Se la tragedia siriana diventa la tomba dell’Onu

Negli ultimi tre mesi, più di duemila civili sono stati uccisi e quasi cinquemila feriti nella Ghouta. Da domenica scorsa sono state bombardate almeno ventitré strutture sanitarie. E il palazzo di vetro, con la sua inazione, è oggi il palazzo della vergogna
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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Quante cose sono morte in Siria. Oltre i cinquecentomila esseri umani, in maggioranza civili, massacrati in sette anni di guerra. È morta l’umanità. È morto il diritto umanitario. È morta, nella vergona, l’Onu. “La tragedia siriana non deve diventare anche la tomba delle Nazioni Unite”, dice l’ambasciatore francese al palazzo di vetro, François Delattre. Una “tomba” che racchiude oltre quattrocentocinquantamila persone, in maggioranza civili, vittime di una guerra che sta per raggiungere (l’11 marzo prossimo) il suo settimo anniversario. Sette anni nei quali la Russia, grande protettrice di Bashar al-Assad, ha utilizzato nove volte il diritto di veto per bloccare risoluzioni di condanna per le stragi di civili compiute dalle forze lealiste e per documentati attacchi contro civili con l’uso di armi chimiche (sarin).

Il diritto di veto brandito come un’arma non meno devastante di quelle utilizzato sul campo, e quando non si arriva al veto si cerca, riuscendoci, di guadagnar tempo in estenuanti discussioni sugli aggettivi, sulle virgole, col solo obiettivo di far conquistare altro territorio al proprio protetto (Assad) anche se questo vuol dire stragi continue di civili (in mattinata altri ventuno civili uccisi dai barili-bomba sganciati dai caccia di Assad). Bocciate le proposte di sanzioni, di creazione di “no fly zone” per sostenere l’apertura di corridoi umanitari, ieri ad Aleppo oggi nella Ghouta orientale.

Le stragi in Siria segnano la fine del diritto umanitario, denuncia su Internazionale Catherine Cornet, ricercatrice tra le più attente al dramma siriano.

“Assistiamo sempre alla solita storia”, scrive il quotidiano panarabo Al Araby.

Decine di testimoni rischiano la vita per mostrarci le immagini sconvolgenti dei corpi tra le macerie, le urla delle donne e degli uomini feriti, i bambini terrorizzati in mezzo alle rovine. La stessa scena si ripete, cambia solo la data.

“Sterminio”, “genocidio”, gli osservatori sul campo sono unanimi, annota Carnet: oltre quattrocentomila persone sono intrappolate alla periferia di Damasco e sono bombardate senza via di uscita. Il regime di Assad prima ha affamato la popolazione della Ghouta orientale: in una delle zone più agricole della Siria, gli abitanti erano finiti a mangiare erba. Già nel 2013 aveva ucciso circa 1.700 persone lanciando gas sarin sulla regione, fatto così sconvolgente che aveva quasi spinto l’allora presidente statunitense Barack Obama a intervenire.

Ora il regime sta prendendo di mira, come già in precedenza, gli ospedali della zona. Secondo la Syrian-American Medical Society, da domenica scorsa sono state bombardate almeno ventitré strutture sanitarie.

L’ambasciatore russo all’Onu, Vassily Nebenzia

Quello di cui abbiamo bisogno non sono simboli, non sono decisioni prese tanto per essere prese, ma misure calibrate con quelle che sono le condizioni sul terreno,

ha rimarcato l’ambasciatore russo all’Onu, Vassily Nebenzia. Il voto al Consiglio di sicurezza è stato rinviato con Nebenzia che ha descritto le testimonianze dei civili dalla Ghouta come “psicosi di massa”, scrive il Washington Post, ricordando come per nove volte la Russia abbia posto il veto al Consiglio di sicurezza per bloccare risoluzioni contro Damasco.

I voti slittano e i bagni di sangue continuano. Negli ultimi tre mesi, più di duemila civili sono stati uccisi e quasi cinquemila feriti nella Ghouta orientale, l’area a est di Damasco controllata da gruppi armati delle opposizioni e dove si trovano circa quattrocentomila civili sotto assedio.

L’ha denunciato in una conferenza stampa a Istanbul Salwa Aksoy, vicepresidentessa della Coalizione nazionale siriana, in esilio in Turchia.

Quello che sta accadendo nella Ghouta è una guerra di sterminio e un crimine contro l’umanità,

ha detto Aksoy.

Secondo la Coalizione nazionale siriana, sempre negli ultimi tre mesi sono trentadue le strutture mediche distrutte nell’area dai raid di Damasco e dei suoi alleati, compresa la Russia.

L’Unione europea sta esaurendo le sue parole per descrivere l’orrore vissuto dalla gente nella regione del Ghouta orientale, dove centinaia di civili, donne e bambini sono presi di mira deliberatamente e senza sosta. Sono le vere, innocenti vittime di questa guerra.

Così si è espressa l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Federica Mogherini.

L’accesso umanitario senza ostacoli e la protezione dei civili è un dovere morale e una questione urgente – ha aggiunto -. È responsabilità di tutti impedire ulteriori perdite di vite umane, fermare la violenza e i combattimenti e la comunità internazionale dovrebbe unirsi per fermare questa sofferenza umana.

Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), in sei giorni di offensiva aerea e di artiglieria sono 417 i civili uccisi, di cui novantasei minori e sessantuno donne, e 2116 feriti in tutto. Molti dei feriti, afferma la fonte, sono in condizioni molto gravi e rischiano di morire a causa dell’impossibilità di essere curati e assistiti. I raid odierni si concentrano sulle zone della Ghouta più vicino al centro di Damasco: Arbin, Kfar Batna e Hammuriya.

Sono più di trecentocinquantamila i civili intrappolati nell’enclave in mano all’opposizione e corrono gravi rischi per la loro vita, raccontano partner locali di Save the Children.

Non s’intravvedono segnali che possano far pensare a una fine dei bombardamenti che hanno distrutto le abitazioni costringendo la popolazione a rifugiarsi nei sotterranei. Le strade sono completamente deserte a parte le sirene delle ambulanze che trasportano i feriti in cliniche di fortuna.

In alcune parti del Ghouta orientale la distruzione ha infatti raggiunto livelli più elevati di quelli registrati durante il picco della crisi di Aleppo nel 2016.

La situazione è a dir poco terribile – aggiungono i volontari umanitari- Gli attacchi aerei non si sono fermati neanche per un secondo durante tutta la notte. Sono uscito molto presto al mattino per cercare del pane. In tutto il Ghouta c’è solo un panificio in funzione, ma c’erano più di cinquecento uomini in attesa e non sono riuscito a prendere il pane. I bambini non hanno mai provato così tanta paura, durante la notte si sente continuamente il loro pianto impaurito. Le madri vivono nel terrore e non riescono a dormire.

Mai come oggi, il palazzo di vetro è il palazzo della vergogna, tra complicità e impotenza.

Se la tragedia siriana diventa la tomba dell’Onu ultima modifica: 2018-02-24T16:02:52+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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