgoglio.
Il presidente dell’Unione sionista, Avi Gabbay, aveva annunciato che non avrebbe partecipato alla marcia di protesta della comunità araba israeliana perché gli organizzatori dell’evento sostengono il “diritto al ritorno” palestinese. Gabbay ha detto al programma televisivo Meet the Press.
La manifestazione è organizzata da persone di Balad e dalla Joint List. Non credono in uno stato ebraico. Posso andare a una protesta che parla di uguali diritti, ma sicuramente non saremo a questa dimostrazione, non importa a che cosa serve.
Dei ventiquattro membri della Knesset appartenenti all’Unione sionista, solo due hanno partecipato alla protesta: i deputati Miki Rosenthal e Zouheir Bahloul, che ha annunciato la sua intenzione di dimettersi dalla Knesset in segno di protesta per il passaggio della legge dello stato-nazione.
Il Meretz, con i suoi parlamentari, è stata l’unica forza politica ebraica a partecipare alla manifestazione, insieme ai membri della Lista Araba Unita.
Mi unisco alla protesta non come sostegno per i suoi organizzatori e non per identificarmi con tutti i suoi messaggi, ma per la mia convinzione che non esiste un sionismo senza democrazia e nessuna democrazia senza uguaglianza per tutti. Ognuno ha le proprie considerazioni. Il mio cuore e la mia coscienza sono in pace con la mia partecipazione. Se devo pagare un prezzo politico, lo pagherò
ha affermato Rosenthal. Le proteste si moltiplicano ma non trovano ancora un punto d’incontro, un humus culturale che definisca un’alternativa forte al sovranismo etnico dei falchi che oggi governano Israele.

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