Alla scoperta delle origini del nostro universo

Con un nuovo ambizioso programma, il CERN cerca di svelare due dei più grandi misteri del nostro Universo: l’asimmetria barionica e la materia oscura.
PIERGIORGIO PESCALI
Condividi
PDF

Il 15 giugno 2018, nei piccoli paesini di Meyrin, in Svizzera e di Cessy, in Francia, una modesta cerimonia segnò l’inizio di una nuova era nella ricerca della fisica delle alte energie (o fisica delle particelle, come più comunemente è conosciuta). La posa di due capsule del tempo in cui in una era depositato il telegramma che annunciava la decisione di istituire il CERN e nell’altra la voce “Ginevra” nell’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert davano ufficialmente inizio alla costruzione del nuovo High-Luminosity LHC (LHC ad alta luminosità, HL-LHC).

Il CERN di Ginevra fu fondato nel 1954

È sulla linea di questo nuovo ambizioso programma che il Consiglio europeo per le ricerche nucleari (CERN) punterà a sviluppare i suoi studi per cercare di svelare due dei più grandi misteri del nostro Universo: l’asimmetria barionica e la materia oscura.

L’asimmetria barionica, o violazione della simmetria CP cerca il motivo per cui a 0,000001 secondi dopo il Big Bang, la materia ordinaria abbia prevalso sull’antimateria interrompendo quel processo di annichilazione tra particelle e antiparticelle. Ad ogni miliardo di antiparticelle si contrapponeva un miliardo + una particelle. Quell’una particella in più di materia ha permesso all’Universo di svilupparsi secondo le leggi che oggi noi conosciamo. Ancora oggi, pur avendo diverse supposizioni, non siamo riusciti a comprendere il motivo di tale scompenso e numerosi gruppi di ricerca stanno ancora lavorando sul problema.

Il secondo tema che il CERN cercherà di svelare nel campo delle alte energie è quello della materia oscura. La materia che noi effettivamente vediamo ad occhio nudo, i pianeti, le stelle con tutti gli elementi pesanti che le plasmano, forma solo meno dell’1 per cento della materia che ci circonda. Un altro 4 per cento è composto materia ordinaria che conosciamo, ma che non riusciamo a vedere perché fuori dalla frequenza percepibile dai nostri sensi: raggi X, raggi gamma, neutrini, idrogeno, elio. Sono tutti elementi formati da particelle elementari che entrano a far parte del modello standard e che rispondono alle leggi della fisica che noi conosciamo.

Ma al di fuori di questo quadretto che ci siamo costruiti principalmente nell’ultimo secolo sappiamo che esiste altro: circa il 25 per cento del nostro Universo è composto da materia oscura, una forma di materia che interagisce con la gravità (e proprio per questo sappiamo che esiste), ma non interagisce con la radiazione elettromagnetica (e proprio per questo non riusciamo ad individuarla). La terza parte costituente il mondo in cui viviamo è l’energia oscura, ancora più difficile da decifrare della materia oscura. L’energia oscura è una forza che si pensa sia responsabile dell’espansione dell’Universo contrastando l’interazione gravitazionale prodotta dalla materia oscura e dalla materia ordinaria.

Al CERN, dopo l’upgrade del 2013-2015, che ha visto l’LHC ripartire per la sua Fase 2 con un’energia di collisione pari a 13 TeV e una corrente di 12.000 Ampere, si sperava di poter raggiungere risultati decisivi per dare una risposta alle domande che più intasavano la mente dei fisici delle alte energie e degli astrofisici. Così non è stato, anche se miliardi di collisioni tra protoni ci hanno permesso di avanzare ipotesi significative, scartare quelle meno concrete e di compiere importanti passi avanti nella ricerca del campo della fisica delle alte energie.

Il programma di ricerca deciso sin dal 2006 dal consiglio del CERN sotto l’egida dell’Unione europea è stato rivisto e aggiornato nel 2013 e più recentemente nel giugno 2020 sulla base delle nuove scoperte avvenute in questi anni, non solo nei laboratori del centro svizzero, ma anche in altri laboratori sparsi attorno al mondo. Si intensificheranno le collaborazioni con altri istituti, quali i Laboratori nazionali del Gran Sasso per la ricerca sui neutrini o con l’International Linear Collider in costruzione in Giappone.

Ma anche l’interno dello stesso CERN si svilupperanno progetti che segneranno la fisica del Ventunesimo secolo, di cui l’HL-LHC (LHC ad alta luminosità) è sicuramente quello più ambizioso.

Il termine “luminosità” potrebbe trarre in inganno, in quanto in fisica è un indice che misura il tasso di collisioni per unità di superficie in un determinato periodo di tempo. La sua unità di misura è il femtobarn inversi (fb-1). Un femtobarn inverso equivale a centomila miliardi (100.000.000.000.000) di collisioni. Dal 2016 al 2018, l’LHC aveva prodotto dati equivalenti a 150 fb-1; nell’HL-LHC se ne produrranno, in un solo anno, 250. Questo permetterà di aumentare le probabilità che un evento raro, come è, ad esempio, l’interazione con una particella di materia oscura, possa avvenire.

Il potenziamento avverrà sempre all’interno dell’attuale struttura interrata dell’LHC ed utilizzerà gli stessi detector ATLAS e CMS in uso attualmente; quindi, a differenza da quanto erroneamente scritto su altri siti, l’HL-LHC è cosa ben differente dal più ambizioso progetto, per ora solo sulla carta, del Future Circular Collider da 100 km.

In particolare, l’upgrade interesserà 1,2 dei 27 km dell’LHC, dove saranno installati nuovi magneti superconduttori al niobio-stagno (Nb3Sn) che generando un campo magnetico di 11 tesla (rispetto agli attuali 8,3) permetteranno di trasportare corrente fino a 100.000 ampere su lunghe distanze; ci saranno cento nuovi collimatori per proteggere l’apparato dalle particelle che si allontaneranno dal fascio principale. Infine, nuovi tipi di cavità a radiofrequenza, chiamate Crab, indirizzeranno i fasci di protoni per massimizzare le collisioni.

La tecnologia che ha sviluppato questa nuova macchina è stata sviluppata al CERN con il contributo di partners europei, giapponesi e statunitensi. 

I lavori di costruzione sono iniziati nel 2018, dopo quattro anni di ricerche e studi e termineranno alla fine del 2027. 

Nel frattempo, l’LHC inizierà ad essere di nuovo operativo a partire dal maggio 2021 per la sua terza fase, che durerà fino alla fine del 2024. Una volta terminata la Fase 3 e spento di nuovo l’LHC, inizieranno i lavori per l’installazione dei macchinari che comporranno l’Hi-LHC che si prolungheranno fino alla metà del 2027.

A questo punto ci si chiederà: ma quando costa tutto questo? L’upgrade richiederà circa 900 milioni di euro, mentre il costo totale del personale, della manutenzione e del funzionamento della macchina fino al 2038 (quando potrebbe entrare in funzione il Future Circular Collider, se approvato) ammonterà a 2,7 miliardi di euro. Secondo un recente studio effettuato da Massimo Florio, professore di economia pubblica dell’Università di Milano, ogni euro investito nel progetto HL-LHC ci sarà un ritorno di 1,7 euro in benefici sociali (nuove collaborazioni in campo industriale, addestramento di nuovi scienziati, nuove tecnologie, impatto sociale con visite su campo…).

La ricerca, anche quella che a prima vista potrebbe sembrare inutile e costosa, alla fine paga.

Se oggi vestiamo abiti termici più performanti, se utilizziamo gli smartphones touch-screen e i GPS, se possiamo diagnosticare e curare malattie con sempre più successo, lo dobbiamo proprio alla ricerca scientifica. 

Il servizio fotografico è di ©Piergiorgio Pescali

Alla scoperta delle origini del nostro universo ultima modifica: 2020-06-26T18:01:15+02:00 da PIERGIORGIO PESCALI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento