Il progetto europeo è in affanno e si fatica a scorgere una guida in grado di tirarlo fuori dalla palude. Negli ultimi tempi la Germania ha rifiutato questo ruolo, mentre la Francia di Emmanuel Macron è alle prese con seri problemi interni. Ciononostante, il motore franco-tedesco è ancora la carta migliore che l’Europa ha tra le mani, soprattutto adesso che l’Italia è in mano agli euroscettici.
Come siamo arrivati a questa situazione e cosa c’è da aspettarsi negli anni a venire? Ne abbiamo parlato con Birgit M. Kraatz, giornalista e scrittrice tedesca, corrispondente in Italia per più di trent’anni per Stern, ZDF e Der Spiegel e autrice del libro intervista con Willy Brandt “Non siamo nati eroi”.
Birgit Kraatz, che aria si respira in Germania a pochi mesi dalle elezioni europee?
In questo momento tutti i partiti sono preoccupati a causa degli imminenti appuntamenti elettorali in Brandeburgo, Turingia e Sassonia, tre stati federali tedeschi in cui l’estrema destra dell’Alternative für Deutschland (Afd) potrebbe andare molto bene. Per esempio, in Sassonia l’Afd potrebbe raggiungere addirittura il 25 per cento, cioè arrivare a parità con la Cdu, i cristiano democratici di Angela Merkel. Lo stesso tipo di preoccupazione esiste anche a proposito delle elezioni europee di fine maggio: la paura non è tanto che i populisti riescano a vincere, ma piuttosto che aumentino ancora i loro seggi.
In questo senso, il nuovo trattato dell’Eliseo, firmato lo scorso 22 gennaio ad Aquisgrana tra Francia e Germania, ha un grande valore simbolico, così come lo ha il fatto che Manfred Weber, esponente dei cristiano sociali della Csu, sia stato scelto come Spitzenkandidat – candidato presidente della Commissione europea – dal Partito popolare europeo. La sua elezione da parte di tutti i partiti conservatori nel parlamento europeo è stata un tema di prim’ordine nel dibattito politico tedesco e tutto lascia ben sperare che alla fine sarà lui a prendere il posto che è attualmente di Jean-Claude Juncker.
La revisione del trattato dell’Eliseo ha scatenato un’ondata di complottismo, con Marine Le Pen che ha accusato il governo francese di “vendere l’Alsazia-Lorena” e di “cedere alla Germania il seggio permanente della Francia al consiglio di sicurezza dell’Onu”…
Sono tutte falsità, che purtroppo creano audience e che devono essere smentite una ad una. Questo toglie spazio all’approfondimento di un trattato che ha rimesso in moto il progetto europeo e che ha una grande portata simbolica.
Vuole parlarcene?
È un trattato pieno di buoni intenti, che non cancella le differenze tra le due parti, ma che dimostra comunque, in maniera inequivocabile, che in un momento in cui i populisti sono in ascesa, almeno Francia e Germania danno il buon esempio. Macron ha una visione per l’Europa, che ha delineato già nel 2017, durante il suo famoso discorso alla Sorbona su un’Unione europea che deve essere più integrata e marciare unita in materia di politica militare, economica e culturale.
La Germania però l’ha lasciato solo…
È vero, Merkel l’ha fatto aspettare per più di un anno e, più in generale, la Germania segue la Francia con meno entusiasmo di quanto dovrebbe. È vero che Merkel è stata presa dalle nostre elezioni politiche nel settembre 2017 e poi da sei mesi estenuanti per la formazione del nuovo governo. Ma, se avesse davvero voluto aiutare Macron, avrebbe potuto farlo.
Cosa è cambiato ora?
In Germania c’è molta preoccupazione per la crisi che sta affrontando l’Unione europea: l’industria tedesca, ad esempio, è preoccupatissima a causa della Brexit e delle guerre economiche di Donald Trump. La Brexit è una tragedia che dimostra dove portano i populisti e le loro campagne di bugie. I britannici se ne stanno accorgendo solo ora. La Brexit ha spaccato la società britannica, che ha perso la sua identità e non riesce a ritrovarla. Il nuovo accordo tra Francia e Germania è la risposta alla tragedia che i tedeschi vedono nella Brexit, è il tentativo di due nazioni di guidare questa carrozza zoppicante che è l’Unione europea.
Che novità introduce il nuovo trattato dell’Eliseo?
Come nel caso del primo trattato dell’Eliseo, firmato nel 1963 tra Konrad Adenauer e Charles de Gaulle, è molto importante il valore simbolico. Ma mentre allora gli elementi concreti, pratici, erano di gran lunga meno importanti dell’effetto simbolico del trattato, oggi il nuovo accordo contiene importanti novità anche sul piano concreto, come l’impegno a organizzare interventi militari comuni – una risposta all’atteggiamento polemico di Trump che dice che l’Europa deve difendersi da sola, l’impegno francese a riservare un seggio permanente per la Germania alle Nazioni unite e la volontà di creare una sorta di zona franca al confine tra i due paesi, promuovendo il bilinguismo e il rafforzamento degli scambi commerciali.
Restano tuttavia punti dove le due parti non sono riuscite a trovare un accordo, come, per la precisione, nel caso della politica di esportazione degli armamenti. Dopo la barbara uccisione per mano saudita del giornalista Jamal Khashoggi in Turchia, la Germania, grande produttore di armi, ha bloccato completamente la vendita di armi all’Arabia Saudita. La stessa cosa non ha voluto fare la Francia di Macron, con il chiaro intento di proteggere l’industria francese che opera in questo settore.
Ancora prima dell’elezione di Macron, la Germania ha deluso a causa della sua riluttanza a prendere in mano la situazione europea…
È dal 2015, con l’ondata di rifugiati entrata nel paese, che Merkel ha perso colpi e si è trovata ad affrontare problemi interni di una gravità senza precedenti negli ultimi settant’anni. Merkel non aveva preso in considerazione il fatto che il paese potesse reagire in questa maniera all’accoglienza dei rifugiati: la Germania si è trovata, per la prima volta dalla fine della guerra mondiale, con una destra xenofoba in casa, che è esplosa con l’ondata dei rifugiati. Dal settembre 2015 sono arrivati infatti 1,4 milioni di eritrei, siriani, afghani, iracheni.
La Brexit, però, è stata una botta per tutta la politica tedesca. Il pericolo che rappresenta per l’Europa è così grande che perfino i partiti tedeschi si sono mossi per far cambiare idea agli inglesi.
A cosa si riferisce?
Negli ultimi mesi, ad esempio, la presidente dei socialdemocratici, Andrea Nahles, e quella della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, hanno comprato pagine nei giornali inglesi per fare un appello, “dal profondo del cuore” alla popolazione britannica, chiedendole di restare nell’Unione europea. Questo genere di emotività non si è mai visto nella politica tedesca.
Ciò non toglie che la Gran Bretagna chiede all’Unione europea dei compromessi che Bruxelles non può concedere, per il semplice fatto che questo creerebbe un precedente. L’ha detto anche Weber: le regole stabilite per chi vuole lasciare l’Europa vanno rispettate.
Un approccio molto “tedesco”…
Vede, è proprio questa la differenza tra la Germania e un paese come l’Italia. In Italia, rispettare le regole significa essere duri, rigidi.
La verità è che oggi è estremamente difficile parlare d’Europa: dopo Spinelli, Adenauer, De Gasperi, il progetto europeo è stato popolare per i primi venti/trent’anni. Ma dopo – anche a causa di diversi errori compiuti a Bruxelles – il progetto europeo è diventato astratto, malgrado i fiumi di contributi ricevuti dai diversi paesi membri dell’Unione in tutti questi anni.
È colpa anche dei mezzi di informazione. Lo dico da giornalista, con un po’ di autocritica: nessuno di noi ha mai proposto alla propria redazione di scrivere un articolo sull’Europa, quando invece televisioni e giornali avrebbero dovuto riempire la coscienza dei popoli con programmi e approfondimenti in grado di spiegare la grandiosità di questo progetto e di mostrare i vantaggi di cui si stava già beneficiando.
Non è stato così e strada facendo si è perso l’entusiasmo. L’ Italia è un buon esempio di questa dinamica.
Ci spieghi meglio…
Quando lavoravo in Italia, questa era un paese europeo modello. Non c’era dubbio sul suo attaccamento al progetto europeo. Oggi invece gli euroscettici scaricano tutta la colpa dei fallimenti nazionali sull’Europa. In Germania, l’Italia viene vista con sempre più preoccupazione, come un paese poco convincente, scandaloso nella sua imprevedibilità e nella perdita completa di senso europeo da parte della rappresentanza politica e del senso umanistico della sua cultura.
Basti pensare al modo volgare in cui Matteo Salvini risponde agli avvertimenti della Commissione europea: “Allora possono mandarmi una letterina da Bruxelles”. I tedeschi restano colpiti dai giochi ridicoli e irresponsabili dei politici di un paese che vive già su una montagna di debiti incredibile, 1,3 miliardi di euro, e dalla spavalderia con cui questi politici minacciano di ingrandire il debito, per soddisfare promesse fatte prima delle elezioni, senza farsi i conti in tasca.
Alla risposta ferma e unita di Bruxelles sul bilancio presentato dall’Italia, Roma ha dovuto fare marcia indietro. E questo, naturalmente, il ministro Salvini lo ha taciuto al suo popolo.
È la classe dirigente italiana a essere cambiata?
Mi ricordo ancora un’intervista con Gianni Agnelli, in cui lui diceva: “Ci salva solo l’Europa”. Agnelli intendeva che quello che gli italiani non riescono a costruire da soli, può essere fatto solo collaborando con gli altri paesi, creando regole e incentivi per rispettarle.
Oggi la situazione è capovolta…
La rappresentanza politica italiana fa tutto il contrario di quello che dice l’Europa. La Lega vuole “rivoluzionare”. A due anni dalla Brexit, il Regno Unito tocca con mano a cosa portano le promesse vuote dei populisti.
Tornando alla Germania, perché, in tutti questi anni, i socialdemocratici della Spd non hanno messo in discussione la politica europea di Merkel?
La Spd ha commentato il nuovo trattato dell’Eliseo attraverso le parole di Martin Schulz, già presidente del Parlamento europeo, che ha lodato il passo avanti ma al contempo ha criticato il governo tedesco per aver fatto attendere Macron più di un anno, indebolendolo.
Detto ciò, va riconosciuto che il dramma della Spd è grande: non si capisce cosa stia succedendo al partito. È un’illusione pensare che la Spd possa tornare a influenzare la politica tedesca superando la Cdu: manca un progetto, l’ondata di rifugiati ha alimentato l’estrema destra e la media borghesia non ha più da guadagnare dal capitalismo.
E poi, dopo la formazione del nuovo governo, i vertici della Spd hanno commesso troppi errori. La presidente Nahles e il vice-cancelliere Olaf Scholz hanno perso il buon senso gestendo malissimo il potere, ad esempio “graziando” il capo dei servizi segreti, colpevole di essersi incontrato più volte con esponenti dell’Afd. Questo è stato un vero scandalo.
Più in generale, la Spd ha perso il suo popolo a partire dalle riforme di Gerhard Schröder, che diedero spinta economica al paese, di cui ha beneficiato il governo Merkel, per sua stessa ammissione, ma che delusero enormemente la base socialdemocratica.
Con centocinquant’anni di storia alle spalle, la Spd è il partito più nobile della storia tedesca, ma, oggi, non si può più dire che con il quindici per cento di elettorato sia ancora un grande partito popolare.
La speranza sono i Verdi…
Loro hanno un progetto e hanno un gruppo di giovani molto dotato al vertice del partito. Hanno una maniera di esprimere il loro progetto che arriva dritta all’elettore. Secondo i sondaggi, sono al venti per cento: in caso di elezioni politiche supererebbero i socialdemocratici. Al loro leader, Robert Habeck, quarantanove anni, laureato in filosofia, viene già chiesto se sarebbe disposto a diventare il primo cancelliere verde.
[quinta di una serie di interviste in vista delle elezioni europee]

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