Il Pd ha governato, in coalizione, e ha tenuto in piedi una legislatura iniziata male, su cui nessuno avrebbe scommesso, portando a casa molti risultati, sia sul piano economico e sociale, sia su quello dei diritti (ridicolo recriminare sulla mancata approvazione dello ius soli e culturae, chi e come avrebbe fatto meglio?).
Arrivano riconoscimenti a denti stretti (“nonostante il fatto che ‘a freddo’ il bilancio di questi anni di centrosinistra al potere sia alla fine tutt’altro che negativo”, Eric Jozsef su L’Espresso del 4 febbraio), perché “a caldo” anche la sinistrasinistra si unisce alla canea del centrodestra, della destra e del M5S, contro l’unico vero nemico, contro l’unico vero partito, il Pd.
È corretto allora documentare quello che è stato fatto al governo e dichiarare quello che si intende fare nell’immediato futuro, se i cittadini gliene daranno la possibilità. Le cento cose fatte e le cento da fare. È una buona e seria impostazione di campagna elettorale, addirittura doverosa per chi ha governato e sente la responsabilità del governo. Ma è solo la metà di una campagna elettorale.
La seconda metà deve essere un’idea trainante, entusiasmante, convincente, che contenga una visione e una prospettiva. E questa prospettiva non può essere che l’Europa.
Sullo sfondo, affrontati da nessuno, i problemi sui quali invece tutti dovrebbero cercare ancora: come salvare il processo di integrazione politica europea (Cacciari, sempre sull’Espresso).
L’Europa? In campagna elettorale? Ma se l’Europa è mal vista! E qui sta l’errore. Intanto non è neppure così mal vista dall’opinione pubblica, se un’indagine commentata da Mannheimer a metà 2017 dava il consenso per l’Europa in recupero, al 35 per cento. E quel quaranta per cento che ha votato a favore del referendum costituzionale – non sarà tutto Pd, non sarà tutto renziano – ma molto probabilmente è tutto europeista.
Non c’è problema italiano che non sia connesso alle politiche europee, alle istituzioni europee e alla loro riforma. Queste elezioni, più che le precedenti, sono caratterizzate da un intreccio ormai inestricabile tra contesto interno e contesto europeo. L’Europa si chiede se l’Italia riuscirà ad avere un governo stabile (nella scorsa legislatura nonostante tutto abbiamo avuto un governo stabile e molto produttivo) e non ostile all’Europa e al suo rafforzamento. L’Italia più consapevole si chiede se abbia senso richiudersi nei propri confini.
Questo è il momento. Lo dimostrano i temi della campagna elettorale di Macron; gli argomenti dei dialoghi franco-tedeschi. Il documento dei quattordici economisti tedeschi e francesi (17 gennaio 2018) che parte dal problema del legame tra banche e titoli di stato per proporre riforme. Ridurre la segregazione nazionale dei rischi, ma a condizioni tali che tranquillizzino la Germania.
Lo stesso trattato a due, Gentiloni-Macron, per dare “una forma politica particolare” alle relazioni tra Italia e Francia (11 gennaio, gli italiani del gruppo di saggi sono Bassanini, Piantini e Severino) ha come sfondo il lavoro sull’Europa, la rifondazione dell’Unione. Ma con quali obiettivi? la Germania vuole più disciplina, la Francia più solidarietà. E l’Italia?
L’Italia parteciperà e potrà dare un apporto decisivo, se avrà un governo stabile – per quanto di coalizione – e se farà una campagna elettorale che metta al centro l’Europa come luogo in cui i problemi si possono risolvere, non come luogo in cui i problemi si creano.
Chi se non il Pd può portare l’Italia a collaborare con Francia e Germania per portare avanti questa bandiera? Il M5S occupato a rifarsi il trucco del moderatismo? Il centrodestra con Salvini? Stiamo aspettando di capire che peso avrà la rifondazione europea nella campagna elettorale del Pd. Ci auguriamo che sia il tema della seconda metà della comunicazione politica del Pd.
Tra le liste apparentate al Pd c’è +Europa. C’è da augurarsi che abbia successo. Che porti voti alla coalizione. La figura di Emma Bonino è certo attraente. Et pour cause. Bonino si è intestata molte battaglie radicali in tema di diritti civili, da semplice cittadina e da parlamentare (e vicepresidente del senato); europarlamentare e Commissario europeo durante il governo Berlusconi, ministro degli affari europei con Prodi e degli esteri con Letta. Ha fama di essere decisa e tenace nelle sue battaglie. Ora è scesa in campo in queste elezioni politiche con un unico messaggio: + Europa. Tentare di screditarla accusandola di passare disinvoltamente da destra a sinistra non ha senso. La lasciamo sola ad agitare la bandiera europea?

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