Quei morti ingombranti andavano “cancellati” almeno fino alle elezioni presidenziali. Cancellati, perché altrimenti avrebbero potuto incrinare la narrazione che la propaganda “putiniana” aveva costruito sulla trionfale campagna di Siria: la Russia vinceva senza subire grandi perdite. Ora, però, questa narrazione ha ricevuto un colpo. A infliggerlo è un’inchiesta della Reuters. E parte da una storia individuale.
L’ultimo contatto che Grigoriy Gancherov e sua moglie avevano avuto con il loro figlio, Sergei, un contractor russo che combatteva in Siria, era avvenuto il 4 febbraio scorso, un anno fa. Successivamente il padre apprese da un amico e compagno di battaglia di Sergei che il figlio venticinquenne era morto diversi giorni dopo in una battaglia contro le forze della coalizione a guida Usa nella regione di Deir al-Zor.
Ma è solo a metà aprile, più di due mesi dopo da quel tragico evento e un mese dopo le elezioni che riportano al Cremlino Vladimir Putin, che Grigoriy Gancherov riceve la notifica ufficiale della morte di suo figlio e il corpo gli viene restituito, accompagnato da un certificato di morte che lo dichiarava morto il 7 marzo ad Deir el-Zor.
Ma il racconto di Gancherov non è isolato. La Reuters, con la sua inchiesta, ha documentato altri casi di giovani contractor* reclutati da un’organizzazione militare privata legata al Cremlino per combattere in Siria: la stessa organizzazione restituì i corpi di sei combattenti più di sette settimane dopo la battaglia e con documenti ufficiali contenenti dettagli che le persone che avevano conosciuto le vittime hanno definito “scorretti”.
Sergei Gancherov e il suo amico erano vicini l’un l’altro poco prima che la loro posizione venisse colpita, secondo il racconto che l’amico aveva dato al padre. L’amico, che fu ferito, disse al padre che aveva saputo della morte di Gancherov su un aereo di evacuazione medica mentre tornava in Russia. Reuters non è stata in grado di parlare con l’amico o verificare il suo account.
Ora Grigoriy Gancherov progetta di sostituire la croce di legno che reca la data riportata nel certificato di morte ufficiale del figlio con una lapide segnata con la data della battaglia di Deir el-Zor. Quello fu il primo scontro diretto tra Stati Uniti e Russia dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
Fu anche l’unica battaglia conosciuta in Siria nella prima parte dello scorso anno a cui parteciparono i contractor russi. Il primo, ma non il solo.
Aprile 2018: voli diretti fra Damasco e una base militare nel sud della Russia, dove è di stanza una brigata delle forze speciali russe. È l’ultimo indizio, rivelato sempre dalla Reuters e da media israeliani, sul coinvolgimento dei militari russi nei combattimenti in Siria. Mosca ha sempre negato un’azione diretta sul campo e sostiene che le sue truppe sono nel paese soltanto per proteggere le basi aeronavali a Tartus e Lattakia e i sistemi anti-aerei sparsi sul territorio, oppure impegnati in missioni di addestramento.
L’aviazione russa ha appoggiato invece fin dal settembre 2015 i militari siriani e gli alleati sciiti. I russi hanno però smentito finora l’impiego di forze di terra. I voli fra Damasco e la base di Molkino, che ospita la decima brigata delle forze speciali, sembrano indicare il contrario. Nella base ci sono probabilmente anche contractor.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, il 14 febbraio scorso, aveva ribadito che in Siria ci possono essere “combattenti russi”, ma non delle “forze regolari”. A inizio febbraio 2018 un raid americano aveva colpito una colonna di miliziani alleati del governo di Bashar al-Assad e ucciso un numero imprecisato di contractor russi che li accompagnavano in un’offensiva contro le Forze democratiche siriane, alleate degli Usa.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, il reclutamento di civili per combattere all’estero è illegale in Russia, e il Cremlino ha ripetutamente negato le notizie secondo cui imprese private russe della sicurezza combatterebbero a fianco delle forze governative in Siria. Più di cento civili russi sono stati uccisi in questi anni. Tuttavia, la Corte penale internazionale dell’Aja non ha giurisdizione sulla Siria e non ha mai trattato casi come questo prima d’ora.
Le associazioni intendono scrivere a Fatou Bensouda, procuratore della Corte penale internazionale dell’Aia che indaga sui crimini di guerra, secondo Yevgeny Shabayev, leader di un gruppo paramilitare cosacco che dice di conoscere personalmente decine di persone che hanno svolto simili incarichi. La lettera chiederà a Bensouda di avviare un’indagine sul reclutamento di mercenari russi:
I russi combattono all’estero come “volontari” e senza un riconoscimento ufficiale da parte del governo russo,
ha detto Shabayev.
I veterani dicono di non essere soddisfatti del fatto che gli appaltatori privati operino illegalmente e non godano in seguito di alcun beneficio sociale o protezione:
Infatti i civili russi […] vengono mandati fuori dal loro paese di residenza per essere usati illegalmente per scopi militari.
Al centro di questa storia di contractor russi c’è soprattutto il Gruppo Wagner. Secondo la ricostruzione fatta da Lorenzo Vita in un documentato report (Gli occhi della guerra), il Gruppo Wagner nasce nel 2014 per mano di Dmitriy Valeryevich Utkin, ex colonnello delle forze speciali russe nato nel 1970 in Ucraina. Ed è da tempo sotto la scure delle sanzioni del dipartimento del tesoro americano.
Racconta Vita:
Utkin è un uomo misterioso, di cui si sa pochissimo. L’unica certezza è che viene considerato da più parti come un uomo legato a doppio filo con Vladimir Putin. Non è un mistero, ad esempio, che Utkin abbia partecipato al ricevimento offerto dallo stesso presidente russo ai reduci della guerra in Siria. A dicembre, fra i trecento invitati in occasione della Giornata degli eroi, in cui erano ospitati ‘militari e civili che hanno dimostrato particolari coraggio ed eroismo’, c’era anche lui, Utkin.
La Wagner, società registrata in Argentina, ha il proprio quartier generale ed infrastrutture in una base dei reparti speciali a Molkino, nel Krasnodar. La società ha svolto un ruolo importante in Ucraina e Siria, in supporto ‘ufficioso’ alle forze armate russe. Presente in Siria dal settembre 2015, è stata determinante nella riconquista delle aree petrolifere di Palmira e Deir Ezzor. Il picco di effettivi sarebbe stato tra i 1.500-2.000. Riscontri possibili, zero.
Molti di questi “operatori”, sarebbero veterani di Afghanistan, Cecenia, Caucaso e Donbass. Tra di loro anche cittadini da paesi diversi dell’ex Unione Sovietica, soprattutto musulmani ceceni o turchi di confessione sciita, in grado di meglio integrarsi con le forze siriane. Compiti principali della Wagner, la riconquista e protezione di giacimenti e strutture per l’estrazione di risorse energetiche.
È stato pubblicato un presunto contratto tra Yevro Polis Llc e la siriana General Petroleum Corporation. Annota Pietro Orizio su AnalisiDifesa:
La presenza di contractors russi in Siria risalirebbe già al 2013 con la sfortunata vicenda dei 267 operatori della Slavonic Corps Ltd (subappaltatrice del Moran Security Group). Una débâcle, sia per batoste inflitte dai jihadisti che per mancanza di supporto ed inottemperanze contrattuali da parte dei committenti in Siria opererebbe una pmc (private military company, ndr) ancora più misteriosa, la cui esistenza è trattata con molta cautela perfino da media e web. La pmc “Turan” sarebbe costituita da ex uomini dei reparti speciali kazaki, kirghizi, uzbeki, azeri, tagiki, turkmeni ecc. “Turan” significa infatti “terre dei turchi”, riferendosi ai paesi dell’Asia centrale.
E continua:
Il gruppo si ispirerebbe a Tamerlano – condottiero e generale turco-mongolo – ed all’Impero timuride (1370-1507) da lui fondato. Si tratterebbe di un’unità specializzata nella controguerriglia, con una forza tra gli 800-1.200 uomini; tutti musulmani e di età compresa tra i 30-50 anni. Una prima quota di 400 operatori avrebbe combattuto ad Hama, per poi proseguire verso Homs, Palmira ed altre zone. Dotati anche di armamenti Nato sono stati più volte criticati per l’adozione di metodi brutali, non molto dissimili da quelli dell’Isis.
Solo i corpi di sette contractor russi morti nella grande battaglia di Deir el-Zor sono tornati in patria e hanno avuto sepoltura. Gli altri sono rimasti in Siria. Cancellati. Perché scomodi. Anche da morti.

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